di Francesco D’Alpa
L’ultima enciclica di Paolo VI, l’oscurantista Humanae Vitae, da subito contestata anche a livello teologico e di conferenze episcopali, compirà cinquant’anni il 25 luglio 2018. Nonostante i cambiamenti epocali avvenuti da allora, sia nella società sia nella stessa Chiesa cattolica, si presume che goda, come tutti i documenti emanati “ex cathedra”, del dono dell’infallibilità perpetua. Niente di meglio dunque, da parte di papa Francesco, che ribadire la validità delle sue tante condanne: dai rapporti non coniugali all’inseminazione artificiale, dalla sterilizzazione alle pratiche anticoncezionali ed all’aborto provocato (anche se per ragioni terapeutiche); argomenti tutti sui quali Paolo VI antepose il proprio giudizio morale alle competenze scientifiche ed al comune sentire.
A fronte della inattualità, di gran lunga oggi più stridente che in origine, di tale documento (alle cui prescrizioni certamente ben pochi credenti si attengono) la Chiesa di Bergoglio, che nel frattempo ha deciso di proclamare “santo subito” d’ora in poi ogni papa (compresi se stesso e Benedetto XVI), ha ben pensato di santificare anche l’Enciclica, che evidentemente godrebbe del favore del “cielo”; senonché, per il buon esito della pratica, necessitava un “miracolo”, che richiamasse alle coscienze il dovere di preservare a tutti i costi la “vita umana innocente, fin dal suo inizio”. E non a caso, la mattina del 19 ottobre del 2014, pochi minuti prima della beatificazione di Paolo VI (proprio grazie ad un altro improbabile miracolo “gestazionale”, sul quale sorvolo), papa Francesco aveva confidato al postulatore padre Antonio Marrazzo: «Se trovate un miracolo, procediamo alla canonizzazione» [1].
Detto e fatto, lo si è trovato ben presto nella persona di Amanda, una bimba nata prematura dopo una gestazione talmente tormentata ed a rischio da avere richiesto fino all’ultimo una complicatissima assistenza medica in vari centri ospedalieri. Ma dei medici, delle strutture e delle tecnologie coinvolte si è sentito affermare ben poco; tutta l’attenzione è stata rivolta alla piccola, alle preghiere della madre ed alla intercessione del defunto papa; e dunque la storia di questo “miracolo” è ampiamente istruttiva di come oggi in Vaticano e nei media compiacenti si adulteri a proprio profitto una storia prettamente “medica”.
Partiamo da una delle tante sintesi proposte dalle agenzie e dai quotidiani: «Nel settembre del 2014, la 35enne Vanna Pironato viene ricoverata in ospedale — alla 13esima settimana di gestazione — per la rottura prematura della placenta. I medici le consigliano di abortire ma lei, su consiglio di un’amica, porta avanti la gravidanza e affida le sue preghiere alle reliquie di Montini. La bimba, per miracolo, nasce nel giorno di Natale dopo essere rimasta per tre mesi senza liquido amniotico: pesa 865 grammi, ma è viva» [2].
Fatte le opportune verifiche, è chiaro che si tratta di una mezza verità, che ne cela altre: la madre (che dichiara di non avere mai saputo nulla di Paolo VI prima di questa sua seconda gravidanza) è infermiera nello stesso ospedale ove è stata inizialmente assistita (è dunque difficile che non avesse mai sentito parlare fino ad allora del rischio di malformazioni fetali); il feto non era stato «colpito da una malattia rara nel grembo materno» [3] ma piuttosto era insorta una patologia materno-fetale poco frequente; indubbiamente le membrane (non la placenta) si erano rotte prematuramente (non “spontaneamente”) ma subito dopo una sfortunata amniocentesi a fini diagnostici; i medici, più che consigliare un aborto, avevano inizialmente pronosticato una quasi sicura morte in utero del feto; la bimba non era mai rimasta del tutto senza liquido amniotico, perché questo le era stato sostituto più volte, almeno in parte, artificialmente; il parto era avvenuto alla ventiseiesima settimana di gestazione, epoca alla quale le percentuali di sopravvivenza sono oggi piuttosto buone; la neonata (sana ma per forza di cose ancora immatura) aveva necessitato di qualche giorno di terapia intensiva e poi di quattro mesi di incubatrice.
