di Michele Serra
Inquietante match tra ultras cristiani e musulmani, l’altra sera da Santoro. Più ultras i cristiani, per la verità, specie per merito di un Baget Bozzo terreo e sibilante. Ho seguito il tutto con un forte sentimento di esclusione. In quanto non credente (che però assomiglia a non vedente o non udente: meglio dire ateo, a questo punto), non mi sentivo rappresentato. Eppure la partita mi riguardava: abito qui anch’io, se permettete. La mia precettistica, magari è meno ricca e strutturata di quella dei fede-muniti. Però c’è, esiste, e per esempio suggerisce di considerare pericolosi né i cristiani né i musulmani, ma solamente i fanatici. Tra le urla e le reciproche accuse di sopraffazione, mi sono sentito come quelli che non vanno più allo stadio perché si sentono umiliati dalla prevalenza delle curve. Che dobbiamo fare, noi atei, chiedere la par condicio? Esigere che quando si inscena il dramma globale ma tribale dell’intolleranza religiosa venga dato il microfono, ogni tanto, anche a uno che non c’entra con gli dei, ma c’entra con la questione della convivenza e della sopportazione? Fate parlare, per l’amor del cielo, anche chi non riceve ispirazione direttamente dal cielo.
dalla rubrica «Che Tempo fa» di Michele Serra, su l’Unità del 9 marzo 2000.