di Daniele Sabbi
Si parte da qui: una coppia convivente con un figlio. Poniamo, per assurdo, che l’uomo non solo non sia il padre naturale del bambino, ma che non abbia mai consumato con la sua donna. Messa incinta, peraltro, da non si sa bene chi. Questa donna, di nome Maria, dal secondo concilio di Costantinopoli è considerata Vergine nel concepimento, Vergine nel parto, Vergine madre, Vergine perpetua. Questo nonostante sia per molti assodato che Gesù avesse fratelli e sorelle: più volte, nei Vangeli, viene richiamato questo fatto. La Chiesa liquida l’argomento sostenendo che all’epoca venivano chiamati in questo modo anche i cugini, e magari i seguaci. Non è però così: i Vangeli utilizzano la parola adelfòs, cioè “figli dello stesso utero”. Alcuni dialoghi di Gesù, come riportato in Marco, Matteo e Luca, confermano questa ricostruzione. Ma allora la Verginità di Maria? Mi dica, Bagnasco, questo quadretto verrebbe oggi inserito nella ristretta cerchia dell’inamovibile “famiglia naturale”? Temo di no. La stirpe materializzata in quella stalla di Nazareth resta caotica.
Se quella famiglia non corrispondesse agli attuali canoni di “famiglia naturale”, diverrebbe immorale e inaccettabile al pari di tutti gli altri generi di convivenze attive nel mondo etichettate come non etiche dal Vaticano. Perché, allora, questa testarda ricerca della ricetta perfetta, dell’equilibrio intoccabile, per conseguire il pedigree della famiglia tradizionale quindi giusta, se la prima famiglia cattolica per eccellenza non ne comprendeva esattamente le caratteristiche? Mi si risponderà che si tratta solo di simboli, ma proprio su simboli e rituali (come le nozze) si basano le religioni.
Altro punto. Per essere una famiglia meritevole di lode è sufficiente il sigillo del matrimonio o serve una vita retta? Dobbiamo scoprire se si tratta di una questione di forma o di sostanza. Propendo per la prima. Al riparo del bollino ipocrita di famiglia tradizionale, quindi casta e pulita, si consumano da sempre le più grasse porcherie. Le botte alla moglie, ad esempio, erano considerate fino a pochi decenni fa una vigorosa e inviolabile dimostrazione di solida famiglia patriarcale. Bigami e puttanieri tornano pecore bianche, se accettano di stringersi nello schemino rassicurante della famiglia tradizionale: una maschera comoda, adattabile a ogni sconcezza. Sia chiaro, non si vuole generalizzare, ma dimostrare che i dogmi granitici della Chiesa non sono l’unico lasciapassare etico, specie se sul retro di questo nullaosta ognuno ci scrive le istruzioni che preferisce.
C’è chi erroneamente, in Italia e nel mondo, non si capacita della dose di ipocrisia dei preti pedofili, che di facciata si affannano a dare battaglia contro gli omosessuali, per poi approfittare dei bambini durante l’ora di catechismo. O ci si scandalizza quando la presentatrice tv di turno sventola un crocifisso tra le tette al vento, presentando qualche tripudio di indecenza come i reality, dove il teatrino ripugnante toglie ogni spazio a qualsiasi pretesa di moralità. A mio avviso non vi è incoerenza nel loro comportamento. Una facciata immacolata, irreprensibile, è costretta a soffocare gli impulsi insani nel retrobottega, in un angolino buio e impresentabile, da liberare in un luogo e in un tempo dove non vigono le leggi ultraterrene, o quantomeno dove esse sono sospese. Ciò che conta è lustrare l’etichetta edificante, farne un roboante sfoggio pubblico, siano i comizi in parrocchia, i monologhi in tv, i crocifissi tra le tette scoperte o sui muri delle carceri, o in ogni luogo dove la palpabile assenza di morale viene sepolta da un cenno virtuoso, da un rigurgito di cristianità, tanto più ferrea nelle regole quanto più fragile è il soggetto su cui si appoggia.
Ricordo quando la senatrice Binetti accusò d’immoralità una fiction che conteneva, tra le altre cose, una storia tra omosessuali, senza preoccuparsi delle vere sozzerie di cui è impregnata la tv. Il messaggio è che dovendo scegliere tra spettacoli sensibili, ma messi in scena da omosessuali, e spettacoli rozzi ed ebeti girati però da eterosessuali, il voto dei vertici cattolici va rumorosamente e pavlovianamente ai secondi. Rendendo esplicito che è il moralismo ciò che conta e non la moralità. Ecco perché la famiglia naturale è così tenacemente difesa dalla Chiesa: è uno degli ultimi baluardi, seppure inventato a tavolino, al riparo del quale si possono scrollare sia le fragilità sia le frustrazioni. Il relativismo fa paura ai bigotti non per questioni morali e filosofiche, ma meramente pratiche: non sanno che farsene della libertà, meglio il calduccio di una coperta di valori imposti dall’alto, di cui non ci si scomoda troppo a ricercare senso e motivo, dato che l’applicazione degli stessi dipende proprio dal rifiuto di contestare i dogmi che li formano. L’oppressione conseguente che una morale indifferente alla libertà esercita su chi non la pensa allo stesso modo non provoca loro nemmeno un prurito: c’è una Verità da portare avanti, poche chiacchiere.
