di Craig Venter
Grazie per la gentile presentazione. È un grande onore tenere la conferenza Dimbleby 2007 sapendo di essere solo il terzo americano, e uno dei pochissimi scienziati, tra gli autori delle 32 conferenze Dimbleby.
Ho voluto usare come titolo Un mondo governato dal DNA perché credo che il futuro della nostra società sia affidato almeno in parte alla nostra comprensione della biologia e della molecola della vita, il DNA. Ogni era è definita dalle sue tecnologie. Il secolo scorso può essere chiamato l’età nucleare, e io propongo che il secolo che abbiamo davanti sarà caratterizzato in modo fondamentale dai progressi in biologia e nel mio campo della genomica, che è lo studio della costituzione genetica completa di una specie.
Il nostro pianeta si trova di fronte a problemi quasi insormontabili, ai quali i governi da soli non possono rimediare. Per sopravvivere ci occorre una società scientificamente colta e capace di accettare il cambiamento, perché solo se avremo compiuto progressi scientifici e tecnologici molto importanti saremo in grado di fornire i fondamentali della vita, acqua alloggio ed energia, a una popolazione umana in espansione.
In questa conferenza sosterrò che il futuro della vita dipende non soltanto dalla nostra capacità di capire e di usare il DNA, ma forse anche dalla creazione di nuove forme di vita sintetiche, cioè di una vita che non è forgiata dall’evoluzione darwiniana ma creata dall’intelligenza dell’uomo.
Qualcuno potrà risultare turbato da queste parole, ma parte del problema che si crea con il progresso scientifico è la paura dell’ignoto, una paura che spesso porta al rifiuto.
La scienza è una materia che può spingere gli uomini a non usare il proprio cervello. Io trovo che essa ha mancato di stimolare più persone per due ragioni almeno: viene spesso insegnata male, come semplice apprendimento meccanico di fatti e dati a memoria, ed è in antitesi con il nostro modo sostanzialmente viscerale di vivere e interagire con il mondo.
Da giovane studente sono stato spesso scoraggiato dalla memorizzazione forzata di fatti dall’apparenza banale che costituivano ostacoli, mi sembrava, alla vera comprensione. Per esempio, quando Darwin visitò le Galapagos durante il suo epico viaggio poté vedere con i suoi occhi i cormorani non volanti, le tartarughe giganti e le iguana che nuotavano e si tuffavano. Partendo da quell’esperienza sensoriale poté in seguito mettere le cose viste alle Galapagos in relazione con le altre sue osservazioni e sviluppare un nuovo contesto per la comprensione della vita proponendo la teoria dell’evoluzione.
Quando Galileo sviluppò il telescopio, le meraviglie del cielo furono veramente illuminate per l’uomo dall’aumento di capacità del nostro sistema visivo. Gli scienziati hanno continuato ad estendere la nostra visione fino a scorgere galassie che a occhio nudo non sono neppure deboli stelle nel cielo. I microscopi ci hanno aiutato a vedere più a fondo dentro al mondo della biologia, prima cellule e poi molecole, tutti progressi che ci hanno portato ben oltre le nostre capacità fisiologiche.
La capacità di vedere, udire, annusare, gustare e toccare il mondo che abbiamo attorno è il risultato di meravigliosi sviluppi evoluzionistici sui quali basiamo la nostra vita quotidiana. Noi riusciamo a riconoscere e reagire a minute differenze facciali nell’aspetto di 6,5 miliardi di noi sulla terra, ma anche a minuti cambiamenti d’espressione facciale, indicanti meraviglia, piacere, timore, amore ed odio. Consacriamo una parte importante della moderna esistenza umana e dell’economia al nostro amore di stimoli visivi e uditivi.
In aggiunta agli ovvi organi di senso abbiamo altre capacità di cui per lo più non siamo neppure consapevoli, ma che influiscono sulla nostra vita minuto per minuto. Per esempio, mentre non riusciamo a vedere, gustare o tastare l’anidride carbonica, siamo straordinariamente sensibili a cambiamenti minuscoli nella concentrazione di CO2 nel nostro corpo. È l’anidride carbonica e non l’ossigeno a controllare il nostro respiro.
Ma nel suo avanzare la scienza è andata molto oltre il mondo immediatamente sensibile. Ora il nostro è un mondo riempito di materia oscura nello spazio, di raggi x, raggi gamma, luce ultravioletta, geni, cromosomi e batteri che vivono dentro e attorno a noi in quantità sbalorditive. Non possiamo distinguerli direttamente, ma di tutti loro percepiamo le conseguenze. Ora siamo anche bombardati da informazioni su guerre, azioni terroristiche, cambiamenti climatici e riscaldamento globale, tempeste catastrofiche, penuria di carburanti, infezioni emergenti, pandemie d’influenza, HIV, cellule staminali, clonazioni d’animali, piante modificate geneticamente, e adesso la possibilità di forme di vita sintetiche, il tutto mentre cerchiamo di cavarcela in mezzo alle complessità della vita quotidiana. Allora non è molto sorprendente che vi sia una rinascita globale di fondamentalismo, un desiderio di ritornare a un tempo che sembrava meno complicato, un tempo nel quale l’andamento della nostra vita sembrava determinato dai nostri sensi primari e da alcune semplici regole.
