Intervista su Il Tempo
da Il Tempo, edizione romana, pag. 35, venerdì 13/12/2001
Senza Dio nel nome dello Stato laico
A conclusione della nostra inchiesta sui movimenti religiosi presenti nella Capitale, vogliamo occuparci di un’associazione abbastanza particolare: l’UAAR, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti. Particolare, in un Paese dove esistono centinaia di religioni e dove quasi tutti, miscredenti compresi, si legano, per convinzione o convenzione (o, a volte, per convenienza) a qualche credo.
L’UAAR, fondata a Padova nel 1987, nasce come reazione al nuovo Concordato tra Chiesa Cattolica e Stato Italiano, firmato nel 1984 a Villa Madama dall’allora presidente del Consiglio Craxi e dal Cardinale Casaroli. Un evento che alcuni insegnanti di Padova, Rodolfo Costa, Martino Rizzotti e Lorena Ziron, giudicano gravissimo, in quanto riaffermazione di privilegî anacronistici. Ciò che dà loro particolarmente fastidio è l’intesa sull’insegnamento della religione cattolica nelle scuole e, soprattutto, il silenzio del mondo laico di fronte a quelle che considerano assurde prevaricazioni.
Alla fine del 1986, i tre fondano il comitato promotore di una nuova associazione che, distinguendosi da altri gruppi laicisti, punti sul proprio carattere ateo e agnostico.
Un ateismo e un agnosticismo «razionali», lontani, cioè, non solo dalle religioni ma anche da qualsiasi posizione legata a pratiche superstiziose come l’astrologia, lo spiritismo e la new age.
L’associazione vera e propria nasce il 19 ottobre dell’anno successivo, ma solo nel marzo del 1991 un notaio ne sancirà la costituzione legale. Appena due mesi dopo, il primo atto eclatante. L’UAAR chiede formalmente allo Stato Italiano l’assegnazione dell’Otto per mille dell’IRPEF. Un gesto provocatorio, volto ad affermare la pari dignità fra chi sceglie di far parte di una religione e chi, al contrario, si mantiene su posizioni atee o agnostiche.
Nel frattempo, l’Unione Atei e Agnostici Razionalisti cresce, cercando anche i primi contatti con altre associazioni laiciste. In particolare l’Associazione Nazionale per il Libero Pensiero «Giordano Bruno» e l’Associazione per lo Sbattezzo.
Ma i momenti di cofronto e collaborazione con questi due gruppi rimangono pochi, riducendosi sostanzialmente a due eventi di carattere nazionale: il Meeting Anticlericale di Fano, che si tiene ogni anno ad Agosto, e la Settimana Anticoncordataria, svoltasi per la prima volta a Roma nel febbraio di quest’anno. Nei fatti, le due associazioni hanno caratteristiche abbastanza incompatibili con l’UAAR: l’Associazione per il Libero Pensiero, tra le altre cose, perché fa riferimento a un personaggio, Giordano Bruno, le cui idee mal si conciliano con l’ateismo e l’agnosticismo; l’Associazione per lo Sbattezzo (di cui l’UAAR condivide, comunque, la pratica dello sbattezzo), per il suo accentuato anarchismo, ma anche per un atteggiamento considerato troppo «goliardico».
Sebbene l’Unione Atei e Agnostici non si ponga in una posizione di contrasto solo nei confronti della Chiesa Cattolica, è inevitabile che, in un paese come il nostro, sia proprio il Vaticano il bersaglio principale, nonché l’elemento di aggregazione - in negativo, ovviamente - fra l’UAAR e le altre associazioni laiciste. L’obiettivo comune di quella e di queste sembra essere l’abrogazione dell’art. 7 della Costituzione e, in particolare, la parte dell’articolo che così recita: «I loro rapporti [fra Stato e Chiesa Cattolica] sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettati dalle sue parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale».
Questa battaglia si traduce spesso in azioni particolari, come le campagne per lo sbattezzo e la scrocefissione dell’Italia.
Nel primo caso non si tratta di un rito opposto a ciò che si vuole eliminare, cioè il battesimo, ma di una domanda formale alle autorità ecclesiastiche per cancellare dai registri dei battezzati il proprio nominativo. Un atto sul quale, nel settembre del 1999, il Garante della Privacy si è pronunciato in maniera parzialmente favorevole, obbligando la Chiesa Cattolica ad annotare sui proprî registri la volontà espressa da chi non si ritiene più cattolico.
La scrocefissione è, invece, la richiesta di togliere immagini o simboli religiosi (non necessariamente cattolici) da tutti gli edificî pubblici. Anche questa richiesta sembra avere ottenuto, almeno in parte, risposta positiva, visto che negli edificî pubblici di recente costruzione non si trovano di solito crocifissi o immagini religiose.
Per quanto riguarda i dati numerici, l’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti appare ancora molto debole.
