di Lidia Menapace
L’elezione di Ratzinger mi colpì subito negativamente e non tanto per la prevedibile - anche se scandalosa - orgia di idolatrìa papista, quanto per la procedura e lo svolgimento, per il suo aspetto politico dunque.
Infatti, Ratzinger entrava in conclave avendo già una maggioranza di voti a favore (frutto del lunghissimo pontificato di Giovanni Paolo II che nominò molti cardinali conservatori, ma non abbastanza per raggiungere il quorum che consentirebbe l’elezione nei primi scrutinî). Sicché era destinato a essere eletto dopo quattro o più scrutini con uno scarto di voti basso, con la maggioranza semplice e ciò avrebbe incrinato la sua autorevolezza e il suo potere. A rimediare a ciò ci ha pensato il card. Martini che aveva il “pacchetto” dei voti progressisti e - incontratosi dopo il terzo scrutinio con Ratzinger - li ha dirottati su di lui, rendendo possibile un’elezione con ampio margine di voti e dunque rafforzando il potere del nuovo papa. Mi aspettavo che Martini, un cardinale progressista, colto, eccellente biblista e uomo ecumenico chiedesse a Ratzinger contropartite religiose, tipo la difesa di quel poco che resta del Concilio Vaticano II o una certa libertà di ricerca teologica: ma i primi atti del nuovo pontefice si muovono in tutt’altra direzione. Dunque, o Ratzinger ha seguìto il diabolico consiglio di dare «lunga promessa con l’attender corto» oppure le ragioni di Martini sono altre. Benché una trama dantesco-machiavellica affascini come un romanzo alla Dan Brown, credo che le ragioni siano altre e cioè che Martini e i progressisti abbiano deciso di condividere le ragioni politiche dell’elezione di Ratzinger.
Quali sono? A mio parere Ratzinger ha davanti a sé come problemi politici la costruzione dell’Europa, che come Stato lo esclude, la concorrenza degli USA, che con i teocon lo spiazzano sul terreno dell’integrismo cristiano e la crescita vorticosa dell’Islam. E di fronte a tali problemi crede di dover costruire una risposta neotemporalista, proprio il contrario di quello che pensavano Giovanni XXIII e Paolo VI.
Ci sono prove di ciò che affermo? A mio parere sì e ora ne elencherò alcune. Naturalmente Benedetto XVI non pensa a un neotemporalismo territoriale, cioè alla riconquista militare dei territori ex Stato della Chiesa, anche se Calderoli gli consiglia esplicitamente una crociata armata antislamica: pensa a un neotemporalismo politico. Ad avere cioè la Repubblica Italiana come territorio politicamente a disposizione, a sostegno delle sue politiche e come area di espansione delle sue dottrine, per rimontare la secolarizzazione che si è espansa in tutti i Paesi europei di antica cristianità.
Ed ecco i primi esempi. Appena eletto Ratzinger va a Bari alla Settimana sociale dei cattolici, si porta le guardie svizzere e le piazza sul palco: non si tratta di un gesto folkloristico, le guardie fanno concorrenza anche ai corazzieri come coreografia, ma di ben altro, come nota anche il Corriere della Sera. Infatti, un capo di Stato non può portare sul suolo di un altro Stato nemmeno un soldatino. Se Bush viene in Italia o ci viene la regina d’Inghilterra, avranno i loro servizi segreti al seguito, ma pubblicamente nemmeno una divisa, perché il militare è un segno della sovranità statale e l’incolumità del capo di Stato in visita è affidata allo Stato ospite. Passano pochi giorni e Ratzinger visita Ciampi al Quirinale per lo scambio dei saluti. Ciampi lo riceve cordialmente e nel breve messaggio ricorda l’articolo della Costituzione in cui si parla di rapporti tra Stato e Chiesa cattolica e dice che quella è laicità. Rispondendo Ratzinger corregge: bisogna vedere qual è la “sana” laicità, un gesto di vera villania: mai un capo di Stato ospite corregge chi lo ospita e non si può davvero credere che Ratzinger ignori a tal punto le regole dell’etichetta. Si comporta come un padron di casa (il Quirinale era la reggia del papa-re prima del 1870) verso un inquilino moroso; si atteggia come se fosse il presidente designato della Repubblica Federale Italiana, secondo il progetto che fu di Gioberti e dei neoguelfi; oppure più semplicemente vuole affermare un’influenza di fatto sui fondamenti della Repubblica Italiana: ciò costituisce già una violazione del Concordato. Continuando le pratiche iniziate da Ruini come presidente della CEI, nel dare giudizi sulla costituzionalità di leggi italiane, ecc. A Ruini forse piacerebbe che la CEI fosse, come sarebbe in uno Stato islamista, la suprema regolatrice della legittimità legislativa: ma negli Stati laici tale regolatrice è la Corte costituzionale.