Ma io credo che questa visione sia nello stesso tempo semplicistica e pericolosa perché elude i problemi che abbiamo bisogno di affrontare.
Il nostro pianeta è in crisi, e dobbiamo mobilitare tutte le nostre forze per salvarlo . Una soluzione per sopravvivere può essere la costruzione di una società scientificamente colta.
Se abbiamo la maggior parte dei sensi in comune con il resto del mondo animale, a noi appartiene un risultato evoluzionistico unico ed esaltante: il cervello. Ci fornisce la capacità di pensare, di ragionare, di predire e valutare il futuro. Ci mette in grado di fare delle domande e ci offre la straordinaria opportunità di prendere in mano il governo della nostra stessa evoluzione attraverso la costruzione di complessi strumenti che estendono le capacità umane milioni di volte al di là di quanto accadrebbe anche con un altro miliardo di anni di evoluzione.
Per iniziare il processo di cambiamento dobbiamo partire dai nostri bambini insegnando loro, invece che ad imparare a memoria, a esplorare, lanciare sfide e risolvere problemi per cercare di capire il mondo che li circonda e in modo particolare il mondo che non possono “vedere” o percepire direttamente. Forse possiamo partire anche da un cambiamento nel modo di insegnare le scienze nelle nostre scuole.
Molti studi continuano a riferire fatti preoccupanti sullo stato dell’insegnamento di scienza e matematica sia negli Stati Uniti sia nel Regno Unito. Una recente ricerca ha messo a confronto i punteggi ottenuti in matematica e scienze da dodicenni e tredicenni in ogni stato americano con le controparti nel mondo sviluppato e in quello in via di sviluppo. Se qualche risultato è stato positivo, cioè il fatto che sia gli USA sia l’Inghilterra stanno andando meglio che negli anni precedenti, però la ricerca ha mostrato che, in confronto con paesi come Singapore, Taiwan, il Giappone e la Cina, anche i migliori Stati americani e l’Inghilterra restano indietro. La buona notizia per voi inglesi, tuttavia, è che avete superato gli Stati Uniti nel punteggio relativo alle scienze. Ciò può essere parzialmente dovuto al fatto che la metà di tutti i cittadini americani credono che gli umani siano esistiti contemporaneamente ai dinosauri, o a quel 25 % che non sa che la terra gira attorno al sole e al 58 % che non sa calcolare una mancia del 10% sul conto di un ristorante. Con le conoscenze di base in uno stato così basso, come possiamo pensare di sopravvivere alle complessità sempre crescenti della vita moderna?
Questa mancanza di conoscenze è solo una parte del problema. Negli Stati Uniti, solo il 16% dei titoli di studio superiori alla scuola secondaria sono in matematica, scienze o ingegneria contro il 52% della Cina. E purtroppo i numeri per il Regno Unito non sono molto diversi. Se la scienza e l’ingegneria non sono delle priorità nazionali e globali, come possiamo aspettarci di affrontare le complessità che ci attendono e/o di competere con nazioni che invece le scienze le sanno valutare?
Allora, che possiamo far per cambiare questa situazione? Una soluzione potrebbe consistere in nuovi metodi d’insegnamento che mirassero a risvegliare negli studenti l’entusiasmo della scoperta.
Io non ho avuto entusiasmi per la scienza fino a dopo la chiamata alle armi durante la guerra del Vietnam, quando fui assegnato al reparto medico. Fu solo allora, nel caos della guerra, che appresi sulla mia pelle che la conoscenza aveva reali conseguenze di vita e di morte. Se dopo il servizio militare in Vietnam cercai una carriera di scienziato, vorrei però che quell’interesse per la scienza fosse stato stimolato molto prima. Oggi è risaputo che per motivare verso la scienza gli studenti, e in particolare le ragazze, dobbiamo catturare presto la loro attenzione.
All’Istituto Venter abbiamo sviluppato un laboratorio mobile di genomica per portare la scienza della genomica a studenti di 12 e 13 anni in modo da metterli di fronte al modo scientifico di risolvere problemi e alle stimolazioni della scienza. Abbiamo cominciato con la semplice idea di attrezzare a laboratorio di ricerca un grande autobus e poi, lavorando con le scuole, abbiamo sviluppato dei moduli di apprendimento presentati da insegnanti molto entusiasti e manualmente concreti. I risultati sono stati travolgenti. Mentre molti all’inizio erano scettici perché il progetto era nuovo e diverso dai piani classici di lezione, ora abbiamo una lista d’attesa di partecipanti e riceviamo continuamente telefonate ed email da genitori e insegnanti che chiedono che il bus vada alla loro scuola.
Io penso che il progetto abbia successo perché in ogni schema di lezione trasmettiamo la meraviglia della scoperta e della soluzione di problemi. Per esempio, una lezione riguarda la condotta di un’investigazione sulla scena di un delitto, attraverso l’analisi del DNA proprio come accade in una famosa trasmissione TV, chiamata CSI. Se io avessi potuto vedere la scienza come parte del mondo reale avrei recepito la mia istruzione scientifica in modo molto migliore e il mio interesse per la scienza sarebbe stato più forte sin da molto tempo prima.
