di Gillian Simpson, Fribourg (Svizzera). Traduzione dal francese di Baldo Conti, Circolo UAAR di Firenze.
Tratto da Le Libre Penseur, periodico romando laico e indipendente, anno 27, giugno 2001, n. 109, edito in Svizzera, C.P. 131, CH-1000 Lausanne 17
Poter organizzare una festa di benvenuto al mondo, per il proprio piccolo, è un’aspirazione legittima e non è certo necessario organizzare un battesimo in chiesa. In Francia esiste l’alternativa del battesimo repubblicano, mentre in Svizzera, anche le tradizioni evolvono e fanno nascere una nuova “professione”: il consulente in rituali. “Sono schiavo del mio battesimo. Genitori, avete fatto la mia e la vostra disgrazia” - scriveva Rimbaud - precursore di tante generazioni in rivolta contro la pressione sociale e familiare che ha loro imposto una religione ch’essi non avrebbero potuto scegliere.
Nessuna alternativa al battesimo religioso in Svizzera
In mancanza di scelta, i riti cristiani legati ai grandi momenti della vita (nascita, adolescenza, unione, morte) continuano ad essere abbondantemente praticati. Se è chiaro che queste cerimonie hanno un significato per coloro che le desiderano, i motivi non sono generalmente da ricercare in una fede, ma spesso nella volontà di seguire una tradizione, di far piacere ad una famiglia rimasta sensibile ai “valori” religiosi o, ancora, nella ricerca d’un pretesto “ufficiale” per organizzare una festa. Di fronte a questo dato di fatto, certi preti o pastori credono ancora d’individuarne un residuo di credenza religiosa e negoziano, sperando che soffiando sulle braci d’una fede estinta, essi ne possano “riaccendere il fuoco”. In un dossier consacrato alla fede in Romandia (“L’Hebdo”, 20 aprile 2000) si affrontava la questione. “Se le persone ci vengono a trovare, vuol dire che la Chiesa risponde, malgrado tutto, ad un loro bisogno”, ci spiega E. Roland Korber. Ma la natura reale di questo “bisogno” meriterebbe d’essere analizzato meglio dallo stesso clero, al fine d’evitare ambiguità latenti ad un tale stato di cose: dirsi ateo e reclamare un battesimo religioso, non è proprio logico.
Secondo J.-P. Perrin, presidente del Consiglio sinodale della Chiesa riformata del Cantone del Vaud, “Se le persone tengono molto a queste cerimonie, vuol dire che si vive in una società senza punti di riferimento. Nel contesto attuale i riti ritrovano la loro pertinenza”. I preti accettano di rispondere alle domande di questi “fedeli occasionali”, ciò che non impedisce loro d’avere riserve al riguardo. “Non sono per il battesimo fatto in fretta e furia e di nascosto. Non desidero servirmi più di figuranti ad una cerimonia: se i genitori non credono, non c’è alcuna ragione di battezzare il bambino”, dichiara M. Dutoit, pastore a Thierens, riassumendo il pensiero della maggioranza dei membri di Chiesa.
Il battesimo forzato esiste ancora
Non è necessario gettare l’anatema su colui che si sposa in chiesa, semplicemente per avere un pretesto di far festa, su colui che fa battezzare il suo piccolo perché la propria posizione sociale gli impone di mostrare che è “frequentabile”. O ancora, quei genitori che si sentono costretti d’offrire alla scuola dei buoni piccoli cristiani, piuttosto che vedere i propri figli non battezzati, esclusi dai corsi di religione, trascinarsi per le strade; dobbiamo constatare che - se anche non siamo “selvaggi” - il battesimo forzato esiste ancora. Al riguardo, citiamo l’esempio di J., madre d’una bambina di 6 anni, che aveva scelto di non farla battezzare. Al momento d’iscriverla alla scuola primaria di Martigny-Bourg, ella si vide messa nella condizione di battezzarla nel corso dell’anno per non vederla esclusa da alcuni corsi. Seguirono una serie d’incontri e poi d’esami al fine di determinare se la figlia meritasse d’entrare nella cristianità, ma anche alcune sedute per spiegare ai bambini l’importanza d’essere battezzati, illustrata con esempi scelti tra i quali l’ormai classico: “Il bebé che muore prima della cerimonia proseguirà il suo destino nella notte eterna del limbo o dell’inferno” ed altre frasi traumatizzanti. In certe circostanze, si può ancora credere alla sincerità d’un battesimo che diventa il biglietto per il paradiso o un semplice diritto per entrare a scuola? I preti che accettano di battezzare in queste condizioni non danno prova d’ipocrisia e di mancanza di rispetto verso la propria fede? Secondo E. Kubler “Il battesimo religioso non è un lasciapassare, un timbro. Meglio non imporlo ai figli, anche se incapaci di rifiutarlo. È più onorevole non chiedere il battesimo quando non si ha l’intenzione di viverne le esigenze. Ugualmente, non bisogna chiedere un matrimonio religioso per ragioni folcloristiche, gastronomiche o fotografiche” (“Vie”, settembre 1989, n. 3).
