Legge n. 449 dell’11 agosto 1984
D.P.R. n. 751 del 16 dicembre 1985
Circolare ministeriale n. 368 del 20 dicembre 1985
Circolare ministeriale n. 131 del 3 maggio 1986
Circolare ministeriale n. 211 del 24 luglio 1986
Legge n. 281 del 18 giugno 1986
Sentenza Corte Costituzionale n. 203 del 12 aprile 1989
Sentenza Corte Costituzionale n. 13, 14 gennaio 1991
Circolare ministeriale n. 9 del 18 gennaio 1991
Sentenza TAR dell’Emilia-Romagna n. 250 del 17 giugno 1993
Decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994
Sentenza del Consiglio di Stato n. 2749 del 7 maggio 2010
Circolare Miur n. 59 del 23 luglio 2010
Ordinanza del Tribunale di Padova del 30 luglio 2010
Note Miur del 22 marzo 2011 e MEF del 7 marzo 2011
Sentenza TAR Molise del 22 giugno 2012
Sentenza Consiglio di Stato 4634/2018
Sentenza Tar Lazio n.10273 del 9 ottobre 2020
Legge n. 449 dell’11 agosto 1984
Articolo 9. La Repubblica italiana, nell’assicurare l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche, materne, elementari, medie e secondarie superiori, riconosce agli alunni di dette scuole, al fine di garantire la libertà di coscienza di tutti, il diritto di non avvalersi delle pratiche e dell’insegnamento religioso per loro dichiarazione, se maggiorenni, o altrimenti per dichiarazione di uno dei loro genitori o tutori. Per dare reale efficacia all’attuazione di tale diritto, l’ordinamento scolastico provvede a che l’insegnamento religioso e ogni eventuale pratica religiosa, nelle classi in cui sono presenti alunni che hanno dichiarato di non avvalersene, non abbiano luogo in occasione dell’insegnamento di altre materie, e secondo orari che abbiano per i detti alunni effetti comunque discriminanti.
D.P.R. n. 751 del 16 dicembre 1985
Articolo 2.1. a) il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica assicurato dallo Stato non deve determinare alcuna forma di discriminazione, neppure in relazione ai criteri per la formazione delle classi, alla durata dell’orario scolastico giornaliero e alla collocazione di detto insegnamento nel quadro orario delle lezioni;
b) la scelta operata su richiesta dell’autorità scolastica all’atto dell’iscrizione ha effetto per l’intero anno scolastico cui si riferisce e per i successivi anni di corso nei casi in cui è prevista l’iscrizione d’ufficio, fermo restando, anche nelle modalità di applicazione, il diritto di scegliere ogni anno se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica.
Circolare ministeriale n. 368 del 20 dicembre 1985
Articolo 1. Ciascuna scuola di ogni ordine e grado […] dovrà informare, in tempo utile per l’iscrizione, i genitori dei propri alunni o chi esercita la patria potestà o gli alunni stessi se maggiorenni per aver già compiuto il 18° anno di età, circa le norme che sono a base delle procedure previste per l’esercizio di tale diritto. A tal fine, onde assicurare univoci criteri, le scuole faranno pervenire alle famiglie, tramite gli stessi alunni, o direttamente agli alunni se maggiorenni, l’allegato modulo nonché copia della presente circolare. L’allegato modulo, da riproporre, per gli anni successivi non conterrà la parte relativa alla prima applicazione. Il modulo dovrà essere compilato e restituito alla segreteria della scuola all’atto dell’iscrizione. La scelta operata su richiesta dell’autorità scolastica all’atto dell’iscrizione ha effetto per l’intero anno scolastico cui riferisce e per i successivi anni di corso nei casi in cui è prevista l’iscrizione di ufficio, fermo restando, anche per le diverse modalità di applicazione, il diritto di scegliere ogni anno se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. Pertanto, il capo dell’istituto, nell’approssimarsi dei termini di scadenza stabiliti, è tenuto a far pervenire agli aventi diritto il modulo prescritto perché possano esercitare il diritto di scelta di avvalersi o non avvalersi.