Ad oggi, in tutto il Paese, i membri effettivi dell’associazione non sono più di un migliaio. E nella Capitale, dove peraltro non esiste una sede stabile, gli aderenti hanno da poco superato le cento unità. Cifre abbastanza esigue, quindi, anche se negli ultimi tempi sembrano in rapida crescita. Basti pensare che, solo nell’anno 2000 (anno del Giubileo), il numero di iscritti è triplicato a livello nazionale e raddoppiato a Roma, dove fino al 1999 non si contavano nemmeno cinquanta aderenti.
«Fiducia nella ragione,
riferimento per gli uomini»
di Romano Cappelletto
Quando parlo per la prima volta con Sergio D’Afflitto, coordinatore del Circolo UAAR di Roma, sento nella sua voce una nota di stupore. Stupore per il fatto, raro, che la stampa si occupi di un’associazione come l’UAAR. Devo ammettere che il mio interlocutore non ha tutti i torti. In Italia - ma, forse, non soltanto in Italia - si parla spesso di tolleranza religiosa, ma difficilmente ci s’interessa di chi non abbraccia alcun credo. Nei confronti degli atei e degli agnostici c’è di solito indifferenza, come se non esistessero. Eppure stando alle statistiche - fornite non dai diretti interessati, ma da una fonte autorevole qual è Il Libro dei Fatti edito da ADN Kronos - nel nostro Paese quasi il 14 per cento della popolazione non crede. Motivo più che valido per parlarne e per accettare, quanto meno, un confronto.
Quand’è nata l’UAAR?
«Di fatto nel 1987 a Padova, per iniziativa di un gruppo di intellettuali e professori atei e agnostici. Legalmente, il 18 marzo 1991».
Esistevano già nel nostro Paese associazioni del genere?
«C’erano gruppi laicisti, ma non avevano come «ragione sociale» l’ateismo e l’agnosticismo».
Chi sono gli atei?
«Persone che hanno fatto una scelta filosofica di vita: quella di negare o porre in dubbio l’esistenza di ogni forma di divinità e di entità spirituale».
Chi sono gli agnostici?
«Persone che non si pongono il problema dell’esistenza, o meno, di ciò che non è sperimentalmente verificabile. Tra cui il concetto stesso di divinità».
Perché «razionalisti»?
«Perché hanno fiducia nella ragione come termine di riferimento tra gli uomini».
I membri dell’UAAR devono necessariamente non credere in Dio?
«Certo. Ma essendo razionalisti non credono neppure alla reincarnazione, alla vita ultraterrena, ai démoni, agli ectoplasmi, ai fantasmi, all’astrologia, alla new age. E così via discorrendo».
Perché avete chiesto l’Otto per mille?
«Perché l’ateismo, essendo una delle possibili visioni del mondo al pari di altre religioni, sul piano filologico è «omologo» ad esse. È chiaro però che «omologo» non significa «uguale»».
Quali sono, oggi, gli scopi principali dell’UAAR?
«Favorire un confronto tra le varie concezioni del mondo; adoperarsi per impedire ingerenze dello Stato nelle scelte filosofiche personali o discriminazioni, in particolare quelle religiose, per quanto riguarda l’accesso alle intese con lo Stato e l’insegnamento nelle scuole pubbliche; ottenere pari dignità di trattamento per tutte le concezioni del mondo, comprese quelle agnostiche o atee».
E nella concreta situazione italiana?
«L’UAAR si propone di riaffermare la completa laicità dello Stato, eliminando ogni privilegio accordato alle religioni, in particolare a quella cattolica, in materia d’istruzione pubblica e politica fiscale (vedi l’articolo 7 della Costituzione e la legge sull’8 per mille)».
Cosa non va in chi «crede»?
«Finché limita l’esercizio religioso e spirituale alla sua vita privata, nulla. Sempre che questo non lo metta in contrasto con gli ordinamenti civili. Perché, ad esempio, gli adepti di alcune religioni possono invocare il loro credo per non adempiere ai proprî obblighi militari?».
E cosa non va nella Chiesa cattolica?
«Se parliamo di dottrina religiosa, è una delle più retrograde e sessuofobe. Come istituzione, è un centro di potere economico e di coercizione morale che condiziona l’operato di molti nostri politici».
Perché, ancora oggi, esiste uno Stato Vaticano?
«Nel 1929 Mussolini fece questa concessione alla Chiesa per ottenere l’avvallo papale alla sua autorità. Nel 1948, poi, invece di giudicare illegittimo l’atto di un Presidente del Consiglio che, al tempo dei Patti Lateranensi, occupava illegittimamente quella carica, si preferì «sanare» la sistuazione con l’art. 7, per evitare tensioni. E, questo, grazie anche al Partito Comunista».
Cosa pensa del Concordato di Villa Madama del 1984?
«L’unico dato positivo è stato l’abbandono del concetto di «Religione di Stato». Ma sono rimasti in piedi i privilegî di cui si è detto. Privilegî inammissibili in uno Stato che si dichiara «laico»».
Perché Stato e Chiesa devono essere separati?