Ci sono anche delle scuole di scienza “intensive”, che provano dei metodi alternativi. Una di esse, in Virginia, insegna agli studenti ad essere più simili agli scienziati, a usare un apprendimento basato sulla ricerca e li incoraggia a fare esperimenti progettati da loro stessi piuttosto che gli antichi esperimenti dei libri di testo e le lezioni poggianti sull’apprendimento a memoria. Quegli studenti stanno imparando quello che io ho imparato da solo facendo ricerca da studente universitario avanzato: che non esiste gioia intellettuale più grande che porre domande apparentemente semplici sulla vita, poi progettare un esperimento per trovare risposte e svelare una scoperta che ancora ignoravamo. Ci occorrono generazioni di bambini ben aderenti alla realtà e che apprendano come filosofia per la vita intera a prendere decisioni basate sull’evidenza dei fatti. L’insegnamento della scienza come metodo per decidere basandosi sull’evidenza dei fatti può avere impatti profondi sul ritmo delle scoperte e invenzioni future. Il semplice fatto di chiedere quali sono le prove dietro ogni assunto rappresenta un contrasto notevole con l’approccio alla vita basato solo sulla fede.
Sostenere quest’alfabetizzazione scientifica è d’importanza cruciale, perché siamo di fronte, sia noi sia il pianeta, a problemi che possono essere risolti solo attraverso il progresso scientifico.
Ci sono quelli cui piace credere che il futuro della vita sulla terra continuerà come in passato, ma purtroppo al mondo naturale attorno a noi non imposta affatto quello che noi crediamo. Ma confidando di poter usare le nostre conoscenze per cambiare in qualcosa la nostra situazione potremo avere una forte influenza sull’ambiente in cui viviamo.
Un problema forse più grande ancora di quello dell’alfabetizzazione scientifica è il fatto che quasi ogni aspetto della società moderna è impostato per risolvere i problemi solo dopo che si sono presentati invece di concentrarsi sulla prevenzione. Abbiamo reazioni viscerali di fronte a tragedie, guerre, alluvioni, malattie e carestie perché vediamo i problemi e vediamo il bisogno di correggerli. Un approccio molto più difficile per le varie società è l’uso delle capacità intellettuali per capire la possibilità di prevenire le guerre non invadendo paesi ma usando la diplomazia, o di riparare le infrastrutture prima del crollo di ponti e dighe,o di prevenire le malattie cambiando la dieta.
La medicina e la cura della salute sono campi che hanno un bisogno disperato di andare verso una filosofia preventiva. Dobbiamo capire che costa molto meno, e con migliori risultati di vita, prevenire le malattie piuttosto che curarle dopo che hanno colpito.
Il costo della sanità è una delle spese che crescono più rapidamente. Nel 2005 la spesa sanitaria totale è cresciuta negli USA del 6,9 per cento, il doppio del tasso d’inflazione. La spesa totale, sbalorditiva, è stata di duemila miliardi di dollari. Nei prossimi dieci anni ci si aspetta una crescita di livello simile fino a quattromila miliardi nel 2015. Questo rappresenta il 20 per cento del PIL. Ma non pare che tutti questi soldi garantiscano una sanità del livello più alto. Nel 2000 l’organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato il sistema sanitario americano come n. 1 per la spesa ma solo 72.mo per la sanita. Per contro il Regno Unito è risultato 26.mo per la spesa e 24.mo per la sanità.
Se gettiamo un’occhiata all’onere di costi di una sola malattia, il diabete, le cifre sono strabilianti. Il diabete è una malattia che, se curata male, produce complicazioni gravi come affezioni cardiache, ictus, cecità, insufficienza renale e malattie nervose.
Secondo i Centri Americani per il Controllo delle Malattie il costo totale del diabete per la società USA è di 132 miliardi di dollari l’anno. Il costo sanitario annuale medio di una persona che ha il diabete è oltre cinque volte quello di chi non l’ha. Nel Regno Unito si stima che il 9% del bilancio annuale del Servizio Sanitario Nazionale, ossia oltre 5,2 milioni di sterline, vada speso per cure al diabete. Molti studi hanno mostrato che semplici misure preventive come una dieta più sana o del moderato esercizio fisico come il camminare possono creare fortissime riduzioni nella comparsa del diabete ed eliminare o ridurre grandemente il sopravvenire di complicazioni.
La medicina preventiva è l’unica via che vedo per ridurre in futuro il costo della sanità, a parte un’inaccettabile politica di rifiuto di curare. Una delle chiavi per la medicina preventiva sarà una conoscenza dei nostri rischi genetici di malattie future assieme a una migliore conoscenza delle influenze dell’ambiente sulla malattia.
Proprio tre mesi fa, in Settembre, abbiamo pubblicato la prima sequenza completa del genoma umano, che ora è disponibile per tutti sull’Internet. Il genoma umano comprende tutte le informazioni genetiche che ereditiamo da entrambi i genitori sotto forma di 46 cromosomi, 23 da ogni genitore. I cromosomi, a loro volta, sono delle lunghe catene di DNA composte da quattro diverse lettere chimiche note semplicemente come A, T, C e G. Il nostro genoma ne possiede sei miliardi. Quello che abbiamo pubblicato conteneva entrambi i gruppi di cromosomi di ognuno dei miei genitori. Dico i miei genitori perché il genoma sequenziato e pubblicato è stato proprio il mio personale.
