di Marco Accorti
Il Papartito trasversale, costituito dalle lobby clericali di governo e d’opposizione, negli ultimi decenni ha via via tramutato in privilegî le continue ingerenze vaticane nel nostro quotidiano. Si è così assistito in campo sociale alla regressione verso il più clientelare vetero-assistenzialismo, in campo culturale alla catechizzazione della scuola pubblica, nel campo dei diritti alle censure e alle ingiurie contro chi non si chinava alle verità teocratiche. Nel contempo questa politica ha lentamente eroso le risorse economiche del Paese contribuendo a impoverire anche le finanze delle tanto magnificate famiglie italiane. In fin dei conti renderle più deboli e meno autonome economicamente vuol dire poterle in qualche modo controllare, gestire, ricattare.
Se l’8 e il 5x1000 prefigurano per il cittadino la parvenza di un’opzione - per quanto truffaldina - le esenzioni ICI, IVA, IRPEF, IRES1 sono gli esempi più noti fra i balzelli scaricati interamente sulle spalle dei contribuenti italiani per foraggiare le speculazioni di questo Stato straniero con lo scopo “pastorale” di gestire il controllo politico e sociale del Paese.
Fra le tante esazioni filoconcordatarie da tempo ce n’è anche una occulta e ignota ai più2 a cui però soggiace l’intera popolazione dispersa negli 8.101 Comuni italiani; deriva dall’edilizia dove ai problemi di appalti truccati, morti sul lavoro, speculazioni immobiliari, degrado ambientale si aggiunge quello delle confessioni religiose, Cattolica in testa, sempre pronte a far man bassa.
Questo balzello dal nome tecnico, di cui si era fatto accenno in un precedente articolo (L’Ateo 3/2006, p. 8), è incistato negli Oneri di Urbanizzazione (U), distinti in Oneri di Urbanizzazione Primaria (U1) e Secondaria (U2). Ogni volta che si mette mano a un mattone, che s’impasta il cemento, che si progetta un piano urbanistico scatta una legge che ne prevede l’obbligo di calcolo. Notate: di calcolo e non, come risulterà più avanti, di destinazione. Cosa sono?
Per farla breve, sono contributi dovuti ai Comuni a sostegno dell’urbanizzazione del territorio; gli U1 vengono usati per realizzare strade, parcheggi, fognature, illuminazione pubblica, verde pubblico, sistemi di distribuzione dell’acqua, dell’energia, del gas; gli U2 per realizzare scuole e asili, chiese, centri civici, parchi urbani, impianti sportivi, parcheggi pubblici. Il loro calcolo è complesso ed è rimandato a specifiche tabelle che ogni Regione aggiorna ogni 5 anni e in cui, a fronte di norme generali di comportamento, si lasciano ampi spazi di discrezionalità ai Comuni.
In realtà poi le cose non sono così semplici in quanto negli U non confluiscono solo gli U1 e U2, ma anche varie sanzioni pecuniarie, eventuali introiti da condoni e i cosiddetti “costi di costruzione”. Il globale degli U viene poi “depurato” del tutto o in quote percentuali di queste voci accessorie e sulla cifra finale viene calcolato ciò che verrà poi socializzato con modalità scelte dalle amministrazioni comunali.
A questo proposito merita rimarcare che l’importanza degli U per un bilancio comunale deriva dal fatto che generalmente rappresentano la principale entrata non tributaria o da servizi, per cui si può capire quanto condizionino la scelta delle politiche locali.
Ma se prima di cercare di capire come vengono destinati rispettivamente gli U1 e gli U2 proviamo a vedere a quanto assommano al di là di un singolo contesto locale, ci rendiamo conto che è una missione impossibile. La contabilità nazionale infatti non ne prevede lo scorporo a livello di contabilità regionale per cui il massimo che si può ottenere sono i dati relativi ai proventi per concessioni edilizie e sanzioni urbanistiche contenuti nei certificati consuntivi delle entrate dei Comuni, ovvero il loro importo complessivo per Comune. Inoltre, per le ragioni sopra riportate, si comprende la difficoltà di individuare un modello di riferimento nazionale inequivocabile, tanto più che gli importi sono ogni anno suscettibili di notevoli variazioni.
L’aver limitato l’attenzione alla Toscana e a Firenze è dovuto al fatto che la Regione ha fornito i consuntivi in suo possesso3 e l’ufficio competente del Comune4, oltre a garantire la trasparenza mettendo in rete le relative delibere, si rende disponibile alle richieste di chiarimento dei cittadini. Grazie alla collaborazione di queste istituzioni è stato così possibile raccogliere almeno dati coerenti, cosa che al momento non è avvenuto in altri contesti.