«Perché il primo, espressione di tutti i cittadini che ne compongono il corpo, non può e non deve avere né preferenze né avversione nei confronti di qualsivoglia religione. Lo Stato laico è per sua natura aconfessionale, ammette la libertà di religione ma non ne favorisce alcuna».
La nostra è veramente una Costituzione «confessionale»?
«Formalmente no. Ma il riferimento ai Patti Lateranensi e a quel famigerato articolo 7…».
Perché, in Italia, i laici sono così ossequiosi verso la Chiesa?
«Per un malinteso senso di appartenenza culturale. Molti politici temono di perdere il serbatoio di voti che l’elettorato cattolico assicura loro». Voi credete in una società multiculturale?
«Certo. La crescita dell’uomo passa attraverso il confronto delle idee. Purtroppo religioni come il cattolicesimo e l’islam - ma non sono le uniche - ammettono il dialogo solo a patto che si sposi il loro modo di vedere le cose».
Dogma e libertà non vanno mai d’accordo?
«Mai. La libertà comporta responsabilità individuale. Il dogmatismo, al confronto, esige un’adesione acritica, deresponsabilizzante che, in ultima analisi, limita lo sviluppo della personalità».
La religione è sempre superstizione?
«Gran parte dell’esercizio religioso si basa su credenze, tradizioni, rituali e feticcî varî che non hanno alcun fondamento logico».
Ad esempio?
«Il divieto di mangiare carne il venerdì per molti cristiani; quello di scambiare il sangue per i Testimoni di Geova; ma anche il santino di San Cristoforo attaccato sul cruscotto dell’auto, come protezione (senza che, magari, si usino le cinture di sicurezza)».
Per la magìa e l’astrologia vale lo stesso discorso?
«Certo».
E perché la gente li legge?
«Perché ha sempre bisogno di credere che quello che fa dipenda da qualcosa o da qualcuno «altro»».
Perché, in definitiva, riunire in un’associazione atei e agnostici?
«Perché se ne sentiva il bisogno. Prova ne sia che, nei pochi casi in cui i media hanno dato voce alla nostra associazione, gli iscritti sono subito aumentati».
Come vi opponete alla «confessionalizzazione» del nostro Paese?
«In modo immediato e diretto, con la richiesta di rimozione di simboli religiosi dai luoghi pubblici, se necessario attraverso sentenze che, spesso, fanno scuola, come quella della Cassazione che ha dato ragione al signor Montagnana, rifiutatosi di adempiere al suo compito di scrutinatore fin quando non fosse stato rimosso un crocifisso dal seggio elettorale (Cassazione, 430/94)»
Qual è il senso della Settimana Anticoncordataria?
«È un momento di aggregazione di tutti i laici - non solo atei e agnostici - che sostengono la necessità di un’effettiva separazione tra Stato e religione. Ma anche l’occasione in cui l’UAAR e altre associazioni si fanno conoscere dal grande pubblico».
Cos’è lo sbattezzo?
«Un atto che serve a cancellare gli effetti burocratici del battesimo. Per chi è ateo, il battesimo è un rituale senza valore. Ma ad esso si accompagna una fastidiosa implicazione burocratica: il proprio nome rimane segnato nei registri ecclesiastici, con i quali il Vaticano fa le statistiche sui credenti. In base all’art. 13 della legge 675/1996 (e alla successiva integrazione del Garante per i dati personali) il cittadino ha diritto di richiedere alla parrocchia o alla curia a capo della diocesi in cui è stato registrato, di cancellare il proprio nome dai registri di battesimo».
Cosa pensate di chi, anche in ambito politico, propone di rivedere la legge sull’aborto?
«Questa proposta, anacronistica e superata da due voti popolari contrarî, costituisce un indebito attentato alla libertà di scelta della donna».
L’eutanasia può essere un diritto?
«Soltanto se va incontro alla richiesta diretta del malato di finire la propria esistenza con dignità».
Cosa pensate delle altre associazioni laiciste e antidogmatiche?
«Alcune di esse hanno un indirizzo politico troppo spiccato. Ai membri dell’UAAR, al contrario, non si richiede alcun tipo di «militanza»».
Da quanto tempo lei fa parte dell’UAAR?
«Dal 1999».
Perché vi ha aderito?
«Perché ho visto che promuoveva gran parte delle mie istanze».
Era cattolico?
«Lo ero - e per giunta praticante - fino a qualche anno prima, sebbene sempre critico verso i dogmi e il magistero. A un certo punto ho smesso di praticare».
Quindi?
«Ho capito che avevo anche smesso di credere. Ragione e fede sono inconciliabili».
Si è sbattezzato?
«Non ancora, ma prevedo di farlo a breve».
Ha mai subìto episodî di intolleranza per le sue idee?
«Intolleranza, no. C’è chi ha cercato di mostrarmi il suo compatimento e chi mi ha tacciato di presunzione, perché ho affermato di non avere bisogno di alcuna divinità per giustificare la mia esistenza. Ma si tratta di persone che non mi hanno saputo dare un motivo valido per credere».