Poco importa che una rigida famiglia naturale, di per sé, non esista. Non solo ogni razza animale ha i propri rituali istintivi, quindi naturali, ma addirittura ogni civiltà umana ha vissuto diverse rappresentazioni delle convivenze, dei gruppi d’appartenenza, di rapporti umani. Oggi basta sedersi un paio d’ore su un aereo per immergersi in società poligamiche, dov’è la monogamia ad essere considerata innaturale. Questo perché il nucleo famigliare è solo un micro-riflesso della società di riferimento: essendo questa in continuo rinnovamento, anche la famiglia è soggetta a cambiamenti. La famiglia riveste, in ogni società, un’istituzione sociale, ed è quindi una creazione dell’uomo. Questo vale soprattutto per il lato giuridico, dove è il legislatore, e non il Vangelo, a decidere quali garanzie e responsabilità offra il matrimonio e in quali forme questo possa concretizzarsi.
In altre parole, e credo che questa sia la chiave, il lato “naturale” della famiglia (così intesa) non sta nei commi conseguenti a un’istituzione socialmente condivisa e quindi autolegittimata, ma nel carattere riproduttivo biologicamente implicito nella coppia. L’aggettivo “naturale” si riferisce cioè alla capacità della coppia di concepire dei figli, ma non c’entra con la forma giuridica con la quale tale coppia si unisce.
Come sta oggi l’istituzione familiare? Trovo emblematica la mitica famiglia dei Simpson, che cerca in se stessa un rifugio dal cinismo contemporaneo, ma finisce per trovarlo nel proprio consumismo, nella deformazione dell’identità genitoriale, negli sfoghi dell’estenuata Marge, nell’alcool della Duff di Homer, nel teppismo di Bart e nel conformismo precario di Lisa. Questo squinternato gruppo simboleggia con efficacia non solo la famiglia americana, ma anche quella oltreoceano.
Saggi di sociologia dimostrano come la famiglia tradizionale risponda sempre meno efficacemente al mondo di oggi, diverso dai sistemi di produzione passati, nel quale l’attuale forma familiare è parsa come la più efficiente. Non perché oggi sia “sbagliata”, ma perché non può considerarsi immutabile. La percentuale in perenne crescita di separazioni e divorzi non può essere casuale.
A proposito: non è vero, come sostiene l’accusa, che i legami nati coi Pacs siano più fragili rispetto ai legami di matrimonio. In Francia, dove i Pacs sono nati nel 1999 (e hanno riscosso un vero successo negli ultimi due anni, specie tra gli etero), le statistiche dimostrano come, dopo quasi 8 anni, la percentuale di coppie unite da Pacs che si dividono è quasi identica a quella dei matrimoni che saltano. Numeri significativi alla luce del fatto che rompere un Pacs è molto più semplice che concludere un divorzio (in Francia è necessario un anno di tempo, proprio per questo molti etero scelgono le unioni civili), ma ciò non funge da minaccia per la riuscita della convivenza. Sembra ovvio, ma per il Vaticano non lo è: il divorzio dev’essere una via crucis, per scoraggiare chi intende separarsi, quindi a maggior ragione niente Dico.
In Italia alcuni consigli comunali hanno avanzato dei “certificati di famiglia anagrafica basati su vincoli affettivi”: sono Dico fatti in casa nati a Padova, ora attivi a Bologna, Bari e presto a Ravenna. Vedremo se Veltroni, neo-segretario del Partito Democratico, riuscirà a convincere il blocco di provenienza Dc del suo partito (sono la corrente più numerosa, composta da oltre un centinaio di parlamentari, tra cui Binetti, Franceschini, Santagata) dell’infondatezza dei pregiudizi cattolici. Auguri.
Nel frattempo, le autorità ecclesiastiche puntano ancora sul paradosso di definire “contro-natura” gli omosessuali, che seguono pulsioni istintive, quindi naturali, al pari degli eterosessuali, senza contare che nel mondo animale vi sono innumerevoli casi di specie che hanno sviluppato esemplari omosessuali. Il vero oltraggio alla natura dell’uomo è quello mosso dal Vaticano, che intende soffocare le scelte individuali sull’altare di un Pensiero Unico non condiviso. Così, dopo una vita insieme, tra letti, attimi, ricordi, complicità e dolori comuni, un convivente viene respinto dall’ospedale perché non imparentato con il ricoverato, o escluso dal funerale perché non in possesso del timbro indispensabile. Gli viene, in altre parole, cancellato il passato, e restituito in solitudine alla vita che gli resta. Se non è contro natura questo…
L’Autore
Daniele Sabbi ha 22 anni e frequenta la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università di Bologna. Iscritto all’UAAR da due anni, trova molto interessante la nostra rivista che definisce “di approfondimento (e contro-informazione)” e si dichiara davvero felice di poter collaborare con noi.