Ho scelto di decodificare il mio DNA a causa del complesso dibattito sulle visioni deterministiche dei processi genetici e a causa dei timori, espressi da molti, sulla rivelazione di tutti i propri segreti genetici. Come leader in questo campo, ho voluto mostrare che non dobbiamo aver paura delle nostre informazioni genetiche. Il nostro codice genetico non è deterministico e ci fornirà molto poche risposte nette del tipo sì o no. Ci fornirà, invece, delle probabilità su esiti futuri, e noi alla fine riusciremo a influire su di esse. Mi è sembrato moto migliore usare il mio stesso genoma, piuttosto che convincere altre persone che non c’erano problemi.
Uno dei risultati più entusiasmanti del nostro studio è il fatto che due esseri umani qualsiasi possiedono genomi differenti per l’ 1-2 per cento, non lo 0,1 come pensavamo quando abbiamo sequenziato i primi tratti di genoma umano all’inizio del decennio. È un dato che trovo molto confortante perché mostra che siamo tutti molto più individualistici di quanto si pensasse. Una delle domande chiave che mi vengono poste spesso è che cosa ho appreso dal mio genoma e se ci sono informazioni sulla cui base posso intervenire e fare qualcosa.
Ecco alcuni esempi di ciò che ho trovato. Come molte persone, in presenza di condizioni di aria inquinata da smog io ho bisogno di usare un inalatore. La genetica contribuisce a questa suscettibilità e la ricerca ha messo in luce una certa famiglia di enzimi che contribuiscono a de-tossificare ogni cosa, dai carcinogeni ai farmaci. Esiste un gene associato alla capacità di degradare tossine ambientali; ma circa la metà della popolazione caucasica non lo possiede. Nel mio genoma ne ho trovata una sola copia ricevuta da un genitore e nessuna dall’altro, il che è forse la ragione per cui sono più suscettibile alle tossine ambientali.
Come sovrappiù deprimente, questa deficienza genetica, dato il ruolo de-tossificante, mi rende più vulnerabile ad alcuni carcinogeni chimici, e vi è un’associazione con i tumori polmonari e colorettali.
Attraverso il mio genoma ho anche preso coscienza di geni che confermano il mio più elevato rischio di malattie cardiache. La causa più comune di malattie cardiache è l’aterosclerosi, in cui il calcio, assieme a grassi e a colesterolo, si raccoglie nei vasi sanguigni e forma delle placche che possono dar origine a infarti o a ictus. Un gene chiamato APO E è responsabile di regolare il livello di alcuni grassi nel sangue. Alcune sue varianti sono state collegate a malattie cardiache e anche al morbo di Alzheimer. Entrambe queste eventualità possono essere nel mio destino. Fortunatamente, leggendo il mio genoma ho un’opportunità di contrastare la genetica introducendo dei cambiamenti nella dieta e nell’esercizio fisico. Come parte del mio protocollo medico preventivi prendo anche una statina, farmaco che abbassa i grassi. Le statine hanno mostrato anche qualche accenno di prevenzione verso il morbo di Alzheimer.
Centinaia di altri geni sono collegati a malattie cardiache, dall’infarto all’alta pressione al restringimento dei vasi. Il mio genoma comprende versioni ad alto rischio di alcuni geni e a basso rischio di altri, ma ci vorrà del tempo prima che arriviamo a decifrare le vie complicate attraverso cui interagiscono gli uni con gli altri e arriviamo a predire un vero profilo di rischio.
Comunque, una variante genetica che probabilmente abbassa il mio rischio d’infarto è associata alla capacità del mio corpo di metabolizzare rapidamente la caffeina. Io bevo molte tazze di caffè al giorno ma fortunatamente possiedo la versione del gene che le metabolizza rapidamente. Alcuni geni diventano dannosi solo in combinazione con certi stili di vita – bere caffè, tè o altre bevande contenenti caffeina. Alcuni individui hanno una mutazione che rallenta il metabolismo della caffeina e di conseguenza un più alto rischio d’infarto bevendo tè o caffè. Uno studio su circa 4.000 persone ha mostrato che il rischio d’infarto aumenta del 64 per cento con quattro o più tazze di caffè al giorno in confronto a pazienti che ne devono meno di una al giorno. Tuttavia il rischio corrispondente era di meno dell’1 per cento per gli individui che, come me, avevano due copie della versione del gene a metabolizzazione rapida. Queste differenze genetiche possono spiegare perché molti studi sull’associazione tra rischio d’infarto e consumo di caffeina sono risultati inconcludenti, perché non siamo geneticamente identici e non reagiamo tutti nello stesso modo.
Questa era solo una piccola manciata d’illustrazioni del tipo d’informazioni che ci sarà disponibile nel prossimo futuro.
Al mio istituto stiamo ora lavorando su larga scala, sequenziando il genoma di 10.000 persone. Così ci procureremo una banca dati massiccia e potente, particolarmente se collegata a registrazioni cliniche e ad esiti di vita. Giunti a quello stadio, avremo una visione molto più chiara della base genetica dell’umanità.
Ritengo che siano necessarie nuove leggi per impedire che il codice genetico di un individuo venga usato come base per discriminazioni nell’istruzione, nel lavoro o nell’accesso a cure mediche. Il codice genetico ci fornirà probabilità di rischio di malattie e la capacità di capire i fattori ambientali collegati alla genetica. Saranno capaci i governi, le industrie e le compagnie d’assicurazione di pagare i minori costi anticipati per prevenire le malattie? O resteremo legati al sistema corrente, di curare solo ciò che si vede?
