Non hai battezzato tuo figlio? Convivi serenamente e non hai intenzione di sposarti? E, soprattutto, hai chiesto di ritirare il tuo nome dai registri dei battezzati? Attento: il tuo parroco potrebbe arrabbiarsi molto e decidere di non darti pace. È quello che denunciano gli atei italiani allo sportello S.O.S. Laicità, aperto sul sito dell’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) e contattato in questi ultimi mesi da diverse centinaia di visitatori.
C’è chi si è visto recapitare convocazioni perentorie in diocesi, chi ha dovuto sopportare telefonate su telefonate, chi ha dovuto fornire imbarazzate spiegazioni ai familiari precedentemente informati, in modo ovviamente tendenzioso, dal parroco. E c’è anche chi è stato minacciato di vedere il proprio nome e quello dei familiari esposti “al pubblico ludibrio” sulle porte della Chiesa del paese. Minaccia giunta peraltro al termine di una lunga sequela di intimidazioni.
«Per questo siamo stati costretti a modificare il modulo per la richiesta di sbattezzo» – spiega Giorgio Villella, segretario nazionale dell’UAAR – «aggiungendo una clausola in cui si precisa che se il parroco comunica ad altri di aver ricevuto la richiesta di cancellazione degli effetti civili del battesimo commette un illecito». L’ondata di segnalazioni, in particolare, arriva all’indomani della diffusione sul notiziario di gennaio della Conferenza episcopale italiana di un parere di un Pontificio Consiglio (e approvato da Benedetto XVI), secondo il quale nel ricevere l’atto di separazione dalla Chiesa cattolica «è sempre auspicabile il contatto personale con il fedele». Ma il Garante della privacy si è già pronunciato in merito nel 2003, dichiarando che questo contatto non è affatto dovuto.