“Rispetto profondamente coloro che hanno il coraggio e la grandezza di compiere le loro azioni in armonia con il proprio pensiero e, ugualmente, di vivere apertamente la non-credenza che essi hanno liberamente scelto”, egli prosegue. Inoltre, come ricordava il vescovo B. Genoud (“La Gruyère” dell’11 aprile 2000), “Coloro che respingono la Chiesa e la sua fede devono rifiutare anche i suoi sacramenti (battesimo, confermazione, matrimonio, assoluzione, estrema unzione) e la sepoltura ecclesiastica. Essi resteranno ugualmente battezzati anche se il registro dei battesimi indicherà la loro uscita”. D’altra parte la Chiesa non ammette che un matrimonio religioso sia rotto e non riconosce il divorzio, ciò che rende impossibile di sposarsi in chiesa una seconda volta. L’atto religioso, anche se compiuto per tradizione, è un impegno a vita in tutti i casi, da un punto di vista ecclesiastico. È per questo, che all’alba del terzo millennio, in un mondo in cerca di novità spirituali, è tempo di creare o di riscoprire riti e cerimonie che possano rivestire un significato reale per coloro che li praticano, piuttosto che sottomettersi agli sfarzi d’una Chiesa che non ci parla più e di cui alcuni non vogliono più sentir parlare. “Se la maggioranza della popolazione svizzera ha ricevuto un bagaglio religioso, solo 1/3 della popolazione ne è vincolata. Inoltre, ad eccezione di un’esigua minoranza, gli svizzeri non riconoscono più ad alcuna confessione un valore assoluto”, dichiara J.-F. Mayer nel suo studio sui movimenti religiosi in Svizzera (Social Compass, 1995), riferendosi a studi compiuti nel 1988-1989. Ed in dieci anni questo fenomeno non ha fatto che aumentare.
A quando un battesimo civile in Svizzera?
Tuttavia, nel nostro Paese, non esiste alternativa alla cerimonia religiosa. Se il matrimonio civile è obbligatorio, è anche considerato una formalità amministrativa. La tumulazione civile, praticata su una piazza del villaggio sembra, da parte sua, riguardare qualche vecchio “renitente”. Quanto al battesimo civile, esso è riservato alla Francia, paese nel quale fu istaurato durante la Rivoluzione del 1789. D’ispirazione roussoniana, presuppone che l’uomo nasca naturalmente buono, ed in nessun caso macchiato da un preteso peccato originale che deve cancellare a tutti i costi. Segno dei tempi, questa cerimonia perduta dopo la Rivoluzione tende a rinascere ed in certe comunità è molto più frequente del battesimo religioso. Il rito ci riconduce alle antiche origini del battesimo al di fuori di simboli ed impegni “sacri”, ad un’epoca nella quale il fatto di accogliere una nuova vita, un nuovo membro nella società, era una semplice fortuna, un’occasione in sé per rallegrarsi. Quindi niente immersione, niente bambini in lacrime che si chiedono perché bisogna tacere e perché si propone di purificare la sua piccola vita che non ha avuto il tempo di macchiarsi.
Il battesimo civile presuppone che l’uomo nasca buono, non macchiato da un preteso peccato originale
“Circa 600 anni prima della nostra èra, la Grecia antica instaurò un nuovo ciclo annuale, che simbolizzò con un bambino. Secondo un costume immutabile, in occasione delle feste di Dionisio - dio greco della vegetazione, della vigna, del vino - la fertilità e la rinascita del dio erano rappresentate da un nuovo nato, in un canestro di vimini che si portava in processione” (“Le Matin”, 1 gennaio 1998). Il piccolo celebrato incarna tutte le speranze del mondo, la gioia dei suoi genitori e dei familiari, un altro approccio al battesimo che ritrova qui un significato positivo; escludendo qualsiasi accenno di colpa da cancellare. Se ci si riferisce alla dichiarazione letta al momento della cerimonia, scegliere il battesimo civile è decidere di educare il piccolo “Al di fuori di tutti i pregiudizi d’ordine sociale e filosofico e nel culto della ragione, dell’onore e della solidarietà”, ma la scelta dei genitori non impegna l’avvenire del bambino per una strada o una religione ch’egli non ha scelto: sarà libero di decidere al momento opportuno.
