Perché mio figlio non dovrebbe poter morire di una morte dignitosa?

di Carlo Caldarini

 

Strano paese l’Italia. E strano come funzionino i suoi mezzi d’informazione. Se ci vivi dentro da sempre, alla fine ti abitui e non ci fai più caso. Ma se per fortuna o per necessità vivi in un altro paese d’Europa, e continui malgrado tutto a osservare il tuo paese d’origine, ma da lontano, magari facendo paragoni con la cultura giornalistica di altri paesi, allora è tutta un’altra cosa.

Stiamo parlando del caso di eutanasia su un minore, verificatosi in questi giorni in Belgio e reso noto la notte tra venerdì 16 e sabato 17 settembre 2016 dal quotidiano fiammingo Het Nieuwsblad. Normale che la notizia abbia suscitato emozioni. Meno normale — e meno utile alla comprensione e all’interpretazione dei fatti — che in simili situazioni ci si preoccupi più di raccogliere reazioni e commenti che di spiegare cosa è esattamente accaduto.

Così ora sappiamo che il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Angelo Bagnasco, è addolorato perché i genitori del minore in questione hanno scelto la morte anziché la vita, che per Alberto Gambino, presidente dell’associazione cattolica Scienza e Vita, in Belgio è stato attribuito ad un adulto il potere di vita e di morte su un bambino, che per la Paola Binetti l’amore dei genitori non ha vinto sulla morte. E sappiamo che secondo il leader dell’UDC, il famoso Lorenzo Cesa, a decidere che quel bambino doveva morire è stato l’egoismo dei suoi genitori.

Sappiamo anche, per fortuna, che secondo altri anche i minori sono in grado di decidere, come sostenuto ad esempio da Mina Welby, vedova di quel Piergiorgio Welby che fu costretto a rivolgersi alla magistratura, attraverso un ricorso d’urgenza, per ottenere finalmente, nel 2006, il distacco del respiratore artificiale che contro la sua volontà lo obbligava a restare attaccato ad una vita di sofferenze. E sappiamo che alla Camera, commissioni congiunte Giustizia e Affari sociali, è in discussione una proposta di legge di Sinistra italiana sul fine vita, favorevole all’eutanasia ma non alla sua estensione ai minori, come precisato dal deputato Arturo Scotto.

Alcuni grandi organi d’informazione, come Radio Vaticana, Il Sole 24 ore, Huffington Post, Il Giornale di Sicilia e Il Secolo XIX, hanno costruito titoli d’effetto su una presunta eutanasia di un bambino (molti sono stati nel frattempo corretti). Altri hanno orribilmente associato la notizia alla foto di un neonato. E già, perché in Belgio, com’è noto, i genitori mettono al mondo bambini e poi li portano subito all’ospedale per farli abbattere.

Ma cosa sappiamo? Voglio dire, cosa sta accadendo davvero in Belgio? Per rispondere meglio a questa domanda vediamo, molto velocemente, cosa succede in Europa e nel resto del mondo.

L’eutanasia in Europa e nel mondo

Al momento, in Europa l’eutanasia attiva è autorizzata soltanto nei paesi del Benelux, e sempre sotto condizioni strettamente definite dalla legge.

Quattro forme di eutanasia

  • Eutanasia attiva. L’eutanasia attiva implica un atto positivo da parte di una terza persona, generalmente un medico, che è autorizzato a causare la morte del paziente se questi ne fa richiesta, e se la richiesta è giustificata, ad esempio attraverso l’iniezione di una sostanza letale.
  • Eutanasia indiretta. Il medico somministra farmaci per sedare il paziente, la cui conseguenza è una morte indolore per cause naturali.
  • Eutanasia passiva. Il paziente rifiuta l’accanimento terapeutico. La conseguenza è una morte dolorosa per cause naturali.
  • Suicidio assistito. Il medico, o un’altra persona, aiuta una persona sofferente e ancora lucida a mettere fine ai suoi giorni il più serenamente possibile.

Stiamo parlando di eutanasia in senso stretto, non di arresto delle cure. In pratica, in caso di malattia incurabile o di sofferenza insopportabile, e solo in questi casi, un medico può somministrare dei medicinali mortali ad un paziente che ne abbia fatto richiesta esplicita, e intutta coscienza. In questo modo lo Stato protegge e garantisce giuridicamente il lavoro dei medici, a condizione che siano rispettati minuziosamente i criteri dettati dalla legge.

La prima legge al mondo ad aver legalizzato l’eutanasia è quella dei Paesi Bassi (2001). In seguito è stata la volta del Belgio (2002). In Lussemburgo l’eutanasia è legale dal 2009.

In Spagna l’eutanasia passiva e l’assistenza al suicidio sono state depenalizzate nel 1995. In Finlandia, in Ungheria e in Repubblica Ceca la sola eutanasia passiva è legale. In altri paesi, come Francia, Danimarca, Regno Unito, Germania, Portogallo e Slovacchia, l’eutanasia passiva è proibita in linea di principio, ma ammessa o tollerata di fatto in alcuni casi.

