di Francesco D’Alpa
Nel 1996 usciva il Numero Zero dell’Ateo, rivista (almeno nei primi anni) dallo standard un poco «ottocentesco», come scriverà qualche anno dopo Romano Oss (3/2001), compiaciuto per il riferimento al «periodo più laico della nostra Nazione». Con questo suo inizialmente poco più che bollettino, l’UAAR intendeva dotarsi di «uno strumento essenziale per farsi conoscere e proporre a tutti gli interessati un tavolo di discussione con il fine di elaborare e concretizzare un modo laico di concepire la vita dell’uomo al di là della contaminazione delle concezioni teistiche» (R. Oss, 0/1996).
In poco più di dodici anni di vita, la rivista, partorita da un «aggregato assolutamente disomogeneo di idee, percorsi personali, concezioni politiche, ma cementato dal comune sentire ateo, agnostico, razionalista e sicuramente relativista», come ricordava ancora Romano Oss nel decennale del Numero Zero (6/2006) è divenuta un efficace collettore di idee e istanze.
Nell’attesa e nella speranza che le situazioni oggettive consentano di aumentarne la diffusione, la periodicità e la paginatura, nella riunione redazionale svoltasi a Firenze il 12 luglio 2008 è stata decisa un’indagine fra i soci UAAR, volta a conoscerne opinioni e proposte utili a migliorare la qualità e l’impatto della rivista e a renderla più vicina alle aspettative di un numero crescente di lettori.
Una prima informale sollecitazione di pareri si era già attuata in vista del Congresso di Firenze del 2001; ma le migliorie degli anni successivi sono state il frutto del solo lavoro redazione. Sul numero 6/2006 diversi interventi hanno fatto il punto sui primi dieci anni della rivista, ma con un prevalente carattere autocelebrativo.
Oggi appare opportuna invece una riflessione più articolata e che coinvolga un’ampia base dei lettori. Per tale motivo abbiamo già predisposto un questionario, ma sollecitiamo anche i lettori non informatizzati a farci conoscere le loro opinioni sulla rivista.
Le considerazioni che seguono vogliono essere un contributo all’avvio del dibattito.
Sin dal primo editoriale L’Ateo s’è imposto alcune regole: privilegiare lo scopo comune rispetto ai personalismi; ridiscutere continuamente l’impostazione; considerare la rivista uno strumento e non un fine; equilibrare le varie tendenze (bollettino; ricerca di adesioni; proposizione dell’idea atea).
Un importante problema pratico era stato evidenziato già nel numero zero e poi ripreso nell’editoriale del numero 1/1997, ovvero l’esigenza di bilanciare due precise ma opposte preferenze dei lettori, espressione di due anime chiaramente visibili all’interno dell’UAAR: una «marcata connotazione anticlericale» e, all’opposto, «il completo distacco, fino all’ignoranza, della presenza delle Chiese e del loro potere d’intervento sulla società civile». Per molti, se si vuole “uscire dalle catacombe” in difesa dei diritti dei singoli e della laicità in genere, è chiaro che la battaglia è principalmente culturale; occorre mediare fra informazione civile e controinformazione (o meglio protesta) sulla clericalizzazione della società.
Sullo stesso numero 1/1997 era esposto un secondo problema interno all’UAAR, ovvero la presenza di un certo contrasto fra le posizioni propriamente atee e quelle agnostiche, ricordate entrambe nel nome dell’associazione ma non in quello della rivista. Questo tema è tornato periodicamente alla ribalta, con una certa prevalenza nel tempo delle posizioni prettamente atee, percepite dai più come le uniche libere da compromessi e ingiustificate prudenze.
Nei primi anni dell’Ateo sembrava prioritaria l’esigenza di visibilità all’interno del mondo ateo e agnostico potenzialmente interessato all’UAAR, e ciò spiega in parte la presenza di rubriche quali «Associazioni d’area», «Osservatorio internazionale», «Vetrina delle riviste», presto cessate in parallelo con la formazione e il rafforzamento di una certa identità propria dell’UAAR e con la cresciuta e più tempestiva attività informativa su Internet. È invece cresciuto nel tempo lo spazio dedicato alle attività dei circoli e alle recensioni, sempre più tempestive e di qualità.