A questo punto a me suscita grande sospetto l’aggettivo “sana”, attribuito dal papa a una laicità da lui accettabile. Infatti, è tradizione della Chiesa di intervenire con aggettivi correttivi, quando non ha la forza o il potere di avere norme formali. Si chiama Tesi?ipotesi ed è nel Sillabo, che non è mai stato abrogato (la chiesa non abroga mai nulla, sarebbe come riconoscere di avere sbagliato). Argomenta dunque (dopo aver condannato il condannabile nella sua lunga e infelice lotta contro la modernità) che la libertà di stampa e di opinione è un grave errore, come l’evoluzionismo, come la democrazia, come l’eguaglianza, come l’autonomia della scienza, ecc. Se però i cattolici sono - in ipotesi - minoranza e non possono fare leggi contro, usino la libertà di stampa e di opinione per diventare maggioranza e poi legiferino (tesi) per ristabilire la “vera” libertà di stampa e di opinione, la “sana” laicità, la “verità scientifica” creazionista, la sessualità ammessa e “naturale”, la democrazia “cristiana”. Si tratta di atteggiamenti antistorici, ma ciò non significa che siano poco pericolosi.
Di fronte a scelte di questo tipo bisogna chiedersi perché il papa imbocchi una strada simile e venga appoggiato anche dalla parte progressista dei cardinali (non necessariamente dai credenti cattolici). Ho detto che teme il formarsi dell’Europa politica, la concorrenza degli USA e il crescere dell’Islam.
Vediamo partitamente tali argomenti. Lo Stato della città del Vaticano non può entrare nell’Unione, perché non è uno Stato democratico e inoltre è confessionale e teocratico. Anche la Turchia, per entrare dovrà non solo abolire la pena di morte e garantire i diritti civili, ma avere una costituzione laica. Così chi propone l’accesso di Israele deve chiedere che diventi uno Stato laico, come non è, non avendo costituzione e usando la Torah in sua vece. Il Vaticano ripiega sulla richiesta di introdurre nel Trattato costituzionale europeo la dizione delle “radici cristiane”: non passa anche perché si tratta di una pretesa senza alcun fondamento storiografico. L’Europa, infatti, è più antica del Cristianesimo e chiederle di mettere radici lì, invece che in Grecia (donde ricava tutto il linguaggio per l’appunto “politico”) e/o a Roma (donde prende il diritto) è davvero credere che siamo tutti ignoranti. La “soluzione” di Fini di aggiungere le radici ebraiche non cambia niente ed esclude l’Islam che ha nella storia europea un posto importante in Sicilia, Spagna e Balcani: come è evidente nessuno Stato confessionale può servire per una pacifica convivenza di varie culture e religioni; lo può uno Stato laico che appunto rispetta la libertà senza aggettivi. Il papa dovrebbe essersene accorto perché un altro dei suoi inciampi è stato quando ha ricevuto Talabani, il presidente iraqeno in visita in Italia: mi aspettavo che gli chiedesse conto dell’orribile violenza di Falluja e invece Ratzinger ha protestato perché nella Costituzione iraqena (che è islamista) non sono abbastanza riconosciuti i diritti della Chiesa cattolica, controprova che uno Stato confessionale non va mai bene per una qualsiasi altra confessione.
Nel suo disegno di acquisire potere politico in Italia, inoltre, occupa la TV pubblica più di Berlusconi e prende parola su tutto e spesso viene citato prima di Ciampi. Il massimo dell’invasione (ha una sua televisione e solo lui sa perché non si serve di quella, avendo già sulla TV italiana programmi religiosi domenicali) è stato quando, ricevendo in Vaticano un gruppo di bambini ceceni (ottima iniziativa di beneficenza) ha propinato loro in italiano una predica trasmessa dal Tg1 sul relativismo, penso interessantissima per i bambini ceceni e sua ossessione, dato che ogni cenno critico per lui è “relativismo” e “relativismo” è una parolaccia.
Quanto agli USA il dominio teocon comporta un vero fondamentalismo contro l’aborto (uccisi medici abortisti), lotta senza quartiere contro Darwin (non per nulla la Moratti che ha studiato negli USA ha cercato di introdurre la cosa anche nella scuola italiana), uso della guerra come strumento di civiltà e denuncia dei preti cattolici pedofili. Ma soprattutto l’Islam avanza pericolosamente e il papa accetta qualsiasi alleato, anche un ateo devoto, anche dei miscredenti assoggettati, anche dei bestemmiatori non pentiti, anche dei razzisti impuniti, mette tutto insieme e lancia la sfida sul terreno dei “valori”, naturalmente i “valori sani, eterni, assoluti”.
Motivi per chiedere conto delle violazioni del Concordato ce ne sono parecchi. Ma i politici italiani sono molto ignoranti di religione e spesso del tutto colonizzati dal cattolicesimo, endemico da noi. Eppure, chiedere conto delle violazioni, magari chiedere modifiche o denunce sarebbe il minimo: almeno il rispetto del testo pattuito (e magari anche del vangelo che fa obbligo alla chiesa di «Dare a Cesare quel che è di Cesare» e certamente le tasse sono di Cesare).
Non resta perciò che far loro capire che non si è disposti/e ad accettare qualsiasi cosa, interventi sulle leggi, proposte sulla 194, definizioni della sessualità “giusta”, un nuovo potere temporale. Basta: occorre riaprire simbolicamente la breccia di Porta Pia.