Hanno ragione Ferrara e Bagnasco: la legge 194 non è intoccabile e, anzi, andrebbe corretta. Ma solo per aggiornarla. Gli atei italiani, ribadendo il loro pieno disaccordo a ogni politica proibizionista sull’aborto, invitano a un dibattito sereno per rivedere i termini della legge 194: «è una legge di trent’anni fa» – ricorda Raffaele Carcano, segretario dell’UAAR – «e non si può non tenere conto che da allora sono cambiate diverse cose».
Quando la legge fu scritta, prosegue Carcano, non esisteva la pillola abortiva RU 486 e non esistevano alternative all’intervento chirurgico. E poi non si poneva in modo drammatico il problema delle donne immigrate, spesso prive di un’informazione e di un sostegno adeguato. L’UAAR chiede che si tenga conto di tutto questo e chiede anche che si abolisca l’obiezione di coscienza per i medici che rifiutano: «l’obiezione aveva un senso nel 1978 per garantire i medici cattolici che erano in ruolo al momento dell’introduzione della legge» – precisa Adele Orioli, responsabile delle iniziative giuridiche dell’UAAR – «Ma oggi è assurda quanto la protezione di un pacifista che volesse essere assunto dall’Esercito». Senza contare che, dove abbondano gli obiettori, gli ospedali hanno difficoltà ad assicurare il servizio.
L’UAAR chiede altresì la piena attuazione del «diritto alla procreazione cosciente e responsabile», riconosciuto dalla legge, per cui occorre garantire la presenza capillare di consultori pubblici sul territorio italiano, assicurando un accesso sicuro alle giovanissime e alle donne straniere. Infine, chiede di rafforzare la prevenzione: «le politiche governative a favore della contraccezione sono insufficienti» - conclude Carcano - «e le ripetute segnalazioni di ospedali e farmacie che rifiutano la somministrazione della pillola del giorno dopo, senza che il ministero intervenga in alcun modo, sono indegne di un Paese civile».