Essendo ottimista, io credo che alla fine riusciremo a risolvere il problema della sanità. Ma il problema fondamentale che il pianeta ha davanti, quello del cambiamento climatico, è molto più grave. In pratica, se non decidiamo di prenderlo di petto, quella della sanità sarà l’ultima delle nostre preoccupazioni.
Si è molto dibattuto sul cambiamento climatico forse perché non riusciamo a vedere l’anidride carbonica quando espiriamo o quando bruciamo olio e carbone per riscaldarci la casa o usiamo il petrolio per far correre le automobili o volare gli aerei. Abbiamo però degli strumenti scientifici che riescono a misurare accuratamente ciò che noi umani produciamo e la crescente quantità di carbonio che immettiamo nell’ambiente.
Il dato è inconfutabile: le concentrazioni di anidride carbonica nella nostra atmosfera sono in continuo aumento come risultato dell’attività umana fin da quando sono iniziate le prime misurazioni. Sappiamo che ogni anno viene aggiunta alla nostra atmosfera, e vi rimane, una quantità di carbonio dell’ordine di 4,1 miliardi di tonnellate. Sappiamo che l’uso di combustibili fossili e la deforestazione contribuiscono in modo preminente all’aumento di anidride carbonica nella nostra atmosfera. Sappiamo che aumentare le concentrazioni di CO2 ha lo stesso effetto delle pareti e dei soffitti di vetro in una serra. Lasciano penetrare facilmente l’energia del sole ma ne limitano l’uscita, da cui il termine gas serra.
Studi diretti e altri attraverso modelli hanno confermato l’associazione tra l’aumento di concentrazione di CO2 e il cambiamento della temperatura globale media negli ultimi 120 anni. Tra il 1906 e il 2005 la temperatura globale media è cresciuta di 0,74 gradi centigradi. Può non sembrare moltissimo, ma può avere effetti profondi sulla forza dei temporali e sulla sopravvivenza di alcune specie, incluse le barriere di corallo.
Undici degli ultimi dodici anni si classificano tra i più caldi a partire dal 1850. Mentre nessuno conosce con certezza le conseguenze di questo riscaldamento continuo e incontrollato, qualcuno ha sostenuto che potrebbe causare cambiamenti catastrofici, come il disgregarsi della Corrente del Golfo che tiene il Regno Unito fuori dall’era glaciale o anche la possibilità che il ghiacciaio della Groenlandia scivoli dentro l’Atlantico. Che questi cambiamenti capitino o meno, stiamo comunque conducendo un esperimento pericoloso con il pianeta. E dobbiamo fermarlo.
Il mondo sviluppato, con gli USA, l’Inghilterra e l’Europa, sta contribuendo in misura sproporzionata alla quantità carbonio nell’ambiente, ma il mondo in via di sviluppo gli si sta avvicinando velocemente. Con l’aumento della popolazione mondiale da 6,5 a 9 miliardi di persone nei prossimo 45 anni e con paesi come la Cina e l’India che continuano l’industrializzazione, secondo alcune stime aggiungeremo all’atmosfera più di 20 miliardi di tonnellate di carbonio all’anno. L’emissione continua di gas serra ai tassi presenti o maggiori causerebbe ulteriore riscaldamento e produrrebbe sul clima globale molti cambiamenti che potrebbero essere più estremi di quelli osservati finora. Ciò vuol dire che possiamo aspettarci altri cambiamenti climatici, altro sciogliersi di calotte di ghiaccio, altro aumento del livello dei mari, oceani più caldi e di conseguenza maggiori tempeste e più carestie e alluvioni, cose tutte che comprometteranno la produzione di cibo e acqua potabile.
L’aumento di popolazione assieme ai cambiamenti climatici danneggerà ogni aspetto della nostra vita. In un mondo che già fatica a soddisfare la domanda, saremo in grado di fornire l’essenziale di cibo, acqua pulita, alloggio e combustibile per tutti quei nuovi cittadini della terra? E riusciranno i governi a fronteggiare l’emergere di infezioni, maltempo, incendi e conflitti globali?
Ma allora, esiste un modo di evitare che queste apocalittiche visioni del futuro diventino reali? Molti hanno sostenuto che dobbiamo semplicemente conservare, alterando e facendo regredire il nostro tenore di vita e bloccando l’industrializzazione dei paesi in via di sviluppo. A mio avviso questo è un modo di pensare estremamente ingenuo. Inoltre, anche i più ottimistici modelli di cambiamento climatico mostrano un pianeta terra che continuerà ad essere oggetto di fortissime alterazioni anche se noi accettiamo tutte le opzioni alternative come l’energia eolica e solare e le automobili elettriche. L’intera economia mondiale e la capacità della società moderna di soddisfare i suoi bisogni vitali essenziali dipendono da quella stessa industrializzazione che contribuisce alla nostra possibile rovina.
Eppure, è triste constatarlo, solo in piccolissima misura le riflessioni, i progetti o le proiezioni sui problemi del carbonio e del cambiamento climatico hanno tenuto conto delle capacità della scienza moderna di produrre ciò di cui da molto tempo abbiamo bisogno per aiutarci a superare quelle minacce globali.