Nostra figlia Harmonie ha ricevuto il battesimo repubblicano il 27 maggio 2000, a Sin-le-Noble, nel nord della Francia. Tutti i partecipanti alla cerimonia sono unanimi: essa porta in sé molta più forza ed emozione di quella religiosa. Tenutasi in Comune, nella sala dei matrimoni, è presieduta dal Sindaco in persona che, dopo aver illustrato le origini rivoluzionarie del rito, dà lettura dell’atto di battesimo:
“Il 27 maggio 2000, alle 11, davanti a me Paulette Deblock, sindaco di Sin-le-Noble (Nord), sono comparsi pubblicamente nella casa comune il signor e la signora XX, i quali hanno dichiarato di presentare la loro bebé, Harmonie, nata il 15 novembre 1999 a Martigny, con la volontà di metterla sotto l’egida e la protezione dell’autorità civile repubblicana, e nel caso essi vengano a mancarle, di darle come padrino e madrina il signor J.-C. R. e la signora A.L. Il padrino e la madrina accettano questa alta missione e prendono l’impegno solenne di supplire i genitori secondo le proprie facoltà morali ed i mezzi materiali. Essi affermano, inoltre, che nel caso di una tale eventualità e come avrebbero fatto gli stessi genitori, essi perseguiranno l’educazione di Harmonie al di fuori di tutti i pregiudizi d’ordine sociale e filosofico e nel culto della ragione, dell’onore, della solidarietà e della difesa degli interessi del popolo francese. Data lettura, i genitori e padrino e madrina hanno con me firmato”.
Nel corso dello svolgimento della cerimonia, un posto importante è lasciato ai “riti” personali, così, dopo la parte ufficiale, la madrina “buona cattolica e felice d’essere stata scelta” offre ad Harmonie un piccolo medaglione e la sua catena di battesimo; il padrino, buddista, legge un poema che ha scritto per la circostanza. Quanto al felice padre, fa scoprire ai presenti “L’Hymne à la Jeunesse” (L’inno alla gioventù) di Cambini, composto nel 1794 proprio in onore del battesimo repubblicano.
La religione non ha il monopolio del rito
Se per la Francia il battesimo laico può essere considerato una soluzione ideale, ciò non lo è per tutti, anche perché, salvo rare eccezioni, bisogna essere francesi e domiciliati in Francia per averne l’accesso. Avrei preferito poter far battezzare mia figlia in Svizzera nelle stesse condizioni, in modo che i miei parenti avrebbero potuto partecipare alla festa, anche se bisogna riconoscere che l’ultima frase della dichiarazione mi disturba un po’, poiché la “difesa degli interessi del popolo francese” non corrisponde esattamente alle mie convinzioni personali, né all’educazione che vorrei dare a mia figlia. La versione laica del battesimo è una soluzione futura che un buon numero di genitori dovrebbe prendere in seria considerazione, ma in versione svizzera ben inteso. Il momento è venuto d’aprire un dibattito sull’importanza da restituire ai riti civili. Le cerimonie legate ai passaggi importanti della nostra esistenza, dovrebbero ritornare ad essere parte integrante della vita, poiché ognuno possa celebrarli secondo le proprie convinzioni, senza dover chiedere in prestito rituali che non sente propri.
Consiglio in rituale
Nella Svizzera tedesca, il bisogno di ritrovare nuovi riti ha fatto nascere una nuova “professione”: il consigliere in rituale. “Non voglio cambiare i rituali, ma ne propongo nuove forme. I miei clienti sono stanchi del linguaggio ecclesiastico, troppo freddo e ripetitivo. Essi desiderano una lingua moderna che li tocchi” spiegava B. König di Lucerna ad un giornalista del “Temps”: “Individuare il rito” è la parola d’ordine e propone una raccolta di testi di diverse tradizioni, compresi i riti provenienti da antiche consuetudini. Secondo J.-C. Crivelli, portavoce del Centro romando di Liturgia cattolica, citato nello stesso articolo “Fare un rito su misura è svilirlo, perché per avere un rito bisogna che si abbia una tradizione. Questa è una maniera di fare quanto abbiamo ricevuto dagli antichi. Costruire una festa con tanti pezzi, non ha lo stesso impatto sulle persone (…) Il rito riposa su un linguaggio sacro che non è quello quotidiano”. Questo però non gli impedisce di dichiarare “Per persone che sono fuori dalla Chiesa, può essere interessante disporre di riti che imitano quelli della Chiesa …”. Ma i riti di passaggio esistono dalla notte dei tempi. “Si vede che tutte le religioni hanno preso in prestito tutti i loro dogmi e tutti i loro riti le une dagli altri” scriveva Voltaire. Elaborando le proprie concezioni del battesimo, i primi cristiani non hanno fatto altro che imitare i riti iniziatici esistenti, allontanando l’antico battesimo romano dal suo significato originale che è poi quello di celebrare ufficialmente l’ingresso di un nuovo essere umano nella comunità dei cittadini.
La bellezza originale
Coloro che propongono di reintrodurre il battesimo civile, sono molto lontani dal voler scimmiottare i riti cristiani esistenti, ma sono invece certi di ritrovarvi la bellezza originale. La religione cristiana non possiede il monopolio della fede e tanto meno quello dei riti di passaggio, bisogna che ne prenda coscienza, ma le circostanze non sono ancora mature. Rendere ai riti della vita il loro significato originario diventa una necessità e basterà ricordare ai cristiani che l’umanità non ha certo atteso la loro venuta, per praticare cerimonie.