Il bilancio consuntivo 2004 della Regione Toscana registra l’importo degli oneri relativo a ognuno dei 287 Comuni (codice 370) e il globale regionale, ma non i valori separati di U1 ed U2, né delle quote accessorie. Per quantificarli separatamente sarebbe indispensabile prendere visione delle singole delibere di ogni Comune, cosa praticamente irrealizzabile per una Regione, figurarsi a livello nazionale. Dunque un buco nero della trasparenza o forse un intrigo oscuro.
Poiché non risulta che l’argomento sia mai stato sufficientemente spiegato da esperti in materia, si è cercato di arrivare a una valutazione non certo con l’intento di quantificare l’importo effettivo, cosa di per sé probabilmente impossibile e ancor più per un cittadino qualunque, quanto per individuare l’ambito finanziario in cui si situano gli U2 stanziati per Chiese e altri edifici per servizi religiosi e per Centri civici, sociali, attrezzature culturali e sanitarie, ambiti di nostro interesse.
Ci siamo quindi basati sulle delibere del Comune di Firenze5 da cui si apprende che dal 2000, a queste due voci, vanno rispettivamente il 9% e l’8% degli U2 incrementati del 34,2% delle somme introitate per sanzioni pecuniarie, del 40% dell’importo determinato dai proventi degli oneri concessorî per sanatoria abusi edilizi e, per il 2004, dagli introiti dal condono. Già quest’ineguale spartizione, 9% alle “Chiese” e l’8% ai “Centri civici”, ha destato perplessità ma non meraviglia dal momento che siamo abituati ad artifizî ben più clamorosi. Basta ricordare che meno del 40% dei contribuenti italiani destinano l’8x1000 alla Chiesa Cattolica e Apostolica Romana, ma questa assorbe oltre l’87% dell’intero importo. C’è però da evidenziare che questa differenziazione, inizialmente prevista anche per il 2005, è stata cancellata con delibera del maggio 20076 equiparando le quote all’8,5% e per il futuro al 9%.
Dalle delibere di cui sopra, relative agli anni 2003-2005, si ricava per questo capitolo un contributo annuale alle “Chiese” oscillante dai 340 ai 490 mila euro; cifre che, fino all’ultimo anno, risultano sempre superiori a quanto destinato ai Centri civici.
Non essendo i 490 mila euro devoluti per il 2005 alle confessioni una cifra da poco, è venuta la curiosità di avere almeno un’idea della dimensione regionale del dato. A questo scopo si sono assunte le percentuali rispetto al totale degli U relative a Firenze quali valori indicativi da applicare al totale degli U accertati7 per l’intera Regione Toscana.
La scelta è chiaramente arbitraria ma anche meno azzardata di quanto possa apparire a prima vista; infatti non si deve dimenticare che negli ultimi anni, mentre le grandi città hanno quasi praticamente esaurito gli spazi edificabili, parte della popolazione se n’è allontanata incrementando l’edificabilità dei Comuni suburbani; inoltre s’è avuto grande sviluppo nell’ambito delle seconde case normalmente situate in zone ancor più periferiche. Come se non bastasse, la recente tendenza al cambio di destinazione d’uso degli annessi agricoli e delle serre a scopo abitativo contribuisce a evidenziare quanto Comuni apparentemente marginali siano interessati oggi da un’intensa edificazione.
Una controprova della ragionevolezza di questa scelta deriva dalla relazione fra il numero di abitanti e gli U accertati per ogni singolo comune della Toscana da cui deriva una media di circa 120 € pro capite contro i 38 di Firenze. Dunque il risultato derivato dal criterio percentuale adottato sembra offrire una maggiore attendibilità perché appare maggiormente conservativo.
Dal calcolo si ottengono importi che fanno riflettere e, tanto per dare un’idea della consistenza di questa cifra oscillante fra gli 8 e i 14 milioni di euro annualmente incamerati nel triennio dalle “Chiese” in Toscana, si fa notare che la Regione registra fra le uscite del bilancio 2004 importi analoghi per voci di notevole importanza sociale come l’edilizia residenziale e fra le funzioni quelle relative alla giustizia, alla polizia locale o al turismo.
Come si vede, quest’importo potrebbe andare a mitigare quella tanto lamentata carenza di sicurezza o a lenire l’inefficienza operativa del sistema giudiziario ma, opportunamente investito nel turismo, principale attività della Regione, potrebbe anche garantire un sicuro ritorno sia in termini economici che di occupazione8.
