La prova dell’otto!

di Davide Pizzi

 

Introduzione

La riduzione delle risorse pubbliche da destinare al welfare costituisce un profondo disagio non solo per i cittadini, ma anche per gli operatori sociali. Gli assistenti sociali oggi sono costretti ad attuare interventi con ridotte capacità economiche, e ciò può generare uno specifico malessere:

«I continui tagli di risorse al welfare stanno contribuendo ad aumentare il senso di disagio, d’impotenza, d’inefficacia e d’inutilità negli operatori sociali, con conseguenze sul rischio di essere più esposti al burn-out. Rischio che viene ulteriormente potenziato dal concomitante aumento della complessità dei problemi da affrontare. Coloro che lavorano nei servizi dedicati alle persone sanno bene, infatti, di trovarsi ogni giorno faccia a faccia con problemi gravosi da fronteggiare con risorse esigue, che per giunta subiscono con il passare degli anni un vero e proprio «processo di erosione». L’attuale crisi economica sta portando ai servizi famiglie con problemi economici e fragilità lavorativa; stranieri con difficoltà d’inserimento nel tessuto sociale, lavorativo e abitativo; persone con disabilità; caregiver in difficoltà a fungere da sostegno ai parenti anziani oppure con disagio mentale… Complessità nuove, ma anche problemi vecchi, che giungono quotidianamente ai servizi, i cui «strumenti di lavoro» non sempre sono adeguati e spesso anzi si rivelano piuttosto logori e logoranti per gli operatori. Continuando di questo passo, quali scenari potranno aprirsi nell’imminente futuro, in un contesto contraddistinto dai tagli alla spesa pubblica? Non è realistico pensare che chi lavora all’interno dei servizi sociali, di fronte all’aumentare delle prese in carico e degli accessi, possa occuparsene evitando i rischi di incorrere nel burn-out. Per questo si può sostenere che oggi, tra i primi fattori di rischio, vi sia quello rappresentato dall’attuale sistema di welfare. Il suo progressivo disfacimento è un fattore determinante nell’eziopatogenesi del burn-out» [1].

È recente il comunicato stampa del presidente nazionale degli assistenti sociali, di protesta contro tre concorsi pubblici banditi da tre Comuni, che prevedevano l’assunzione di assistenti sociali con incarico gratuito! [2]. Ma qualche anno fa in un altro mio articolo, denunciavo dei concorsi pubblici che prevedevano addirittura che il candidato presentasse la sua offerta per le prestazioni. Al costo orario più basso sarebbe stato attribuito il punteggio massimo [3].

Quella spelonca di ladroni…

L’8×1000, articolato e complesso sistema di finanziamento, non ha paragoni nel resto d’Europa. Le chiese accettano una tassa contraria ai principi biblici, che stando alle indicazioni della Bibbia, dovrebbero finanziarsi con la sola generosità dei fedeli. L’apostolo Paolo scrisse nella Seconda Lettera ai Corinzi, cap. 9:7 «Dia ciascuno secondo che ha deliberato in cuor suo; non di mala voglia, né per forza perché Iddio ama un donatore allegro». Se si lasciasse ai cittadini l’opzione di scegliere se pagare l’8×1000, o tenerselo per sé, quante sarebbero le firme dei “donatori allegri” tra i fedeli? Un’offerta non può essere una tassa imposta da una legge dello Stato, è una contraddizione in termini! Inoltre, il meccanismo di riscossione è in chiara contrapposizione all’insegnamento di Gesù nel Vangelo: «date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio». Gesù chiarisce ai farisei che gli avevano teso un tranello, due sistemi distinti e separati, di cui gli ebrei dovevano ossequiosamente essere rispettosi: la riscossione dei tributi per le casse di Roma, da pagare ai pubblicani, e le decime e le offerte per l’apparato religioso/sacerdotale, da pagare al tempio [4]. Recentemente il papa ha espresso il timore di una chiesa attaccata al danaro:

«una Chiesa che vive attaccata ai soldi, che pensa ai soldi, che pensa a come guadagnare i soldi. Come è saputo – ha affermato il Papa – in un tempio della diocesi, per passare la Porta Santa, dicevano ingenuamente alla gente che si doveva fare un’offerta: questa non è la Chiesa di Gesù, questa è la Chiesa di questi capi dei sacerdoti, attaccata ai soldi» [5].

Per evitare velleità, oltre gli ammonimenti serve agire, e il concorso I feel CUD (trattato più avanti) è ben distante dai propositi del pontefice. La chiesa purtroppo resta per alcuni il miglior business di sempre, che farebbe indignare ancor oggi Gesù che ad alta voce, come allora, probabilmente esclamerebbe: avete fatto della mia casa una spelonca di ladroni! L’otto per mille si è trasformato perciò, in un’ambizione che ogni anno mette in competizione le chiese a “lottare per il mille”.