Articolo 2. La scelta in ordine all’insegnamento della religione cattolica non deve in alcun modo interferire o condizionare, o costituire comunque criterio per la composizione delle classi. Il rispetto del pluralismo, oltre a essere un valore peculiare della nostra Costituzione, deve costituire un principio educativo fondamentale del nostro sistema scolastico. La scelta di avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica non deve quindi dar luogo a nessuna forma diretta o indiretta di discriminazione […] Il rispetto dell’anzidetto principio implica che la scuola, e per essa il capo di istituto e il collegio dei docenti ai quali compete la responsabilità complessiva della programmazione educativa e didattica ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 31 marzo 1974, n. 416, assicura agli alunni che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica ogni opportuna attività culturale e di studio, con l’assistenza degli insegnanti, escluse le attività curriculari comuni a tutti gli allievi.
Circolare ministeriale n. 131 del 3 maggio 1986
Al fine di assicurare agli studenti, ai loro genitori o a chi esercita la potestà la completa conoscenza della nuova disciplina in materia di insegnamento della religione cattolica e delle attività culturali e di studio assicurate dalla scuola per gli studenti che non si avvalgono di detto insegnamento, si dispone quanto segue:
Entro il 10 giugno p.v. devono essere consegnate agli studenti:
- Allegato A, quale modulo per l’esercizio del diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica da allegare alla domanda di iscrizione.
- Allegato B, quale scheda informativa relativa alle attività culturali e di studio per gli studenti che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica.
Le attività di cui all’allegato B) sono programmate dal Collegio dei docenti tenuto conto delle proposte degli studenti, entro il primo mese dall’inizio delle lezioni, conformemente a quanto esplicitato nello stesso allegato. Dette attività sono svolte dai docenti, nell’ambito dell’orario di servizio, con esclusione delle venti ore. Le ore eventualmente eccedenti sono da remunerarsi secondo le norme contenute nell’art. 88 - quarto comma - del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, fermo restando il carattere non obbligatorio dell’utilizzazione dei docenti oltre il normale orario di servizio. La partecipazione alle attività culturali e di studio programmate non è obbligatoria e agli studenti che non se ne avvalgono è comunque assicurata dalla scuola ogni opportuna disponibilità per attività di studio individuale.
Allegato B. Agli studenti delle scuole secondarie superiori che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica la scuola assicura attività culturali e di studio programmate dal Collegio dei docenti, tenuto conto delle proposte degli studenti stessi. Al fine di rendere possibile l’acquisizione di tali proposte, il Collegio dei docenti programma lo svolgimento di tali attività entro il primo mese dall’inizio delle lezioni. Fermo restando il carattere di libera programmazione, queste attività culturali e di studio devono concorrere al processo formativo della personalità degli studenti. Esse saranno particolarmente rivolte all’approfondimento di quelle parti dei programmi, in particolare di storia, di filosofia, di educazione civica, che hanno più stretta attinenza con i documenti del pensiero e dell’esperienza umana relativi ai valori fondamentali della vita e della convivenza civile.