Insomma non sarà un Superenalotto stramiliardario ma, se usato con intelligenza ed equità, potrebbe tornare a beneficio di tutti i cittadini senza disperdersi a pioggia per restaurare la facciata, mettere il riscaldamento o rifare il tetto a esclusivo vantaggio di qualche confessione. In fin dei conti dovrebbe essere proprio questo un principio di laicità veramente “sana”.
Fra l’altro non è l’unico flusso di denaro che scorre più o meno sotterraneo verso la Chiesa cattolica, la confessione che più delle altre fa man bassa delle prebende pubbliche; infatti, oltre gli innumerevoli rivoli “caritatevoli” che scorrono fra le pieghe di bilancio, il Comune di Firenze si occupa del mantenimento di alcune chiese cittadine (in alcune delle quali si paga per entrare) e altro denaro dei contribuenti arriva dal FEC (Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno) che, come si legge dal sito, «è il maggior proprietario di chiese e beni artistici dopo lo Stato, [con] il compito di assicurare, attraverso una puntuale gestione del patrimonio, la manutenzione di immobili di tal genere che richiedono continui e consistenti interventi». Inoltre, ce ne fossimo dimenticati, ci sono anche il famigerato 8x1000 e l’ambiguo 5x1000.
Ma per tornare agli U2 devoluti alle “Chiese”, a quanto potrebbe ammontare per l’Italia questo lascito alle confessioni? In mancanza d’altre informazioni non rimane che proiettare il dato toscano a livello nazionale, ovvero moltiplicarlo per 16,24 [rapporto fra gli abitanti della Toscana e la popolazione italiana; dati ISTAT al 31/12/2004] con il risultato di ricadere in un esborso annuale dai 130 ai 230 milioni di euro nel triennio comunque consistente anche se accettassimo a livello nazionale un errore, improbabile come vedremo, del 50%.
Questa nuova estrapolazione farà sicuramente arricciare il naso a qualcuno, ma anche in questo caso è meno aleatoria di quanto possa apparire a prima vista. Anzi, forse è ancor più ragionevole in quanto la Toscana, esempio di equilibrato conservatorismo di stampo cattocomunista, controbilancia ampiamente quel diffuso accattonaggio clericale che caratterizza la maggior parte delle politiche regionali dove ormai la laicità è veramente ridotta a stracci.
Anche in questo caso è stata testata la relazione fra il numero di abitanti di alcuni Comuni italiani e l’esborso pro capite in questo caso a favore delle “Chiese” ed è nuovamente risultata di tipo inverso9. Anche in questo caso non si è però adottato questo criterio per le proiezioni, data l’esiguità delle verifiche effettuabili e la grande variabilità dei comportamenti degli 8.101 Comuni italiani. Fra l’altro si sono ottenute cifre notevolmente superiori rispetto al criterio privilegiato (fino a 400 milioni di euro, dunque più di quanto la CCAR avrebbe ottenuto con l’8x1000 senza fruire delle scelte non espresse). Ma l’intento non era tanto di accreditare una “verità” eclatante, quanto di individuare nel modo più prudenziale possibile la dimensione dell’impegno finanziario. E la cifra compresa fra i 130 e i 230 milioni di euro basta e avanza per destare clamore.
Ma gli scherzi da prete non sono finiti qui. Infatti se si va a vedere chi c’è fra i beneficiati fiorentini dei “Centri civici, etc.”, salta agli occhi che quelli confessionali incamerano regolarmente oltre il 50% dell’intero importo disponibile. E tutto fa pensare che nel resto del nostro Paese le cose non vadano in modo molto diverso.
Si noti che qui non si fa distinzione sulla “qualità” di offerta. Le Misericordie, rigidamente confessionali, offrono un servizio realmente utile, ma è singolare che analoghe confraternite laiche non meno benemerite (Humanitas, Fratellanza militare) non “aspirino” mai a uguali aiuti. Analogamente si registra la ripetuta presenza nel tempo di alcuni “Centri” confessionali evidenziando la mancanza di un adeguato turn over fra i beneficiati.
Se poi si considera la cifra a disposizione dei “Centri” laici, ci si accorge che le “Chiese” e le loro emanazioni confessionali assorbono dal 69% all’84% del disponibile e, in alcuni casi, come nel 2004, addirittura 4 centri confessionali da soli intascano una cifra superiore agli 11 laici. Inoltre basta un minimo d’indagine per scoprire il rilevante numero di contratti e convenzioni stipulati sempre con i soliti beneficiati. Va bene che le vie del Signore sono infinite, ma…
Proseguendo questa disamina e proiettando analoghe percentuali a livello nazionale si ricade in un ambito monetario a favore delle confessioni di consistenza veramente notevole (dai 200 ai 350 milioni di euro). Cifre degne di essere computate in una finanziaria.