Una spesa costosa

L’8×1000 in media costa annualmente agli italiani 1,3 miliardi di euro. «Il meccanismo di riparto dell’8×1000 è stato più volte censurato dalla Corte dei Conti perché “permette ai beneficiari di ricevere più dalla quota indistinta che non dalle precise scelte dei contribuenti”. Infatti 22,2 milioni di italiani non hanno scelto alcun destinatario, ma la loro quota è stata come ogni anno ripartita tra i beneficiari in proporzione alle scelte espresse» [6].

Questo sistema favorisce la Chiesa Cattolica che, con il 37% circa sul totale dei contribuenti, riesce a raggiungere circa l’80% dell’intero contributo, la cui grossa fetta proviene dal 53% circa dei contribuenti che non hanno espresso voto [7]. Una spesa elevata se paragonata al 4% circa del nostro PIL destinato al welfare [8], ma anche superflua, perché lo Stato del Vaticano possiede un suo istituto di credito (IOR) dal bilancio solidissimo, tant’è vero che per ricevere un appuntamento occorre prenotarsi a causa dell’elevato afflusso di prenotazioni, come si può leggere sulla home page del sito [9].

La parola alla Corte dei Conti

Dal documento redatto dalla Corte dei Conti si ricavano ulteriori argomentazioni e approfondimenti di alcuni punti già enunciati. La fonte in questione mostra importanti criticità sul meccanismo dell’8×1000 [10].

1. Lo Stato è l’unico beneficiario che non si fa pubblicità per la scelta dell’otto per mille: «Grazie al meccanismo di attribuzione delle risorse dell’8 per mille, i beneficiari ricevono più dalla quota non espressa che da quella optata, godendo di un notevole fattore moltiplicativo, essendo irrilevante la volontà di chi rifiuta il sistema o se ne disinteressa; infatti, l’ammontare è distribuito ripartendo anche le quote di chi non si è espresso, in base alla sola percentuale degli optanti. Su ciò non vi è un’adeguata informazione, benché coloro che non scelgono siano la maggioranza e si possa ragionevolmente essere indotti a ritenere che solo con un’opzione esplicita i fondi vengano assegnati (pag. 3). In violazione dei principi di buon andamento, efficienza ed efficacia della Pubblica amministrazione, lo Stato mostra disinteresse per la quota di propria competenza, cosa che ha determinato, nel corso del tempo, la drastica riduzione dei contribuenti a suo favore, dando l’impressione che l’istituto sia finalizzato – più che a perseguire lo scopo dichiarato – a fare da apparente contrappeso al sistema di finanziamento diretto delle confessioni. Risulta, pertanto, del tutto frustrato l’intento di fornire una valida alternativa ai cittadini che, non volendo finanziare una confessione, aspirino, comunque, a destinare una parte della propria imposta a finalità sociali ed umanitarie. […] lo Stato l’unico competitore che non sensibilizza l’opinione pubblica sulle proprie attività con campagne pubblicitarie (pag. 4)». A pag. 30 del documento ci sono i costi sostenuti dalla Chiesa Cattolica sulle emittenti Rai per la pubblicità. Sull’assonanza di una nota canzone dei Blues Brothers, la Chiesa Cattolica indice una competizione tra parrocchie per procacciare più firme dell’8 per mille. Il concorso s’intitola: “IfeelCUD” [11].

2. Cosa ne pensa la Corte dei Conti? «I fondi destinati alle confessioni risultano ingenti, tali da non aver riscontro in altre realtà europee – avendo superato ampiamente il miliardo di euro per anno – e sono gli unici che, nell’attuale contingenza di fortissima riduzione della spesa pubblica in ogni campo, si sono notevolmente e costantemente incrementati. Già nel 1996, la Parte governativa della Commissione paritetica Italia-Cei incaricata delle verifiche triennali dichiarava che “non si può disconoscere che la quota dell’8 per mille si sta avvicinando a valori, superati i quali, potrebbe rendersi opportuna una proposta di revisione. (…) detti valori, già oggi, risultano superiori a quei livelli di contribuzione che alla Chiesa cattolica pervenivano sulla base dell’antico sistema dei supplementi di congrua e dei contributi per l’edilizia di culto (pag. 3)».