La presenza di articoli di autori stranieri, tradotti per l’occasione (vedi ad esempio i molti di Deschner), decisamente elevata nei primi anni (a dimostrazione anche di un insufficiente contributo redazionale) è calata progressivamente, divenendo nel tempo decisamente sporadica; contestualmente, la stragrande maggioranza dei testi pubblicati consiste oramai in contributi originali dei soci e della redazione, scritti esplicitamente per l’Ateo; buon segno di crescita quantitativa e qualitativa e d’indipendenza del movimento.
A partire circa dal 2000 la rivista ha assunto un profilo più deciso: i contributi affrontano tematiche più precise; gli slanci anticlericali lasciano spazio ad analisi più accurate e documentate.
Nel 2001, anche in relazione all’ampliamento della redazione, è nato il “nuovo” e attuale Ateo e, in occasione del Congresso di Firenze, constatate le positive ricadute sulla credibilità culturale dell’associazione e preso atto del notevole allargamento della base dei soci e lettori, è stato proposto il passaggio alla bimestralità (attuato poi nel 2003).
Quella che fino ad allora era stata almeno in parte una sterile crociata contro i mulini a vento ha così lasciato spazio a un attacco sistematico contro le basi culturali delle religioni e del confessionalismo. Con orgoglio, a nostro avviso, l’Ateo è divenuto valida tribuna di “pensiero laico”, un traguardo impegnativo cui la redazione (vedi 3/2000) non sperava di giungere. Ma soprattutto, come ben sottolinea Carlo Tamagnone (3/2001): «la plurivocità degli interventi non evidenzia contrasti ideologici inconciliabili e il mosaico delle voci mostra sia una netta convergenza d’intenti sia un dibattito culturale pacato e costruttivo».
A partire dal 3/2002 ogni fascicolo dell’Ateo raccoglie un variabile numero di articoli su di uno specifico tema, che così lo caratterizza, sottolineando in certi casi un’area specifica di impegno dell’UAAR. Si tratta di una scelta strategica vincente, che professionalizza il lavoro redazionale, superando la disorganicità e l’estemporaneità dei primi anni. In quest’ottica alcuni temi, come il Darwin Day, diventano ricorrenti, connotando fortemente l’UAAR. Attualmente la rivista ha una fisionomia ben definita e ci sembra abbastanza equilibrata nelle sue sezioni (parte tematica; interventi liberi; resoconti di attività; recensioni; lettere); inoltre ha anche acquisito alcune firme prestigiose estranee all’UAAR.
Ma ovviamente occorre guardare avanti e fare delle scelte ulteriormente migliorative. L’elemento di maggiore perplessità per la redazione è, in tal senso, lo spazio fin qui riservato ai circoli e alle iniziative locali. Per alcuni poco più di un bollettino “parrocchiale”, inutile e datato, che rischia una controproducente futura ipertrofia con l’aumentare dei circoli e delle iniziative locali.
La scelta redazionale sarebbe quella di spostare tale attività informativa sul Web (dove risulterebbe tempestiva, a costo zero e con grande disponibilità di spazi), che tuttavia non è accessibile ai molti lettori non informatizzati.
Negli anni la distribuzione della rivista è divenuta più accurata e i punti vendita sono aumentati; non altrettanto la visibilità, che va certamente accresciuta. Fuori discussione appare invece al momento il titolo, criticato da alcuni lettori (che provano disagio di fronte alle connotazioni negative comunemente attribuite all’aggettivo “ateo”) che ne hanno auspicato la sostituzione (così come più volte è stato criticato anche l’acronimo UAAR); riteniamo infatti ancora valide le ragioni all’origine di questa scelta (vedi la nota di Baldo Conti sul 3/2000).