Circolare ministeriale n. 211 del 24 luglio 1986
Tra i problemi che le SS.LL. hanno qui evidenziato si ritengono meritevoli di prioritaria considerazione quelli le cui soluzioni consentano di assicurare il rispetto delle scelte operate dalle famiglie e dagli studenti e nel contempo siano idonee a garantire il diritto di tutti gli allievi a fruire, con riferimento ai singoli ordini e gradi di istruzione frequentati, di un uguale tempo scuola. Allo scopo di realizzare tale effettiva parità di posizioni si sottolinea la necessità che i collegi dei docenti, tenuto conto delle proprie competenze in ordine alla programmazione delle attività previste per gli alunni che non si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica o delle attività educative di religione cattolica (per la scuola materna), acquisiscano - secondo le modalità già previste dalle precedenti circolari n. 128 - 129 - 130 e 131 del 3 maggio 1986 e dalla circolare n. 211 del 24 luglio 1986 - concrete proposte, nell’ambito dell’azione programmatoria in parola, anche da parte di coloro che comunque non abbiano dichiarato di avvalersi nel menzionato insegnamento o delle predette attività educative di religione cattolica. Al riguardo, è appena il caso di precisare come la programmazione delle attività per gli alunni che comunque non abbiano dichiarato di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, costituendo momento integrante della più generale funzione di programmazione dell’azione educativa attribuita alla competenza dei collegi dei docenti dall’art. 4 del D.P.R. n. 416/74, venga a configurarsi con i caratteri di prestazione di un servizio obbligatorio posto a carico dei collegi dei docenti medesimi. Di conseguenza, qualora tale puntuale adempimento non sia stato ancora compiuto dal collegio dei docenti, sarà cura dei capi d’istituto intervenire perché subito l’organo collegiale predetto vi provveda, onde rendere possibile l’immediato avvio delle attività in parola. Relativamente alla scuola elementare e media, le attività formative da offrire agli alunni che comunque non abbiano dichiarato di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica rientrano, come esplicitato in precedenti circolari, tra quelle integrative da realizzarsi nel quadro di quanto previsto dagli artt. 2 e 7 della legge 4 agosto 1977 n. 517.
Legge n. 281 del 18 giugno 1986
Articolo 1. 1. Gli studenti della scuola secondaria superiore esercitano personalmente all’atto dell’iscrizione, a richiesta dell’autorità scolastica, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. 2. Viene altresì esercitato personalmente dallo studente il diritto di scelta in materia di insegnamento religioso in relazione a quanto previsto da eventuali intese con altre confessioni. 3. Le scelte in ordine a insegnamenti opzionali e a ogni altra attività culturale e formativa sono effettuate personalmente dallo studente. 4. I moduli relativi alle scelte di cui ai precedenti commi devono essere allegati alla domanda di iscrizione. 5. La domanda di iscrizione a tutte le classi della scuola secondaria superiore di studenti minori di età - contenente la specifica elencazione dei documenti allegati di cui ai commi 1, 2 e 3 - è sottoscritta per ogni anno scolastico da uno dei genitori o da chi esercita la potestà, nell’adempimento della responsabilità educativa di cui all’art. 147 del codice civile.
Sentenza Corte Costituzionale n. 203 del 12 aprile 1989
Questa Corte ha statuito, e costantemente osservato, che i principî supremi dell’ordinamento costituzionale hanno «una valenza superiore rispetto alle altre norme o leggi di rango costituzionale». […] In particolare, nella materia vessata gli artt. 3 e 19 vengono in evidenza come valori di libertà religiosa nella duplice specificazione di divieto: a) che i cittadini siano discriminati per motivi di religione; b) che il pluralismo religioso limiti la libertà negativa di non professare alcuna religione. I valori richiamati concorrono, con altri (artt. 7, 8 e 20 della Costituzione), a strutturare il principio supremo della laicità dello Stato, che è uno dei profili della forma di Stato delineata nella Carta costituzionale della Repubblica.
La previsione come obbligatoria di altra materia per i non avvalentisi sarebbe patente discriminazione a loro danno, perchè proposta in luogo dell’insegnamento di religione cattolica, quasi corresse tra l’una e l’altro lo schema logico dell’obbligazione alternativa, quando dinanzi all’insegnamento di religione cattolica si è chiamati a esercitare un diritto di libertà costituzionale non degradabile, nella sua serietà e impegnatività di coscienza, a opzione tra equivalenti discipline scolastiche. Lo Stato è obbligato, in forza dell’Accordo con la Santa Sede, ad assicurare l’insegnamento di religione cattolica. Per gli studenti e per le loro famiglie esso è facoltativo: solo l’esercizio del diritto di avvalersene crea l’obbligo scolastico di frequentarlo. Per quanti decidano di non avvalersene l’alternativa è uno stato di non-obbligo. La previsione infatti di altro insegnamento obbligatorio verrebbe a costituire condizionamento per quella interrogazione della coscienza che deve essere conservata attenta al suo unico oggetto: l’esercizio della libertà costituzionale di religione.