3. Quanto viene speso realmente in opere umanitarie? «Si evince che per il 2012 le somme stanziate per opere caritatevoli sono pari ad euro 255.000.000, a fronte di uno stanziamento complessivo pari ad euro 1.148.076.594,08. In sostanza, solamente il 22,2% (meno di un quarto) delle somme derivanti dall’8 per mille. […] gli spot, come confezionati e messi in onda fuorviano il contribuente, in quanto lasciano intendere che l’intero contributo (e non una sua minima parte) è destinato agli scopi pubblicizzati; -ai sensi dell’art. 18, primo comma, del codice del consumo è da ritenersi ingannevole una pubblicità “che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure, di fatto, corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio riguardo ad uno o più dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione” che altrimenti non sarebbe stata adottata; -la condotta pare vietata anche in relazione a quanto disposto dalla legge n. 145/2007; -tramite lo spot, il consumatore non è in grado di valutare che circa il 78% del gettito 8 per mille destinato alla Chiesa cattolica viene utilizzato per scopi diversi da quel/i caritatevoli; -una più trasparente informazione e pubblicizzazione delle modalità d’utilizzo dei fondi stanziati potrebbe essere utile al contribuente per scegliere con consapevolezza (pag. 31)». Se appena un quarto dell’8 per mille è usato per scopi caritatevoli, il resto dove va a finire? A pag. 33 la risposta: per l’esigenze di culto e pastorale 43,62%, e 33,15% per il sostentamento dei ministri di culto. Anche la Chiesa Luterana fa un utilizzo analogo.

4. Altri dati comparativi: «si comprende bene anche solo dalla comparazione, ad esempio, con quanto assegnato al ministero dei Beni culturali e del turismo, che per il 2013, non ha raggiunto il miliardo e 700 milioni. Ciò significa che, negli ultimi anni, la contribuzione alle confessioni religiose ha superato i due terzi delle risorse destinate per la conservazione del patrimonio artistico del paese» (pag. 5).

5. «Significative appaiono anche le riflessioni di un componente della Commissione paritetica Italia-Cei, secondo cui il livello dell’8 per mille, unitamente al meccanismo delle scelte non espresse, pone dei problemi oggettivi. Infatti, non è pensabile una crescita continua del flusso finanziario pubblico, se non altro perché porterebbe allo snaturamento del sistema complessivo creato nel 1984. Anche il meccanismo delle scelte non espresse, discutibile, ma creato per incentivare la partecipazione dei cittadini, diverrebbe assai meno giustificabile di fronte alla crescita esponenziale del gettito Irpef nazionale. (…) sarebbe auspicabile una sorta di strumento calmieratore che eviti questa crescita continua e mantenga il finanziamento entro limiti accettabili per tutti. […] Lo Stato non è affatto tenuto a versare denaro pubblico alle confessioni perché queste le utilizzino in attività sociali, umanitarie o caritative (…) non era nelle aspettative ecclesiastiche il sostegno finanziario pubblico per intraprendere queste attività (pag. 6-7)».

6. Cosa accade altrove? «In alcuni Paesi europei, quali la Francia, l’Irlanda e il Regno Unito, le confessioni non fruiscono di contributi pubblici e devono ricorrere esclusivamente all’autofinanziamento, dal momento che la funzione di promozione religiosa non è ritenuta una competenza della Stato, in attuazione del principio separatista, secondo cui è compito esclusivo dei fedeli il sostentamento delle confessioni. Una forma particolare di autofinanziamento agevolato è l’imposta ecclesiastica – vigente in Germania – in base alla quale le confessioni ricevono i proventi di una tassazione aggiuntiva a totale carico dei cittadini fedeli, cui, tuttavia, è possibile sottrarsi in caso di mancata adesione (pag. 21)».

7. Un pensiero della CEI: «dal flusso finanziario dell’8 per mille del gettito Irpef derivano alla Chiesa cattolica (recte: alia Cei) delle somme veramente ingenti, che hanno superato ogni più consistente previsione. Si parla, ormai, di circa 900-1000 miliardi l’anno [valuta in lire]. II livello è da considerarsi tanto più alto, in quanto il fabbisogno per il sostentamento del clero non supera mediamente i 400- 500 miliardi annui. Ciò vuol dire che la Cei ha la disponibilità annua di diverse centinaia di miliardi per finalità che sono chiaramente ‘secondarie’ rispetto a quella primaria del sostentamento del clero; e che, lievitando così il livello del flusso finanziario, si potrebbe presto giungere al paradosso per il quale è proprio il sostentamento del clero ad assumere il ruolo di finalità secondaria rispetto alle altre. Tutto ciò porterebbe a vere e proprie distorsioni nell’uso del denaro da parte della Chiesa cattolica, e, più in generale, riaprirebbe il capitolo di un finanziamento pubblico irragionevole, che potrebbe raggiungere la soglia della incostituzionalità, se riferito al valore della laicità quale principio supremo dell’ordinamento (pag. 24-25)».