Un tema esaminato sovente dal comitato di redazione è lo spazio da destinare ai contributi “spontanei” dei lettori, anche per prevenire un possibile scollamento fra rivista e soci. Purtroppo i contributi e le lettere in gran parte appaiono (per lo stile, il tono o i contenuti) inadatti alla pubblicazione, e forse manca un soddisfacente dibattito interno alla rivista: i commenti agli articoli pubblicati sono infatti sporadici, anche se le principali tematiche vengono riprese con una certa assiduità.
L’analisi che intendiamo compiere non sarebbe accurata se non ci sforzassimo di interrogarci sulle molte altre questioni emerse in questi anni. Ne citiamo alcune: se e come dare spazio a contributi dei non iscritti; quale spazio dare alle voci di dissenso interne all’UAAR; se appoggiare talune battaglie civili abbastanza politicizzate (omosessuali, pacifisti. etc…). Alcuni lettori hanno inoltre fornito suggerimenti sul genere di articoli da prediligere (sull’anticlericalismo; di argomento scientifico, filosofico, antireligioso o politico, ma anche letterario, musicale, satirico, economico, erotico, etc…) e sul loro linguaggio (grado di comprensibilità).
Non ultimo, secondo alcuni lettori, l’Ateo pecca talora di “intellettualismo dilettantesco”, ovvero in alcuni articoli viene usato a sproposito un linguaggio inutilmente tecnico (quando non addirittura autoreferenziale) piuttosto che divulgativo. Ma si può discutere anche su altro: periodicità della rivista, numero di pagine, veste editoriale; lunghezza, leggibilità, e pertinenza degli articoli; spazio concesso alla satira e alle vignette; utilità delle bibliografie ragionate e delle guide alla lettura.
Ci auguriamo dunque di ricevere in buon numero da voi lettori sollecitazioni e contribuiti che ci consentano di migliorare ulteriormente la qualità dell’Ateo. Vi invitiamo pertanto a compilare l’allegato questionario e a spedirlo alla casella di posta elettronica osservatorio@uaar.it.
Due esempi di valutazioni di segno opposto
«…mi permetto di esprimere il mio parere sulla strategia da adottare se si vuole veramente raggiungere risultati concreti nel nostro percorso di affrancamento dall’oscurantismo delle religioni e dal clero in Italia. Fino a quando non inizieremo a parlare alle masse non cambierà assolutamente nulla, nel gergo volgare della consulenza definiamo la cosa “fare le seghe alle mosche” (scusare la volgarità) … alcuni articoli de L’Ateo hanno citazioni dotte o sono chilometrici… viene usata una carta che ricorda le pergamene dei monaci certosini in un formato poco familiare e in una rivista che trovi solo per sbaglio nelle librerie … L’immagine che comunica la rivista è quella di una associazione di intellettuali, un circolo un po’ chiuso dove solo chi conosce i “paroloni” ha accesso, ma in fondo senza idee innovative o una forte e concreta spinta al cambiamento … invece dobbiamo sconfiggere le religioni parlando un linguaggio moderno, nuovo, giovane e brillante … Credo che il potenziale per lo sviluppo delle nostre idee sia elevatissimo e vi esorto a rivedere la vostra politica perché sono estremamente convinto che soltanto con una larga base di soci sostenitori si riesca ad ottenere un impatto significativo e quindi un tanto sperato cambiamento nella nostra società…»
«Caro L’Ateo, ti ho letto tutto e mi sei piaciuto. Ho pure letto le recensioni, per la prima volta nella mia vita, e ho sconfinato addirittura nelle lettere degli abbonati. La carta della rivista ingiallisce poco al sole, non si piega facilmente al vento, quindi si legge bene sdraiati sul terrazzo; non ci sono pubblicità di suonerie per cellulari e yogurt, il che la rende una rivista appetibile a prescindere dal contenuto. Certo lì per lì tutte quelle parole scritte piccole piccole senza fotografie a sedicimilionidicolori spaventano un po’ ma senza grossi sforzi e senza neppure aprire il mio dizionario di italiano del liceo ho capito tutti pensieri anche i più arzigogolati voli pindarici. Finalmente non ci sono mezze misure, si va dritti dritti fino in fondo, fustigando chi se lo merita con lucida sagacia. Aspetto il mio secondo numero»