di Adriano Pacifici
I reiterati alt della chiesa cattolica sulla clonazione, sull’uso di cellule staminali prese da embrioni congelati non è che un ulteriore capitolo - e forse neanche l’ultimo - del conflitto tra religione e scienza. A differenza del passato però, quando il conflitto verteva essenzialmente sulla cosmologia, ovvero sulla centralità dell’uomo nell’universo, ora esso si svolge su un terreno particolarmente nevralgico per la religione. Molte fedi monoteistiche, infatti, hanno sempre parlato della vita dell’uomo come un dono di dio, un «atto d’amore» che il ricevente non può, non solo rifiutare, ma anzi deve accogliere e conservare con cura, qualsiasi sia il valore della «merce» ricevuta: ottimo, mediocre o scadente; l’estremo decadimento di questo «dono», pur se causa d’atroci sofferenze di chi lo subisce, secondo queste credenze sarebbe compensato dall’eterna felicità promessa ai fedeli nella vita ultraterrena.
Qui viene messo in crisi un altro aspetto fondamentale delle religioni: la credenza che l’uomo, sia immortale, almeno per la sua parte «spirituale» (ma il cristianesimo promette anche la resurrezione dei corpi) e che la sua immortalità risieda in una speciale «sostanza» non meglio identificata, affine alla sostanza divina (ma di dimensioni molto più ridotte): l’anima. Mentre è già noto il coinvolgimento di molte aree cerebrali in numerosi aspetti sensoriali, emotivi, mnemonici e razionali della vita umana, della pretesa sostanza si ha notizia solo attraverso alcune tradizioni filosofiche e religiose. Se ne ignora del tutto la natura (corpuscolare, ondulatoria …), la dimensione (le anime sono tutte uguali o quelle dei grandi personaggi sono più estese? …), la densità e la coesione (quanto è rarefatta, come si distribuisce in un corpo e nello spazio e quale forza la tiene insieme? …) Tutto è circondato da un alone di mistero dove a questa «anima» è consentita ogni sorta di prestazione: temporaneo distacco dal corpo, rapimenti mistici, repentini spostamenti in luoghi lontanissimi, sogni premonitori, ecc.; va poi aggiunto che mettere in dubbio la sostanza dell’anima è come mettere in discussione la stessa sostanza «spirituale» di dio.
L’approfondimento degli studi sul funzionamento del cervello unito allo sviluppo della genetica, non farà altro che apportarci ulteriori conferme della natura biochimica della vita umana com’è già accertato per tutti gli altri organismi animali e vegetali. Questo sarà un duro colpo per le concezioni religiose che vedono nell’uomo il fine ultimo della «creazione» dell’universo dove l’uomo, unico essere speciale in miliardi di galassie, è stato incoronato re per volontà divina, fatto a (pallida) immagine e somiglianza del suo artefice, con poteri quasi illimitati sulla terra e forse oltre. Per salvare questo Essere meraviglioso per il cristianesimo, dio non avrebbe disdegnato di farsi uomo e di morire (solo per la parte umana) per riscattare qualche sua pretesuccia di saperne troppe. Conflitto tra religione e scienza ante litteram?
I fatti avrebbero poi dimostrato che dio avrebbe avuto ben donde di temere l’eccessiva curiosità del suo pallido sosia. Appena uscito di minorità l’uomo ha ben presto capito con Galileo che la sua regalità era piuttosto malferma. Non era il sole e le sfere celesti a tributare onore a questo re con l’armonia rotante delle sfere celesti, ma era piuttosto la terra con a bordo l’umanità, a dover onorare il sole con le sue orbite; infrazione questa che Galileo ha pagato a caro prezzo. Ma se la chiesa cattolica avesse creduto di pacificare il conflitto con la sua rincorsa adattiva, altri non meno duri colpi avrebbero riaperto le ostilità: il sole, che in un’ottica religiosa avrebbe potuto rappresentare la luce divina, non è che una stella mediocre confinata in un braccio periferico di una delle tante galassie; e che dire poi dell’evoluzionismo: il pallido sosia di dio fatto discendere non dal suo soffio vitale, ma da una scimmia, concezione questa accolta a denti stretti solo da una parte dei credenti, mente l’altra si abbarbica ancora a concezioni creazionistiche.
A tal punto è cresciuta quest’infantile e un po’ «trasgressiva» curiosità oggi assurta al rango di scienza, che la religione si sente i ladri in casa. Questa enciclopedia incompiuta, redatta con metodo rigoroso, tenta di descriverci in vari capitoli le leggi che regolano l’universo. Leggi ricavate dalla verifica sperimentale d’ipotesi, non dogmi o rivelazioni ricucinate in diverse salse. Alcune pagine o capitoli dell’enciclopedia saranno strappati e sostituiti da altri più esaurienti.
Spesso si pensa agli scienziati come ad una casta di sacerdoti con un cervello super e magari con una certa supponenza; se questa impressione può essere fondata per qualche suo esponente, non va dimenticato che gli stessi scienziati sono prigionieri del metodo scientifico dal quale non possono derogare: pena la nullità delle loro ipotesi, nessuna pietà per le teorie infondate e scarsa celebrità per i loro successi. Ecco perché sono gli intermediari più affidabili tra gli uomini comuni e la conoscenza del mondo reale. Le altre scorciatoie: medicine più o meno alternative, cosiddette naturali, cure conclamate da chi si isola da quelle sperimentate, sono destinate a fallire. Ovviamente gli scienziati non debbono erigersi agli unici depositari della verità. Non è stato infrequente che voci di persone che cantavano fuori del coro, si siano rivelate portatrici di importanti scoperte per l’umanità. Ma nessuno può esimersi dal sottoporsi al crogiolo del metodo sperimentale. Con quale criterio una persona di buon senso potrebbe farsi curare da chi, vuoi per un malinteso senso di vanità, vuoi per un atteggiamento consolatorio per la disperazione altrui, gli proponga un rimedio che lui solo conosce? Per una sua millantata energia? Per certe sue sconosciute qualità manipolatorie? Per il suo carisma? Recandomi da un medico che applichi la medicina ufficiale, non mi sentirei immune da eventuali errori di diagnosi, ma nel caso contrario mi rassicura il fatto che mi prescriverà le migliori cure sperimentate fino ad oggi per il mio caso e queste cure saranno efficaci dovunque io mi trovi.
Lasciamo quindi indagare gli scienziati fin nel segreto delle nostre cellule senza impedimenti religiosi o moralistici. Dalle loro scoperte ne abbiamo tratto vantaggio tutti: dall’allungamento della vita media, all’eradicamento di molte malattie letali, alla liberazione della sessualità dallo stretto ambito riproduttivo, alla facilità dei trasporti e delle comunicazioni. Spetta agli organi decisionali e all’opinione pubblica porre vincoli all’uso delle future scoperte, non certo alla ricerca scientifica, perché ciò equivarrebbe a disseccare la fonte stessa di tutti i benefici. Perfino dagli errori si possono trarre salutari stimoli a rimuovere i dati non accurati ed a rendere sempre vigile il senso critico, Numerose pagine - e delle più interessanti - verranno scritte nei capitoli della biologia, della fisica, dei nuovi materiali, delle esplorazioni spaziali, pagine che troveranno in noi lettori sempre più avidi.