8. Le conclusioni della Corte dei Conti: «In un contesto di generalizzata riduzione delle spese sociali a causa della congiuntura economica, le contribuzioni a favore delle confessioni continuano in controtendenza ad incrementarsi, avendo, da tempo, superato ampiamente il miliardo di euro annui, senza che lo Stato abbia provveduto ad attivare le procedure di revisione di un sistema che diviene sempre più gravoso per l’erario […] fa, in parte, venir meno le ragioni che giustificano il cospicuo intervento finanziario dello Stato disegnato dall’8 per mille, che ha “contribuito ad un rafforzamento economico senza precedenti della Chiesa italiana”. […] Una criticità evidenziata dalla Corte, a cui offre un suggerimento su come impiegare diversamente i soldi delle Chiese, consiste nella possibilità di destinare risorse per l’edilizia scolastica, tema particolarmente sentito dai cittadini. (pag. 76)».

Le donazioni liberali e il 5×1000

Ci sono inoltre altre due questioni da considerare: le donazione liberali alla propria chiesa, che consente a chi l’effettua, di abbassare fino a un massimo di € 1033,00 il proprio reddito imponibile, i cui costi, ovviamente, ricadono sulle casse dello Stato, alias, della collettività. Chi fa una donazione non deve pretendere una sorta di “sconto” che gli faccia tornare indietro parte dei soldi spesi, altrimenti, o non fa doni, o può farli in forma ridotta. Infine, le numerose attività sociali delle chiese che rientrano nei finanziamenti del 5×1000, pur beneficiando dell’8×1000 per scopi sociali.

Conclusione

Sovente penso che non siano i soldi che mancano alla nostra nazione, ma il buon senso, la ragionevolezza, il senso del dovere, e la responsabilità per amministrarli. Lo Stato – cinicamente visto come il participio passato del verbo essere [12] – già da tempo sta perdendo la fiducia dei cittadini. Nella metafora delle coniugazioni, tra “Stato al participio passato”, e “Stato come imperfetto”, manca molto uno “Stato al presente”, in grado di attuare azioni risolutive alle situazioni disperate dei suoi cittadini. I costi pubblici di tutte le chiese (e parlo da cristiano praticante), devono con ogni mezzo democratico, essere portate all’attenzione dei cittadini, affinché, si spera, possano suscitare una profonda riflessione, dalla quale si arrivi a comprendere che lo Stato deve essere laico, e che il mandato di ogni governo deve essere rivolto al benessere esclusivo dei suoi cittadini.

Note

[1] D. Pizzi, Animazione Sociale n. 262, aprile 2012, Gruppo Abele Editore, Torino, pag. 88.

[2] http://www.cnoas.it/cgi-bin/cnoas/out.pdf?i=UUBUCURUYWZUVU-GUORWCXL&e=.pdf&t=comunicati

[3] http://scambi.prospettivesocialiesanitarie.it/i-tagli-alwelfare-ai-tempi-della-crisi-economica-e-tempo-di-ribassiconcorrenziali-sul-costo-del-lavoro-sociale/

[4] Evangelo Secondo Matteo, capitolo 22, versetti 15 e seguenti.

[5] http://it.radiovaticana.va/news/2015/12/15/papa_vera_ricchezza_della_chiesa_sono_i_poveri,_non_i_soldi/1194456

[6] http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/07/11/8-per-mille-tesoro-nel-2016-distribuiti-13-miliardi-oltre-1-miliardo-allachiesa-cattolica-187-milioni-allo-stato/2896951/

[7] http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-it/2016/03/14/news/come_viene_speso_il_nostro_8_per_1000-133497673/

[8] http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2016-07-08/spesasociale-e-famiglie-italia-indietro-063755.shtml?uuid=ADrg6wp

[9] http://www.ior.va/content/ior/it.html

[10] http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_centrale_controllo_amm_stato/2014/delibera_16_2014_g.pdf

[11] http://www.ifeelcud.it/

[12] D. PIZZI, Il diario di Giaggiolo, Montag Edizioni, Tolentino (MC), 2015, p. 19.


Davide Pizzi, assistente sociale (Ordine degli Assistenti Sociali della Regione Puglia) è autore di numerosi articoli di servizi sociali, pubblicati su riviste scientifiche quali Animazione Sociale, ed altre ancora, consultabili all’interno del suo blog (https://assistentesocialereporter.wordpress.com/). È autore inoltre, di sei raccolte di poesie e di un romanzo, ed è presente in opere collettanee di poesia con autori vari.

Da L’ATEO 6/2017