Il 19 ottobre 1987 ebbe luogo la decima riunione - a partire da quella di fondazione - e vi partecipano Ferrarese, Platania, Rizzotti, Ziron e Zoppi. Si trattò di una riunione programmata da tempo, all’inizio della quale Rizzotti distribuì le fotocopie della bozza di Statuto da lui stesso redatta. Vi si decise innanzitutto il cambiamento di nome da AAAR a UAAR, più per ragioni fonetiche che per altro, ma mantenendo la scelta di dichiarare la nostra identità senza travestirla o attenuarla in alcun modo. Poi si discusse a lungo sugli scopi (soppesando il secondo articolo dello Statuto parola per parola) e si discusse anche su metodi e programmi. L’attività essenziale, sia all’interno sia all’esterno, fu ritenuta quella utile a promuovere una maggiore consapevolezza delle scelte filosofiche, badando a non introdurre ritualismi od orpelli nella vita dell’associazione. Si decise altresì di non presentarsi all’esterno e di non costituirsi in alcun modo ufficiale fintantoché non fosse stato superato il numero di 10 soci paganti: questo numero fu preso come riferimento per indicare una sorta di massa critica minima, e il pagamento della quota come riprova della disponibilità effettiva a perseguire gli scopi dell’UAAR. Queste regole minime servivano anche a verificare la capacità dei soci più attivi a individuare effettivamente le persone interessate all’adesione e a formulare le scelte giuste per avviare un minimo di vita sociale. Contestualmente venne definita la quota (10.000 lire) e venne nominato il tesoriere (Ziron). Infine si riconfermò Rizzotti nella funzione di segretario. Di fatto vennero stabiliti i termini per il passaggio da comitato promotore ad associazione, ma questo rese subito più acuti i problemi pratici, come sa bene chiunque si sia imbarcato in iniziative associative realmente indipendenti da appoggi esterni o da strutture preesistenti.
Il problema del finanziamento fu avviato a soluzione con i primi versamenti, il 4 novembre 1987, da parte di Rizzotti e di altri due amici, Silvana Pagni e Leopoldo Zoppi, la prima una biologa che lavorava presso l’ULSS, il secondo proprietario di una piccola libreria. In seguito la quota fu versata da altri e questo diede la possibilità di effettuare le prime spese per fotocopie con le quali si annunciavano le riunioni successive. I soci distribuivano queste fotocopie fra i conoscenti che presumevano interessati all’iniziativa. I temi erano sia di carattere organizzativo sia di carattere culturale. Questi ultimi erano decisamente più interessanti (anche se i primi ne erano la inevitabile condizione): a turno uno degli iscritti, anche privo di preparazione specifica e anche, in qualche caso, un esterno, preparava l’introduzione a un argomento di interesse dell’associazione e se ne discuteva a fondo. Nessuno si sentiva escluso, tutti erano messi nelle condizioni di dare un contributo commisurato alla loro cultura e ai loro impegni e di cavarne qualche cosa. I temi discussi andavano dal commento a qualche articolo o a qualche libro, alla esposizione di determinate posizioni filosofiche, scientifiche, sociali, a temi proposti da qualcuno perché sentiva l’esigenza di discuterne senza fare riferimento a opere particolari. Questa fase di confronto serrato su molti temi appassionanti attinenti agli interessi dell’UAAR fu decisiva nel rendere compatto il gruppetto dei più attivi (pur mantenendo ciascuno le proprie convinzioni di fondo) e nel consentire di mettere meglio a fuoco le prospettive. La frequenza adottata, cioè un solo appuntamento fisso il 15 di ogni mese, si rivelò compatibile un po’ con tutte le situazioni personali e venne mantenuta anche in seguito.
Per un certo tempo queste riunioni si svolsero in una saletta messaci gratuitamente a disposizione dall’ANPI di Padova grazie all’interessamento di Enzo Ferragosti. Ma ci si rese presto conto che il problema della sede è quasi insuperabile per un’associazione che non ha appoggi e non “fa immagine”. All’ANPI cominciarono a chiederci un contributo alle spese, contributo che non eravamo in grado di versare, e ci negarono perfino la possibilità di avere presso di loro il nostro recapito postale «per riguardo ai partigiani cattolici». Tutti si preoccupano di non offendere la sensibilità dei cattolici, i quali ricambiano di regola con la più totale (e totalitaria) noncuranza per la sensibilità altrui. Nel corso della ricerca della sede ci si rese conto che né il Comune di Padova né altri comparti dell’amministrazione dello Stato facevano nulla se non per le loro clientele, in primo luogo le parrocchie e le iniziative cattoliche. Dove avrebbero potuto altrimenti trovare la somma che serve per fare stampare e affiggere anche un solo manifesto a colori? La sedicente CLAC (Comunità per le Libere Attività Culturali), finanziata dal Comune di Padova, veniva gestita in modo personalistico e non manifestò nessuna intenzione di aiutarci. D’altra parte fummo tutti d’accordo nel declinare la gentile offerta di ospitalità di Democrazia Proletaria, che chiedeva solo un contributo simbolico, per non essere identificati in alcun modo con forze politiche. La questione era davvero insuperabile, se non fosse stato per la disponibilità di Zoppi a mettere provvisoriamente a disposizione il suo indirizzo e il suo telefono di lavoro come nostro recapito ufficiale. Il problema verrà risolto, e in un modo che non può essere considerato definitivo, solo all’inizio del 1990 con la gentile ospitalità gratuita di Legambiente nella propria sede, in un edificio chiamato Casa arcobaleno che essa condivide con altre quattro associazioni «copacifiste», dirimpetto alla CLAC.
Nel frattempo i contatti con amici e conoscenti avevano guadagnato all’associazione qualche adesione anche in altre province (Venezia, Verona, Belluno, Ancona), ma un’attività regolare si svolgeva soltanto a Padova. In ogni caso questo allargamento ci fece sentire un po’ inadeguati e si avvertì l’esigenza, prima di mettere altra carne al fuoco, di consolidare le conclusioni provvisorie dell’esperienza fatta (nel corso del 1988 si era giunti a 27 iscritti). Si convenne, perciò, di predisporre uno statuto un po’ più dettagliato e di organizzare un’assemblea aperta a tutti, pubblicizzata anche sulla stampa e preparata con un documento elaborato dal segretario. Questa assemblea ebbe luogo a Padova il 18 dicembre 1988. La scelta si rivelò corretta e fece avvicinare all’UAAR qualche altra persona per canali che non erano più quelli della conoscenza personale. Inoltre per la prima volta l’associazione fu presa in considerazione dalla stampa locale, con titoli tipo «Atei a testa alta». Infine, con l’approvazione di un documento, si ponevano le basi per avviare confronti con altre forze. Iniziò, in effetti, la partecipazione a dibattiti pubblici, cosa resa possibile dal momento che, disponendo di un corpo di posizioni, si poteva parlare a nome dell’associazione, mentre prima ognuno non poteva che parlare a titolo individuale.