DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori RUSSO SPENA, GAGLIARDI, SODANO, ALBONETTI, ALLOCCA, ALFONZI, BOCCIA Maria Luisa, BONADONNA, BRISCA MENAPACE, CAPELLI, CAPRILI, CONFALONIERI, DEL ROIO, DI LELLO FINUOLI, EMPRIN GILARDINI, GIANNINI, GAGGIO, GRASSI, LIOTTA, MARTONE, NARDINI, PALERMO, TECCE, TURIGLIATTO, VALPIANA, VANO e ZUCCHERINI
Comunicato alla Presidenza il 19 dicembre 2006
Norme contro la discriminazione motivata dall’identità di genere e dall’orientamento sessuale
Il presente disegno di legge si propone di estendere ai cittadini omosessuali o transessuali la medesima protezione, contro possibili discriminazioni o contro delitti motivati dall’odio nei confronti di determinati gruppi sociali, che la legge già assicura ad altre categorie di cittadini oggetto di simili discriminazioni, violenze o persecuzioni, introducendo così nell’ordinamento italiano, o meglio rendendo esplicita, la vigenza di un principio di non discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale suscettibile anche di eventuali applicazioni analogiche. Si stabilisce, inoltre, un generale principio di tutela del diritto alla riservatezza sessuale e si dettano norme antidiscriminatorie a tutela degli omosessuali nella scuola e in materia di assicurazioni sanitarie.
La proposta inoltre prevede l’inserimento del concetto di identità di genere a sostituzione dell’indicazione «sesso», prevedendo la modificazione della normativa che interviene in materia di non discriminazione basata sul sesso, in quanto si ritiene questa definizione riduttiva ed estremamente limitata: il concetto di appartenenza di sesso infatti sembra troppo legato alla mera questione fisica e biologica mentre con la definizione «identità di genere» si vuole indicare un concetto più ampio e complessivo di tutti gli aspetti che concorrono alla formazione dell’identità di ogni singola persona e che ne costituiscono parte integrante.
Il disegno di legge si propone di dare piena attuazione alle indicazioni contenute nella risoluzione approvata l’8 febbraio 1994 dal Parlamento europeo «Sulla parità di diritti per gli omosessuali nella Comunità», nonché nelle precedenti risoluzioni in materia antidiscriminatoria dello stesso Parlamento, approvate fra il 1984 e il 1990: da quella più dettagliata ed espressamente rivolta contro le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale, proposta dall’eurodeputata italiana Vera Squarcialupi e approvata il 13 marzo 1984, a tutte quelle che più sinteticamente ribadivano la necessità che venissero adottate legislazioni antidiscriminatorie in vari campi negli Stati membri, che tenessero conto, fra le altre e allo stesso titolo, anche della discriminazione anti-omosessuale (D’Ancona 1º giugno 1986, Parodi 26 maggio 1989, Buron 22 novembre 1989, Ford 23 luglio 1990), rimaste tutte senza seguito in Italia, così come è parimenti rimasta senza seguito la raccomandazione n. 924 approvata dal Consiglio d’Europa il 1º ottobre 1981, «Sulla discriminazione contro gli omosessuali». Queste risoluzioni sono state il prologo all’inclusione nel Trattato istitutivo della Comunità europea del 25 marzo 1957, come modificato dal Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997, di cui alla legge 16 giugno 1998, n. 209, di una disposizione sulla produzione di norme antidiscriminazione comunitarie (articolo 13), alla luce della volontà di estendere le normative antidiscriminazione già fondate su sesso (noi diremmo identità di genere), razza, origine etnica, religione, opinioni, handicap fisici o età, anche all’orientamento sessuale. Tali princìpi sono stati affermati anche nella risoluzione «Sulla parità di diritti per gli omosessuali nell’Unione europea» approvata dal Parlamento europeo il 17 settembre 1998 e nelle risoluzioni generali in materia di diritti umani approvate il 17 settembre 1996 e l’8 aprile 1997.
Queste risoluzioni, insieme alla citata raccomandazione n. 924 approvata dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa il 1º ottobre 1981 sono rimaste senza seguito in Italia.