Merita ribadire che qui non si mette in discussione il sistema di assistenza sociale delegato al volontariato, argomento meritevole di un capitolo a sé, quanto il fatto che le confessioni ottengono finanziamenti arraffando con entrambe le mani: quella della dottrina con le parrocchie e gli istituti, e quella secolare con le associazioni di cui sono emanazione. Cosa questa che non avviene invece in ambito laico a cui non si riconosce il corrispondente ruolo ideologico, ma solo la presenza sul territorio. Dunque due pesi e due misure.
In realtà talune forme di finanziamento sarebbero ampiamente giustificate per la ricaduta sociale indipendentemente dal beneficiato: se mancano gli asili nido è fondamentale che, se finanziamenti devono o possono essere elargiti, siano impiegati almeno in questo ambito; in questa logica le prebende alle “Chiese” non sono più discutibili di quelle a molti centri “laici” che ricevono ugualmente finanziamenti per situazioni che si autofinanziano con ristoranti, bingo, tombole, liscio e lap dance10.
Ma perché mai questi conteggi “forzati” apparentemente persecutorî nei confronti degli aderenti alle confessioni e alla cattolica in particolare? In fin dei conti è la legge che lo vuole. Invece le cose non stanno proprio così; caso mai, almeno in Toscana, è in nome di Dio che i suoi ministri rivendicano anche quello che è di Cesare.
Infatti la legge non obbliga a niente, ma lascia facoltà: «Il Consiglio Regionale individua con apposito atto le opere di urbanizzazione secondaria per le quali i Comuni possono concedere un contributo ai soggetti realizzatori. Contestualmente il Consiglio determina altresì i criteri generali per l’erogazione del contributo»11.
Inoltre il TAR della Toscana12, chiamato in causa dalla diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro che esigeva i contributi di cui stiamo parlando negatigli dal comune di Civitella in Val di Chiana (finalmente!), riconosce «l’autonomia finanziaria dei Comuni» e ribadisce che «il finanziamento dell’edilizia di culto è da ricomprendersi nel sistema finanziario di cui all’art. 47 della legge n. 222/1985 che stabilisce la somministrazione per tutte le esigenze di culto della quota dell’8 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche come risultante dalle dichiarazioni annuali dei contribuenti».
Dunque una gabella illecita prima ancora che “a discrezione”. Un pizzo che parte dei Comuni paga per abitudine o per ignoranza, la maggior parte per connivenza o piaggeria nei confronti del Vaticano, lo Stato detentore dei più strani record in terra straniera. Quanto all’edilizia non rimane certo indietro a nessuno dal momento che è ritenuto il maggior palazzinaro presente sul suolo italiano, indicato addirittura come possessore del 20-22%13 del patrimonio immobiliare privato nazionale.
In realtà è difficile andare a vedere dove vadano a frugare i mille tentacoli vaticani, ma per rimanere sempre in Toscana adesso la locale CEI (CET) s’è buttata su un piano casa regionale che prevede un’intesa con la Regione da cui ottenere finanziamenti per 9 milioni di euro a fondo perduto per costruire su proprî terreni o per ristrutturare alloggi di sua proprietà. In cambio s’impegna a immettere sul mercato dell’affitto a prezzo calmierato queste case costruite o restaurate con i soldi di tutti noi14. Sarà proprio tutto così trasparente?
Si parla di un accordo che rimanda la definizione delle graduatorie dei potenziali affittuari a un’intesa fra la CET e i vari Comuni coinvolti basata solo sul criterio del reddito. Sembra dunque che il battesimo non farà punteggio e che anche una coppia di fatto (eterosessuale?) avrà i titoli per essere ammessa. Vedremo.
Una cosa però lascia perplessi. Proprio in coincidenza di questo accordo è stato annunciato un bando per l’affitto a Firenze di case a prezzi calmierati per 20.000 alloggi15, un’enormità se si pensa che rappresentano il 12% dell’attuale patrimonio abitativo della città. Che senso ha allora finanziare la CET che, nel migliore dei casi, potrà offrire appena 200 alloggi? E qui si torna a pensare male ovvero ai miracoli di San Mattone e alla sua predicazione con «parole un tempo bandite come ristrutturare, razionalizzare, mettere a reddito. Con il cambio di mentalità sono arrivate anche le sanatorie, i cambi di destinazione d’uso, gli sfratti e le cause con enti e inquilini»13. Insomma, non sarà anche questa un’operazione immobiliare in piena regola col recupero di edifici magari cadenti e di terreni su cui la CET non avrebbe mai potuto altrimenti edificare?