Sentenza Corte Costituzionale n. 13, 14 gennaio 1991
[Testo integrale]
Sorge questione se lo “stato di non-obbligo” possa avere tra i suoi contenuti anche quello di non presentarsi o allontanarsi dalla scuola. Occorre qui richiamare il valore finalistico dello “stato di non obbligo”, che è di non rendere equivalenti e alternativi l’insegnamento di religione cattolica e altro impegno scolastico, per non condizionare dall’esterno della coscienza individuale l’esercizio di una libertà costituzionale, come quella religiosa, coinvolgente l’interiorità della persona. Non è pertanto da vedere nel minore impegno o addirittura nel disimpegno scolastico dei non avvalentisi una causa di disincentivo per le future scelte degli avvalentisi, dato che le famiglie e gli studenti che scelgono l’insegnamento di religione cattolica hanno motivazioni di tale serietà da non essere scalfite dall’offerta di opzioni diverse. Va anzi ribadito che dinanzi alla proposta dello Stato alla comunità dei cittadini di fare impartire nelle proprie scuole l’insegnamento di religione cattolica, l’alternativa è tra un sì e un no, tra una scelta positiva e una negativa: di avvalersene o di non avvalersene. A questo punto la libertà di religione è garantita: il suo esercizio si traduce, sotto il profilo considerato, in quella risposta affermativa o negativa. E le varie forme di impegno scolastico presentate alla libera scelta dei non avvalentisi non hanno più alcun rapporto con la libertà di religione. Lo “stato di non-obbligo” vale dunque a separare il momento dell’interrogazione di coscienza sulla scelta di libertà di religione o dalla religione, da quello delle libere richieste individuali alla organizzazione scolastica. Alla stregua dell’attuale organizzazione scolastica è innegabile che lo “stato di non-obbligo” può comprendere, tra le altre possibili, anche la scelta di allontanarsi o assentarsi dall’edificio della scuola.
Circolare ministeriale n. 9 del 18 gennaio 1991
La Corte ha chiarito che per quanti decidono di non avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica, lo schema logico non è quello dell’obbligazione alternativa: per i predetti si determina “uno stato di non-obbligo”. Ha, quindi, ritenuto che i moduli organizzativi predisposti dall’amministrazione scolastica per corrispondere al non obbligo, consistenti in: a) attività didattiche e formative; b) attività di studio e/o ricerca individuale con assistenza di personale docente; c) “nessuna attività” intesa come libera attività di studio e/o ricerca senza assistenza di personale docente, non siano per il momento esaustivi residuando il problema se lo “stato di non-obbligo” possa avere tra i suoi contenuti anche quello di non presentarsi o allontanarsi dalla scuola. […] Ne consegue, come sottolinea la Corte, che «alla stregua dell’attuale organizzazione scolastica è innegabile che lo stato di non-obbligo può comprendere, tra le altre possibili, anche la scelta di allontanarsi o di assentarsi dall’edificio della scuola».
