L’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti ricorda Piergiorgio Welby e le sue ultime battaglie: battaglie combattute sul suo corpo per difendere la dignità della vita umana e il diritto dei malati gravi a scegliere l’eutanasia.
La morte di Piergiorgio Welby non ci ha colti inattesa. Dopo tre mesi di richieste ai giudici e di pronunciamenti contrari, ma soprattutto dopo anni di sofferenze vissute vegetando nel suo letto attaccato a un respiratore artificiale, Welby ha finalmente ottenuto il rispetto delle sue volontà.
«Io amo la vita, presidente» – aveva detto rivolgendosi al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – «Non sono né un malinconico né un maniaco depresso e morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita, è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche».
Nel corso di questi tre mesi, dalla prima richiesta di Welby di ottenere l’eutanasia, la magistratura chiamata a intervenire sul tema ha rigettato la sua istanza, denunciando l’esistenza di un vuoto normativo che non è stato ancora colmato. E proprio ieri il Consiglio superiore di sanità ha dichiarato che Welby non era in imminente pericolo di vita e che quindi le terapie di supporto somministrategli non potevano configurarsi come accanimento terapeutico. Per noi, accanimento terapeutico sono tutti i provvedimenti medici che un malato in piena coscienza rifiuta, indipendentemente dalla definizione di provvedimento ordinario o straordinario che i giudici decideranno di dare.
Mentre Welby soffriva nel suo letto senza cedere di un passo nella sua battaglia di dignità, in Svizzera, in Belgio, in Olanda, altri malati terminali nelle stesse condizioni ottenevano di poter scegliere se continuare a vivere con l’ausilio della tecnologia medica, o se morire.
Per chi, come noi, si rifiuta di pensare alla sofferenza e al dolore come a un dono o a una strada necessaria per la conquista di un posto in Paradiso, il diritto a scegliere l’eutanasia è un diritto civile ineludibile. Per questo ringraziamo ancora Piergiorgio Welby: la sua battaglia non finisce qui.