Ovviamente, per chi ha gioito di tale felice esito (la bimba appare oggi in ottima salute) tutti i veri e propri “miracoli” della scienza medica (ma soprattutto la perizia e dedizione dei sanitari) contano meno del pellegrinaggio della madre al santuario in cui il prete Montini (a sua volta nato con un parto difficile!) aveva celebrato la sua prima messa (e dove è custodita la sua più celebre reliquia: l’abito imbrattato di sangue a causa dell’attentato subìto a Manila nel 1970) e delle preghiere a lui rivolte (con buona pace del cardinale Lambertini che intendeva non riconoscere come miracolose le guarigioni ottenute “anche” grazie ad un intervento medico).
Ma come ben sappiamo, quando si è abbagliati dal “miracolo”, si dà ben poco spazio alla gratitudine agli umani (nessun quotidiano ci ha fatto conoscere l’opinione dei tanti sanitari intervenuti). Non a caso don Antonio Lanzoni, vicepostulatore della causa, ha avuto modo di dichiarare che la nascita di Amanda è stata possibile grazie alla «determinazione di una madre unita alla protezione di Paolo VI»; e lei stessa ha dichiarato: «ho fatto una cosa contro tutto e contro tutti e sono stata premiata nel migliore dei modi» [4].
Sorvolando sul fatto che si tratterebbe, umilmente, di una “grazia” e non di un premio, Amanda non è certo nata sconfiggendo le leggi di natura o l’ostilità dei medici, ma solo perché, curata nel migliore dei modi, si è trovata nella parte più favorevole delle curve statistiche di sopravvivenza.
E le voci critiche? Sulla stampa e sul WEB italiani, fino al momento in cui scrivo, ho colto quasi solo scontati sfottò sulla ridicolaggine degli asseriti “miracoli”. In quanto all’estero, l’unico intervento che ho potuto reperire parla apertamente di “falso miracolo”, ed è proprio il caso di citarne un brano: «Ma si tratta di un miracolo? Questa è la domanda. Poiché un distacco placentare non è sempre mortale né per il feto né per la madre, e può essere compatibile con il proseguimento della gravidanza. Ed oggigiorno un bambino può del tutto vivere normalmente nascendo al sesto mese di gravidanza […] Questo “miracolo” appare più come una impostura destinata a “canonizzare” il papa del Concilio. I “fumi di Satana” non cessano d’asfissiare gli spiriti della Roma neo-modernista e neo-protestante» [5].
Questo non è comunque l’unico aspetto sconfortante della vicenda. Certamente ognuno è libero di credere, nel suo privato, a ciò che vuole, ma almeno i “fatti” deve raccontarli nel modo giusto: cosa che qui non sembra del tutto avvenuta.
Si è infatti dovuto attendere una tardiva intervista a Telepace per venire a conoscenza (unica fonte!) del fatto che la rottura delle membrane era avvenuta «dopo una indagine fatta per paura» [6]. Ma quale paura? Andando a visionare per l’acquisto una culla originariamente destinata ad una bimba che purtroppo era morta pochi mesi dopo la nascita, la madre di Amanda era venuta a sapere che era affetta dalla sindrome di Down, ed era rimasta particolarmente colpita dalle sue foto. Ascoltiamo con attenzione le sue parole: «Mi interrogai molto e rimasi sconvolta, iniziai a pensare che io non sarei mai riuscita a portare avanti una gravidanza in quelle condizioni e la paura che la mia bimba non fosse sana mi fece prendere la decisione drastica di effettuare dopo pochi giorni un’indagine prenatale invasiva. Ma la villocentesi andò male» [7].
Non vorrei avere frainteso; ma sembra proprio che non confidasse più di tanto nei santi, e che l’aborto terapeutico fosse per lei una più che possibile scelta: con buona pace della Humanae Vitae!
Note
[1] Luciano Zanardini (www.lavocedelpopolo.it), 5 gennaio 2017.
[2] www.unionesarda.it, 17 febbraio 2018.
[3] Orazi La Rocca (www.panorama.it), 7 febbraio 2018.
[4] www.liberoquotidiano.it, 24 dicembre 2017.
[5] Francesca de Villasmundo (su www.medias-presse.info), 22 dicembre 2017.
[6] www.telepace.com
[7] Andrea Zambrano (su www.lanuovabq.it), 9 marzo 2018.
Da L’ATEO 3/2018