A me sembra chiaro che ci occorre più abbondanza di punti di vista e più creatività nelle soluzioni. Ci occorrono idee nuove e dirompenti e nuove tecnologie per risolvere quei problemi critici e globali. È proprio qui, mi pare, che entrano la biologia e la genomica.
La Wikipedia definisce tecnologia dirompente o innovazione dirompente come “un’innovazione tecnologica, o un prodotto o servizio che finisce per sopraffare la tecnologia attualmente dominante o i prodotti dello status quo del mercato.” Esempi ben conosciuti di innovazioni dirompenti possono essere: i telefoni che rimpiazzano i telegrafi, i cellulari che rimpiazzano le linee terrestri, le automobili al posto dei carri con cavalli e la fotografia digitale al posto di quella con pellicola. Noi abbiamo chiaramente bisogno di una moltitudine di invenzioni dirompenti per cambiare il nostro approccio all’energia e alle sfide che ci attendono.
Creare nuove tecnologie è un’attività con la quale la mia squadra ed io siamo piuttosto familiari. Quando nel 1998 siamo entrati nella gara per sequenziale il genoma umano lo abbiamo fattto con una tecnica completamente nuova e relativamente intentata prima. Sono stato chiamato in molti modi: audace, arrogante, ribelle, e cane sciolto, ma l’aggettivo più lusinghiero sarebbe stato dirompente. Erano in pochi a pensare che il nostro metodo poteva funzionare e noi dimostrammo che avevano ragione. Ed entro due anni la prima versione del genoma umano fu messa sotto gli occhi di tutti.
Da allora i progressi in quel campo si sono susseguiti al di là di ogni aspettativa. Attraverso la biologia studiamo ogni area della nostra vita, dalle cure mediche alle fonti rinnovabili di combustibile. Plastica, tappeti, vestiti, medicine e olio per motori, sono tutte cose che possiamo creare con organismi biologici e in modo ambientalmente sostenibile.
L’argomento dei pedanti sulle invenzioni future è: come possiamo contare su nuove tecnologie che ancora non esistono? Si può guardare al passato e non vedere cambiamenti per il futuro, o si può estrapolare in avanti in modo lineare. Tuttavia vi sono alcuni campi nei quali è possibile ed affidabile fare predizioni e contare su un cambiamento esponenziale. Per esempio, Gordon Moore, uno dei fondatori del colosso dei microchip Intel, ha predetto che la densità dei transistor nei circuiti integrati sarebbe raddoppiata ogni due anni; questa predizione divenne nota come la Legge di Moore. Questa regola generica di cambiamento esponenziale è stata ora applicata all’industria elettronica in generale e particolarmente alla memoria dei computer e alle fotocamere digitali. Ne esiste un’altra versione, chiamata la Legge della Fotonica di Butter. Essa predice che la trasmissione di dati su fibre ottiche raddoppierà ogni nove mesi, e di conseguenza il costo della trasmissione di dati diminuisce della metà ogni nove mesi. I risultati di queste previsioni li vediamo nei computer sempre più veloci, più piccoli e meno costosi e nella trasmissione più veloce di dati, il che è probabilmente una buona cosa dato che le macchine fotografiche digitali con piccole memorie hanno una capacità maggiore dei computers che erano sul mercato solo una decina di anni fa.
Questo tipo di crescita esponenziale è quello che si è verificato con la popolazione umana. Ci sono voluti quasi 100.000 anni perché raggiungesse il miliardo di persone sulla terra nel 1804. Nel 1960 la popolazione mondiale ha superato i 3 miliardi e oggi è facile che passeremo da 6,5 a 9 miliardi nei prossimi 45 anni. Io sono nato nel 1946 quando sul pianeta eravamo solo in 2,4 miliardi; oggi ci sono quasi tre persone per ognuna di allora e presto ce ne saranno quattro.
Se quelle predizioni di crescita esponenziale si sono avverate per l’industria elettronica e per la popolazione, non è possibile che lo stesso sia possibile per cambiare l’istruzione, la medicina, sostituire l’industria petrolchimica e salvare l’ambiente?
Una simile crescita esponenziale è visibile nella genomica, parola che neppure esisteva prima degli anni 1980. Se le prime scoperte sono arrivate lentamente, si sono poi susseguite a ritmo sempre crescente. Per esempio, nel 1955 Fred Sanger a Cambridge ha determinato la sequenza della proteina insulina. Fu la prima proteina della storia ad essere sequenziata. Ventinove anni dopo, nel 1976 e 1977 sono stati decodificati i primi due genomi virali. Tuttavia, passarono altri 18 anni prima che nel 1995 la mia squadra usasse tecniche dirompenti per decodificare il primo genoma di un organismo vivente, Haemophilus Influenzae, un batterio che causa infezioni alle orecchie e meningiti nei bambini. Questo genoma ha un codice genetico di 1,8 milioni di lettere, cioè 300 volte la dimensione dei primi genomi virali.
Armati di questo nuovo metodo, solo 5 anni dopo abbiamo moltiplicato per 100 la scala di quanto facevamo, determinando il primo genoma di insetto, il moscerino della frutta, che aveva un codice genetico di 180 milioni di lettere. L’anno dopo abbiamo fatto seguito con il genoma umano aploide contenente 3 miliardi di coppie di basi, equivalenti a 600.000 genomi virali e oltre 1.600 genomi batteriali.