Paesi Bassi, Belgio e Spagna prevedono anche una “domanda anticipata d’eutanasia”, una domanda, cioè, che chiunque può formulare e formalizzare quando ancora cosciente, a prevenzione di un evento come il coma, che priverebbe la persona della sua capacità di discernimento. Paesi Bassi e Belgio sono gli unici paesi al mondo ad aver autorizzato l’eutanasia dei minori, con condizioni e limiti differenti. In Svizzera il suicidio assistito non è considerato neanche come un atto medico, e può essere quindi praticato da qualsiasi persona, purché questa non ricavi alcun vantaggio dalla morte dell’altra.

Nel resto del mondo, soltanto la Colombia ha depenalizzato l’eutanasia, per iniziativa della Corte suprema, e non del Parlamento. Negli USA, l’eutanasia passiva è accettata dalla Corte suprema, ma la legislazione dipende dagli Stati, cinque dei quali ammettono oggi il suicidio assistito: Oregon, Washington, Vermont, Montana e California.

In tutti i Paesi che hanno legalizzato l’eutanasia attiva, o il suicidio assistito, la domanda del paziente deve essere volontaria, consapevole, informata e persistente nel tempo.

Nei Paesi Bassi, in seguito ad una campagna lanciata dall’associazione nazionale dei pediatri, in favore del diritto dei minori ad una buona morte, l’eutanasia può essere praticata con il consenso dei genitori anche su un minore di almeno 12 anni, e all’età di 16 anni, a condizione che i genitori siano stati perlomeno “associati” alla domanda di eutanasia. Restano ovviamente le condizioni di malattia incurabile o di sofferenza insopportabile, e tutto il protocollo medico previsto già per gli adulti, primo fra tutti l’obbligo di assicurarsi che il paziente sia capace di valutare pienamente e opportunamente i propri interessi. Dal 2002 ad oggi la Commissione nazionale che nei Paesi Bassi vigila — caso per caso — sulla corretta applicazione della legge, ha registrato 5 casi di eutanasia su minori, di cui tre di 17 anni, uno di 16 e uno di 12. Anche quando non era obbligatorio, ognuna di queste decisioni è stata presa con il consenso esplicito e motivato dei genitori, che erano quindi d’accordo con la decisione del loro figlio e con il parere dei medici.

L’eutanasia in Belgio

In Belgio l’eutanasia è stata legalizzata nel maggio 2002 e nel 2014 è stata estesa anche ai minori. In entrambi i casi essa è intesa come diritto di ogni malato a fare le proprie scelte in materia di vita e di morte, nel rispetto stretto delle condizioni dettate dalla legge. Dette scelte possono essere espresse e formalizzate sotto forma di “dichiarazione anticipata di volontà”, utilizzando un apposito formulario e in presenza di due testimoni. La dichiarazione può essere adattata o annullata in qualsiasi momento, e ha una validità massima di 5 anni (deve essere quindi reiterata almeno ogni 5 anni).

Al di fuori di questa procedura, un’eutanasia può essere praticata soltanto se richiesta espressamente dal paziente e se questi è ancora in possesso di tutte le sue facoltà di discernimento. In altre parole, soltanto se è in grado di esprimere, motivare e confermare la propria volontà di morire.

Più precisamente, un’eutanasia può essere praticata in Belgio soltanto in presenza di tutte le seguenti condizioni:

  1. La domanda è stata formulata per iscritto, in maniera volontaria, consapevole, ripetuta e senza alcuna pressione da parte di altre persone.
  2. Il paziente si trova in una situazione “senza vie d’uscita”.
  3. La sua sofferenza, fisica o psichica, è costante, insopportabile e irriducibile.
  4. Lo stato del paziente è dovuto a un incidente o una patologia grave e incurabile.
  5. Il paziente è in grado di decidere e di esprimere ciò che vuole. Se minorenne, uno psicologo o un pedopsichiatra verifica la capacità di decisione del paziente.

La legge stabilisce anche un protocollo di comportamento per il medico, che non è obbligato a praticare l’anestesia. La legge belga si fonda infatti su un diritto “alla domanda di eutanasia”, e non necessariamente alla sua messa in pratica.

Spetta al paziente trovare un medico che accetti la sua domanda. E prima di soddisfarla, il medico deve:

  • Informare il paziente del suo stato di salute e della sua speranza di vita.
  • Valutare con il paziente ogni possibile terapia e giungere con lui alla conclusione che, date le sue condizioni di salute, non esiste un’altra soluzione ragionevole.
  • Assicurarsi che la sofferenza del paziente sia effettivamente persistente, e che la sua richiesta di morte sia ripetuta.
  • Discutere della richiesta di eutanasia con la famiglia del paziente, se questi è d’accordo.
  • Discutere della richiesta di eutanasia con l’équipe medica normalmente in contatto con il paziente.
  • Assicurarsi che il paziente abbia la possibilità di discuterne a sua volta con chiunque egli desideri incontrare.
  • Redigere una cartella clinica completa e dettagliata.
  • Chiedere il parere di almeno un altro medico.
  • Chiedere il parere di almeno un terzo medico (uno specialista o uno psichiatra) se il decesso del paziente non è prevedibile a breve scadenza.