Sentenza TAR dell’Emilia-Romagna n. 250 del 17 giugno 1993
Se certamente l’insegnamento della religione è cultura religiosa (e soltanto esso lo è), altrettanto certamente gli atti di culto, le celebrazioni di riti e le pratiche religiose non sono “cultura religiosa”, ma essi sono esattamente il colloquio rituale che il credente ha con la propria divinità, un fatto di fede individuale quindi e non un fatto culturale […] Al di là però dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole dello Stato, non è consentito andare: pertanto, ogni altra attività, squisitamente religiosa (atti di culto, celebrazioni) non è prevista e non è consentita nelle aule scolastiche e meno ancora in orario di lezione e in luogo dell’insegnamento delle materie di programma […] Ma il fatto più notevole e più antigiuridico è che le pratiche religiose e gli atti di culto, a torto ritenuti attività extrascolastiche (ma l’erronea qualificazione è chiaramente strumentale) abbiano luogo e svolgimento in orario scolastico, cioè negli orari destinati alle normali lezioni, all’insegnamento cioè delle materie oggetto dei programmi della scuola statale. E vengano perciò previsti in luogo e in sostituzione delle normali ore di lezione […] Qui non si tratta di garantire agli studenti o ai professori la facoltà di non partecipare al compimento degli atti di culto e alle pratiche religiose - facoltà dalle impugnate delibere assicurata - il problema è a monte ed è un altro: l’illegittimità delle deliberazioni dei consigli di circolo sta, esattamente e fondamentalmente, nell’avere consentito l’inserimento, al posto delle normali ore di lezione, di attività del tutto estranee alla scuola e alle sue finalità istituzionali. Un fatto oggettivo che resta, ovviamente, tale nella sua antigiuridicità, anche se si prevede la facoltà di studenti e docenti di non partecipazione. L’assicurazione di questa facoltà non elimina, come è evidente, il fatto obiettivo del turbamento e dello sconvolgimento del normale e ordinato andamento della vita e dell’attività scolastica conseguente e consistente nella soppressione, non importa se anche limitata a una sola unità, dell’ora di ordinario insegnamento e nella previsione, in luogo di essa, della effettuazione di un’attività affatto estranea alle finalità e alla vita della scuola statale. Di un atto di fede che si compie nei templî a ciò destinati e nel foro interno della propria coscienza e non certo nelle sedi e negli ambiti scolastici.
Decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994
Articolo 310 (Diritto degli studenti delle scuole di ogni ordine e grado di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica). 1. Ai sensi dell’articolo 9 dell’accordo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, ratificato con la legge 25 marzo 1985, n. 121, nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno, nelle scuole di ogni ordine e grado, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. 2. All’atto dell’iscrizione gli studenti o i loro genitori esercitano tale diritto, su richiesta dell’autorità scolastica, senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione. 3. Il diritto di avvalersi o di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola materna, elementare e media è esercitato, per ogni anno scolastico, all’atto dell’iscrizione, dai genitori o da chi esercita la potestà nell’adempimento della responsabilità educativa di cui all’articolo 147 del codice civile. 4. Gli studenti della scuola secondaria superiore esercitano personalmente all’atto dell’iscrizione, per ogni anno scolastico, a richiesta dell’autorità scolastica, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica.
Sentenza del Consiglio di Stato n. 2749 del 7 maggio 2010
La mancata attivazione dei corsi alternativi rischia di mettere in crisi uno dei presupposti su cui si fondano le ordinanze impugnate, che, nel mettere sullo stesso piano, ai fini della valutazione come credito scolastico nell’ambito della c.d. banda di oscillazione, l’insegnamento della religione e l’insegnamento dei corsi alternativi per i non avvalentisi, danno quasi per scontato che i corsi alternativi esistano ovunque. La mancata attivazione dell’insegnamento alternativo può pertanto incidere sulla libertà religiosa dello studente o delle famiglia, e di questo aspetto il Ministero appellante dovrà necessariamente farsi carico.
Circolare Miur n. 59 del 23 luglio 2010
[Testo integrale]
Con la presente circolare, pertanto, si richiamano all’attenzione solo alcuni aspetti e profili di significativo rilievo che caratterizzano i singoli settori scolastici.
Si richiama l’attenzione sulla necessità che deve essere assicurato l’insegnamento dell’ora alternativa alla religione cattolica agli alunni interessati.
Sentenza TAR Molise del 22 giugno 2012
[Testo integrale] [Ultimissima Uaar del 12 luglio 2012]
Quanto al secondo punto, ossia alla circostanza che la richiesta di esonero sarebbe stata presentata in ritardo rispetto ai tempi previsti dall’articolo 9 comma 2 della legge n.121 del 1985; il Collegio rileva che la libertà religiosa (nonché quella di professare la religione scelta, ai sensi dell’articolo 19 Cost.) e quella di pensiero (articolo 21 Cost.), in quanto tali, attengono ad un diritto assoluto ed indisponibile della persona, con la conseguenza che il consenso con il quale esse vengono esercitate non ha carattere obbligatorio e vincolante, essendo un connotato ontologico dei diritti assoluti della personalità quello della revocabilità del consenso e della indisponibilità del diritto.