Perciò durante un breve periodo di tempo i progetti genomici che dieci anni fa richiedevano parecchi anni ora si fanno nel giro di giorni. Entro 5 anni sarà una banalità ottenere la sequenza del proprio genoma. Una cosa che solo dieci anni fa richiese miliardi di sterline e fu considerata un successo monumentale. La nostra capacità di leggere il codice genetico sta cambiando ancora più rapidamente dei cambiamenti predetti dalla legge di Moore.
L’uso della genomica ha anche accelerato rapidamente la scoperta di nuove specie. All’inizio di quest’anno con la spedizione Sorcerer II del mio istituto, che includeva una circumnavigazione a vela del mio yacht Sorcerer II di 95 piedi, abbiamo applicato i mezzi messi a punto per il genoma umano usandoli per decodificare il DNA degli oceani del pianeta. Abbiamo pubblicato un singolo articolo scientifico con la descrizione di più di sei milioni di nuovi geni. Questo solo studio ha più che raddoppiato il numero di geni conosciuti dalla comunità scientifica e il numero probabilmente raddoppierà di nuovo durante il prossimo anno.
Ora stiamo usando metodi simili per identificare i microbi che vivono al nostro interno. Abbiamo identificato più microbi nel nostro intestino che i 100.000 miliardi di cellule umane che abbiamo nel corpo. Abbiamo catalogato anche le decine di migliaia di microbi e virus che si trovano nell’aria che respiriamo.
Questi moderni strumenti della genomica e del sequenziamento del DNA ci stanno rapidamente rivelando l’incredibile mondo dei microbi in mezzo ai quali noi esistiamo e che esistono al nostro interno.
I giovani studenti di scienze possono oggi fare più scoperte in un anno di quante ne potessero fare in dieci anni i maggiori istituti o paesi solo poco tempo fa.
Allora, qual è il valore di queste scoperte? La risposta è che i valori sono molti, ma uno dei più importanti è una migliore conoscenza della vita e della sua evoluzione sulla terra. E che cosa possiamo fare di tutte queste informazioni che arrivano a velocità esponenziale? Possiamo usare quei milioni di geni e organismi che vengono scoperti per dirci come l’ambiente sta cambiando in conseguenza delle attività umane.
Ma soprattutto io credo che i migliori esempi di tecnologia dirompente capaci di cambiare il nostro futuro siano nei nuovi campi della biologia sintetica, della genomica sintetica e dell’ingegneria del metabolismo. Questi campi possono cambiare il nostro modo di pensare alla vita mostrando che possiamo usare dei sistemi viventi per aumentare le nostre possibilità di sopravvivenza come specie. In poche parole: queste aree di ricerca ci permetteranno di creare nuovi combustibili per sostituire petrolio e carbone.
Immaginate gli scienziati di un futuro vicino seduti al computer a progettare il cromosoma di un organismo nuovo, un organismo che magari produca biologicamente del combustibile come l’ottano o i combustibili per i diesel o i jet, perfino l’idrogeno interamente dallo zucchero o dalla luce solare con il carbonio preso dall’anidride carbonica.
Immaginate che dopo aver progettato il nuovo cromosoma il computer abbia ordinato a un robot di costruire chimicamente un tratto di DNA che codifichi tutte quelle informazioni, e che il nuovo cromosoma una volta costruito sia inserito in una cellula batterica dove viene attivato facendo sì che la cellula diventi della specie progettata dallo scienziato. E ora immaginate quella nuova specie in un bioreattore, intenta a costruire milioni di copie di se stessa, con ogni copia che produce un nuovo carburante ottenendolo solo da fonti rinnovabili. Sembra fantascienza, vero? Ma non a me, perché io credo che questo sia il futuro.
Negli ultimi 15 anni abbiamo digitalizzato la biologia a ritmo sempre più veloce. Con questo intendo il passaggio dal mondo analogico della biologia, attraverso il sequenziamento del DNA, al mondo digitale del computer. L’esempio migliore di digitalizzazione della biologia è forse il genoma umano. Le banche dati dei nostri computer oggi crescono ogni giorno più che durante i primi dieci anni di sequenziamento del genoma. E stanno riempiendosi in modo ancora più veloce con i risultati del nostro progetto di sequenziamento globale dell’oceano. Ne deriva che ora abbiamo oltre 10 milioni di geni nelle banche dati pubbliche, la maggior parte dei quali sono stati forniti dalle mie squadre.
Sia noi sia altri stiamo lavorando da parecchi anni alla capacità di passare dalla lettura del codice genetico all’apprendimento di come fare per scriverlo. Oggi è possibile progettare al computer e poi realizzare chimicamente in laboratorio delle molecole di DNA molto grandi. Qualche mese fa abbiamo pubblicato sulla rivista Science uno studio scientifico in cui abbiamo descritto la capacità di prendere un cromosoma da un batterio e inserirlo nella cellula di un altro batterio. Il risultato è stato sorprendente; il nuovo DNA aggiunto da noi ha completamente cambiato la specie da quella originale alla specie definita dal DNA aggiunto. La cosa si potrebbe descrivere come il massimo del furto d’identità.