Ricordate quel giochetto che si fa ai bambini per far loro indovinare in quale mano è nascosta la chicca? Si mette il premio in una mano in modo che vedano bene dov’è e ruotando i pugni chiusi gli si domanda: «Mano mano rota, qual è piena e qual è vuota?». Chi vuole abusare della loro credulità si distingue perché prima si passa le mani dietro la schiena per cambiare di posto alla chicca in modo da falsare il gioco e ingannare la buona fede dei minus habens.
Be’, gli oneri di urbanizzazione forse la CET li pagherà, magari con i finanziamenti a fondo perduto. Però con una mano sola, perché con l’altra se li riprenderà! Alle nostre spalle.
Post scriptum. Con questa indagine, condotta grazie alla collaborazione di Luigi Feruglio, Roberto Grèndene e Giovanni Mainetto, si è inteso aprire una finestra su un aspetto poco noto dandone una dimensione di tipo per lo più qualitativo. L’obiettivo è di stimolare i lettori a cercare di approfondire la conoscenza delle realtà in cui vivono e di raggranellare quante più informazioni possibili sulle prebende alle confessioni allo scopo di costituire una banca dati in cui raccogliere anche gli altri innumerevoli privilegî concessi. Forse non riusciremo mai ad avere un quadro completo degli 8.101 comuni, ma perché non provarci?
Scrivete a oneri@uaar.it: siamo a disposizione per accogliere le segnalazioni su ogni possibile privilegio economico concesso alle confessioni, ovviamente con un occhio di riguardo per la CCAR. E per favore, che i dati siano sempre documentati, perché chi dice le bugie… va all’inferno!
Note
- Gli enti confessionali, oltre a non pagare tasse sui proventi delle elemosine e donazioni (IRPEF), godono di altri privilegî che permettono la concorrenza sleale nei confronti delle altre attività commerciali. Infatti non solo godono dell’esenzione da l’ICI e IVA su terreni e fabbricati, ma pagano anche il 50% dell’IRES e dell’IRPEF (rispettivamente Imposta sul reddito delle società e delle persone fisiche).
- Gli oneri di urbanizzazione sono stati istituiti con la legge 847/1964; successivamente la 865/1971 con l’art. 44 vi fece rientrare fra i beneficiari «chiese e altri edifici per servizi religiosi» accanto ai già previsti «centri civici e sociali - attrezzature culturali e sanitarie».
- Dir Gen. Bilancio e Finanze, settore Sistema della Finanza Locale.
- Dir. urbanistica, Servizio edilizia privata.
- Delibera n. 2007/C/00025.
- Delibere 2004/G/00776, 2006/G/00070, 2007/C/00025.
- Si è presa come base di calcolo la cifra degli “accertamenti” e non quella delle “competenze riscosse”, in quanto l’anno successivo il “residuo” si rende generalmente disponibile per la spesa.
- Si parla tanto, non a torto, dei costi della politica. Ebbene, se il governatore della Toscana Martini azzerasse i consigli di amministrazione di tutti i 104 enti più o meno utili foraggiati dalla Regione, delle 20 comunità montane, delle 6 autorità dell’acqua e delle 10 dei rifiuti, risparmierebbe poco più di 5,5 milioni di euro, molto meno di quanto incamerato dalle “Chiese” (Massimo Vanni, La Repubblica, Cronaca di Firenze», 25/5/2007).
- I dati esaminati sono stati reperiti fra le prime 100 opzioni offerte da Google (maggio 2007) in una ricerca impostata con “enti di culto” e “oneri di urbanizzazione”. Nei Comuni con più di 100.000 abitanti (43 su 1.801) vanno mediamente agli “enti di culto” meno di 2 € pro capite, mentre negli altri importi generalmente superiori: nel comune di Scarlino (GR), con appena 3.136 abitanti, addirittura più di 22 € pro capite e non è certo l’unico piccolo centro che mostra simile “generosità”.
- In realtà, almeno il Comune di Firenze, in tempi di bilancio sempre più magro, con la delibera n. 2007/C/00025 ha cercato di finalizzare meglio gli stanziamenti inserendo fra le priorità anche «le strutture destinate a ospitare servizi educativi per la prima infanzia».
- Art. 120, comma 4 L.R. n. 1/2005.
- Sentenza n. 4082 del 4/10/2004.
- Sandro Orlando. «San Mattone» da Il Mondo, 11/5/2007.
- Comunicato stampa Agenzia di informazione - G.R.T. (20/6/2007): Più case ad affitto calmierato: accordo Regione-Conferenza episcopale.
- Comunicato stampa Comune di Firenze (20/6/2007), Bando 20.000 alloggi in affitto.