La responsabilità del medico viene infine formalizzata nel cosiddetto “atto di eutanasia”. In caso di irregolarità, la Commissione di controllo e di valutazione, che verifica ogni eutanasia, può chiedere l’intervento della magistratura. Nessuna irregolarità è stata comunque riscontrata in 14 anni di applicazione della legge, anche se il numero di eutanasie dichiarate cresce di anno in anno: 953 nel 2010, 1807 nel 2013 e 2021 nel 2015. Essendo la popolazione belga formalmente divisa su base linguistica, il fatto che l’80% delle eutanasie siano state scritte in nederlandese e solo il 20% in francese è significativo di differenze culturali e sociali che vanno oltre gli aspetti puramente linguistici. Nel 75%dei casi i pazienti avevano più di 60 anni e — ad oggi — il solo caso di minorenne è quello che ha destato tanto scalpore in questi giorni.

Nel 2014, quando la legge sull’eutanasia dei minori è stata approvata in Belgio, il mondo cattolico non ha certamente festeggiato ma non ha neanche incitato alla rivolta. Senato e Parlamento hanno votato a larga maggioranza, e i cristiano-sociali e l’estrema destra, pur non avendo votato a favore, non hanno fatto nulla per bloccare l’iter legislativo. E quanto alle reazioni delle comunità religiose, anche se i rappresentanti delle principali dottrine monoteiste erano contrari, l’unione buddista si era pronunciata apertamente in favore, poiché «quando non vi è più alcuna possibilità di ridurre la sofferenza, l’eutanasia può essere la sola scelta sensata» (Koen Vermeulen, Segretario generale dell’Unione Buddista Belga).

Perché mio figlio o mia figlia no?

Torniamo quindi al modo in cui la stampa italiana ha trattato il caso del minore che ha richiesto e ottenuto un’eutanasia in Belgio. Innanzitutto, la persona in questione aveva 17 anni. Era un malato terminale, che sarebbe quindi comunque morto di lì a poco, vittima di una costante, insopportabile, incurabile e irriducibile sofferenza. Non si è trattato poi del primo minore al mondo. Nei Paesi Bassi, come abbiamo visto, già 5 minorenni avevano chiesto e ottenuto un’eutanasia legale.

Alla decisione — presa a rigor di legge con consapevolezza e coscienza dal minore — è stata associata la famiglia e tutta l’équipe medica che aveva in cura il paziente. Immaginiamo che nessuno abbia fatto salti di gioia. Una decisione di questo genere deve essere inimmaginabilmente seria, sensibile, dolorosa.

Io vivo in Belgio e ho dei figli. Se uno o una di questi dovesse per disgrazia o per incidente ammalarsi gravemente dovesse per questo soffrire in modo costante, insopportabile, incurabile e irriducibile. Se questo figlio o figlia, nel pieno possesso delle sue facoltà, chiedesse al suo medico, e a me, suo padre, di aiutarlo a morire con dignità, qualche giorno prima della morte naturale, con meno sofferenza, ed in un momento e in un luogo di sua scelta, circondato dalle persone che ama, piuttosto che essere strappato ai suoi da una morte dolorosa e imprevedibile. Se mio figlio, in coscienza e consapevolezza, mi chiedesse questo, perché dovrei, dovremmo, negare lui questo diritto? Dovremmo poter ricordare ai cardinali Bagnasco, agli Alberto Gambino, alle Paola Binetti e ai tanti Lorenzo Cesa, che non si trattava di scegliere tra vita o morte, ma tra una morte per quanto possibile umanamente dignitosa e un’altra orribile e dolorosa. Questo ragazzo, e con lui i suoi genitori, ha scelto la prima. Evidentemente Bagnasco e gli altri avrebbero scelto, per loro figlio, la seconda.

E agli organi d’informazione che hanno parlato dello “shock” di cui sarebbe stata vittima la popolazione cattolica in Belgio quando questa legge è stata approvata, vorrei dire che le informazioni sull’eutanasia dei minori citate in questo breve articolo sono tratte principalmente dalla Tesi di Laurea di Camille Degraux, studentessa della Facoltà di diritto e criminologia dell’Università cattolica di Louvain-La-Neuve, in Belgio. Università cattolica, appunto.

 


Carlo Caldarini, ex Segretario di ALBI, è Direttore dell’Osservatorio Inca Cgil per le politiche sociali in Europa (Bruxelles, Belgio). 

Da L’ATEO 6/2016