Deve ritenersi, pertanto, che la disposizione richiamata vada interpretata in modo costituzionalmente orientato, nel senso che essa ha carattere organizzativo e si rivolge alla scuola, non essendo viceversa tesa né idonea a comprimere diritti costituzionalmente tutelati.
Ne consegue che, seppure per motivi organizzativi (per la determinazione gli orari dei corsi, per l’individuazione della disponibilità dei docenti, ecc…) le scelte devono essere raccolte prima dell’inizio dell’anno accademico; l’indisponibilità del diritto e la revocabilità del consenso inducono a ritenere che, anche nel corso dell’anno, si possa cambiare idea e non frequentare più l’ora di religione, senza alcun pregiudizio sul profitto scolastico.
Sentenza Consiglio di Stato 4634/2018
[Testo integrale]
La disciplina della facoltà di esonero […], alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata deve essere ricostruita nel senso che il termine ancorato all’atto dell’iscrizione al singolo anno scolastico, funzionale alle esigenze organizzative delle istituzioni scolastiche e degli insegnanti di religione, non può ritenersi preclusivo di una scelta diversa successiva, anche nel corso dell’anno scolastico.
Infatti, tale scelta costituisce una forma di esercizio della libertà di religione riconosciuta al singolo, rispettivamente della libertà di coscienza e delle responsabilità educative dei genitori, implicanti il diritto di avvalersi o di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, quale esplicazione delle menzionate libertà fondamentali di rango costituzionale insuscettibili di essere sottoposti a condizione o a termini che ne impediscano l’esercizio pieno e senza discriminazione tra gli aderenti alla religione cattolica, gli aderenti ad altre confessioni e/o i non credenti (artt. 3, primo comma, e 19 Cost.).
Approfondimenti: Un overruling del Consiglio di Stato in materia di ora di religione? e La frequenza dell’ora di religione è sempre revocabile: cronaca di un contenzioso trentennale, note sulla sentenza docente in Diritto ecclesiastico dott. Marco Croce, e il commento dell’avvocato Vittorio Fiasconaro.
Sentenza Tar Lazio n.10273 del 9 ottobre 2020
[Comunicato stampa Uaar del 9 ottobre 2020]
L’Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti (in sigla UAAR) ha impugnato, con richiesta cautelare, la circolare del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca del 17 dicembre 2012, n. 96, prot. 8293, avente ad oggetto “Iscrizioni alle scuole dell’infanzia e alle scuole di ogni ordine e grado per l’anno scolastico 2013/2014“, nella parte in cui prevede che l’esercizio dell’opzione in ordine alla decisione di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica avvenga all’atto dell’iscrizione, mentre la scelta specifica delle attività alternative sia operata da parte degli interessati all’inizio dell’anno scolastico.
[…]
Se è vero che al fine di non condizionare dall’esterno la coscienza individuale nell’esercizio di una libertà religiosa sia necessaria la scissione tra scelta di non avvalersi della religione cattolica e la scelta delle attività alternative, questa seconda, pur successiva alla prima, deve avvenire in tempi che garantiscano la tempestiva programmazione e l’avvio dell’attività didattiche secondo quanto richiesto dai principi di ragionevolezza e buon andamento.
[…]
Il rinvio della seconda opzione all’incipit dell’anno scolastico contrasta con la possibilità di tempestiva organizzazione ed idonea offerta delle attività alternative, con conseguente inizio ad anno scolastico ormai avviato e con soluzioni formative inadeguate o inesistenti che possono portare all’effettiva frustrazione del principio di non discriminazione per motivi religiosi e del diritto di insegnamento.
[…]
In conclusione, deve annullarsi la disposizione indicata in epigrafe della circolare impugnata con obbligo conformativo della p.a. per gli anni scolastici a venire.