Ancora una volta, queste cose potrebbero sembrare fantascienza, ma in realtà io penso che si tratti di un meccanismo chiave dell’evoluzione, il quale potrebbe essere in larga misura responsabile della vasta gamma di diversità che vediamo. Invece di un’evoluzione dovuta soltanto a mutazioni casuali sopravvissute alla pressione selettiva, vediamo che aggiungendo cromosomi, o scambiandoli tra specie, migliaia di cambiamenti possono avvenire in un istante.
Ora possono avvenire non per casualità fortuita ma dietro progetto e selezione deliberati dall’uomo. Il pensiero e il progetto umani stanno ora prendendo il posto dell’evoluzione darwiniana.
Uno degli aspetti unici e più significativi della nostra ricerca sulla genomica sintetica, spesso trascurato dai notiziari dei media, è la lunga storia, a partire dall’inizio di questo lavoro e che continua ancora oggi, della sorveglianza etica. Come negli ultimi 30 anni di biologia molecolare, gli organismi progettati non possono sopravvivere fuori dal laboratorio e sono sottoposti a chiusure rigorose. E mentre non vogliamo che gli studenti facciano questi lavori nei loro scantinati, questo nuovo campo è stimolante e risveglia un nuovo interesse verso gli studi biologici.
In questo momento si stanno già usando dei batteri fortemente modificati per creare additivi alimentari e prodotti dell’industria chimica. La DuPont ha uno stabilimento nello stato americano del Tennessee con quattro grandissimi silos nei quali dei batteri costruiti metabolicamente vengono usati per trasformare lo zucchero in un nuovo polimero, il propanediolo, che è la componente principale dei loro tessuti e tappeti resistenti alle macchie. Numerosi gruppi, compresi i miei, stanno modificando batteri per ottenere i biocombustibili di nuova generazione. La mia squadra, per esempio, ha un nuovo combustibile chimico ottenuto partendo dallo zucchero che ha il potenziale di diventare uno dei primi combustibili verdi per motori a reazione.
Ma non sempre dobbiamo modificare batteri o progettarne di nuovi. Attraverso l’evoluzione darwiniana sono accadute sulla terra delle cose sorprendenti, nel senso che il metabolismo unico di quelle potenti centrali che sono i microbi è spesso in grado di fornirci esattamente ciò che ci occorre. Per esempio, al mio istituto abbiamo una squadra, diretta da Ken Nealson, che ha ottenuto cellule di combustibile usando batteri che si trovano un natura. Sono organismi che riescono a trattare i rifiuti umani e animali producendone elettricità o acqua pulita.
Nella mia azienda Synthetic Genomics abbiamo in corso un programma in collaborazione con la BP per vedere se possiamo usare microbi di origine naturale per metabolizzare il carbone in metano che si possa poi immagazzinare come gas naturale. Non sarebbe una fonte rinnovabile di carbone, ma potrebbe offrire un miglioramento fino a dieci volte rispetto al sistema di estrarre e bruciare il carbone. E abbiamo anche organismi che riescono a convertire il CO2 in metano, fornendoci così una fonte rinnovabile di combustibile.
L’interrogativo maggiore, ai miei occhi, riguarda la scala. L’anno scorso abbiamo consumato più di 83 milioni di barili di petrolio al giorno ossia 30 miliardi di barili nell’anno. Inoltre abbiamo usato più di 3 miliardi di tonnellate di carbone. Sono numeri sbalorditivi e l’unico modo che riesco a immaginare per sostituire petrolio e carbone è un sistema distribuito in modo molto diffuso. Se attorno al globo ci fossero un milione di bio-raffinerie, ognuna dovrebbe ancora produrre 17.000 litri al giorno. Per il Regno Unito la mia idea implicherebbe migliaia di bio-raffinerie distribuite attraverso il paese accanto ai punti di consumo del combustibile e dove fosse disponibile la materia prima di partenza come la cellulosa. Su scala globale vi sarebbero milioni di produttori del nuovo carburante, il che forse favorirebbe il mondo in via di sviluppo ricco di agricoltura. Questo potrebbe essere il massimo del modello dirompente, cambiando l’intera infrastruttura di produzione e consumo d’energia ed aiutandoci ad andare verso un mondo neutro quanto al bilancio di carbonio.
Per concludere: la mia speranza è che noi riusciamo ad abbracciare, non a temere, la scienza necessaria per cambiare il pianeta.
Ritengo imperativo cominciare a trovare delle strade per adattarci al cambiamento climatico, pur lavorando nel frattempo per cercare di mitigarlo. Purtroppo siamo già incamminati verso un cambiamento significativo, ma io credo che se ci applicheremo al problema riusciremo a creare delle soluzioni alternative alla bruciatura di petrolio e carbone. Per risolverlo ci occorrono degli approcci multipli simultanei, aventi come punto d’arrivo emissioni di carbonio eguali allo zero netto, per stabilizzare le concentrazioni atmosferiche e assicurarci la sopravvivenza.
Si tratta di sfide potenti per ogni singolo abitante del nostro pianeta. Per il futuro dei nostri figli e per il futuro della specie e del pianeta spero che sapremo essere all’altezza della sfida.
Grazie per l’attenzione.
La conferenza Richard Dimbleby fu istituita in ricordo di Richard Dimbleby, presentatore della BBC. Dal 1972, anno della prima conferenza, non si è tenuta solo in tre occasioni e ha visto la partecipazione di noti personaggi del mondo dell’industria e della politica.
Traduzione di Aleramo Lanapoppi