La stessa assemblea ha approvato infine, il 26 settembre 2000, la raccomandazione n. 1474 rivolta a tutti gli Stati membri al fine di introdurre una completa legislazione antidiscriminatoria, di riconoscere la parità di diritti per le coppie omosessuali e di introdurre il divieto di discriminazione basata sull’orientamento sessuale nella Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. Analoga raccomandazione era già stata approvata dalla stessa Assemblea il 6 giugno 2000, invitando gli Stati membri a riconoscere la persecuzione degli omosessuali come causa del riconoscimento del diritto d’asilo nel proprio territorio e a riconoscere il diritto di immigrazione per le coppie dello stesso sesso binazionali.
Il presente disegno di legge si propone di recepire le risoluzioni e le direttive del Parlamento europeo, seguendo il passo delle legislazioni già vigenti in numerosi Paesi membri. Gli articoli 1 e 2 intendono parificare la situazione dei cittadini omosessuali a quella dei cittadini o appartenenti ad altri gruppi sociali oggetto di reiterati tentativi di discriminazione o persecuzione o di campagne di odio. Si tratta di estendere agli omosessuali, in base al principio dell’uguaglianza di trattamento di situazioni giuridiche sostanzialmente fra loro identiche, la stessa protezione già assicurata ad altri gruppi parimenti a rischio, in casi sostanzialmente identici di discriminazioni, persecuzioni o delitti causati dall’odio verso tali gruppi. Le norme in questione intendono mettere l’Italia al passo con le più comprensive legislazioni anti-discriminatorie già vigenti da anni in altri Paesi europei ed extraeuropei (Danimarca, Francia, Norvegia, Olanda, Svezia, Svizzera, Finlandia, Islanda, numerosi Länder tedeschi, nuova Costituzione del Sudafrica).
L’articolo 1 estende al caso della discriminazione causata dall’orientamento sessuale del lavoratore la protezione garantita dall’articolo 15, secondo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, cosiddetto «Statuto dei lavoratori», contro le discriminazioni causate da motivi politici, religiosi, razziali, di lingua o di identità di genere. Estende inoltre a quelle fondate sull’orientamento sessuale il divieto di discriminazioni fondate sull’identità di genere, in materia di assunzioni, di attribuzioni di qualifiche e mansioni e di progressioni di carriera, alla stregua delle previsioni del codice delle pari opportunità tra uomo e donna di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, che ha modificato talune norme della legge 9 dicembre 1977, n. 903, sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro. Va rilevato come le norme in questione si applichino sia al rapporto di lavoro privato sia al pubblico impiego. La modifica proposta al comma 1 dell’articolo 25 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 198 del 2006, oltre a ribadire tale indirizzo, mira a rendere applicabile, anche alle ipotesi di discriminazione di nuova introduzione, la procedura di conciliazione di cui al comma 1 dell’articolo 37 del medesimo decreto legislativo, nonché il ricorso in via d’urgenza davanti al tribunale in funzione di giudice del lavoro o al tribunale amministrativo regionale territorialmente competente, attivabile da parte della consigliera o del consigliere regionale e nazionale di parità, alla stregua di quanto disposto dal comma 4 dello stesso articolo 37.
L’articolo 2 estende ai delitti motivati dall’odio nei confronti degli omosessuali la protezione garantita alle minoranze razziali, etniche, nazionali o religiose dalla legge contro le attività aggressive di gruppi estremisti. A tale proposito va sottolineato come la mancata previsione degli omosessuali fra i gruppi sociali menzionati dalla legge vigente potrebbe tradursi in una non voluta istigazione, rivolta a tali gruppi estremisti, a riversare la propria aggressività nei confronti dell’unico fra i gruppi sociali da questi avversati che risulta non garantito da una specifica tutela penale: l’aggressione nei confronti di cittadini e organizzazioni omosessuali viene infatti a configurarsi come l’unico delitto relativamente meno costoso, in termini di repressione penale, rispetto agli altri tipizzati dalla legge.
L’articolo 3 stabilisce un principio generale di tutela del diritto alla riservatezza sessuale. Si propone in tale senso di esplicitare in riferimento a qualsiasi autorità pubblica priva dei poteri dell’autorità giudiziaria i vincoli posti dall’articolo 20 del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in ordine al trattamento dei dati sensibili. A complemento di tale normativa di carattere generale si prevede la distruzione, entro il termine di un mese dalla data di entrata in vigore della legge, degli articoli, fascicoli o elenchi eventualmente esistenti alla data di entrata in vigore della legge, fatta eccezione per le associazioni e i gruppi fondati per il riconoscimento e la tutela dei diritti delle persone sulla base del loro orientamento sessuale.
Con l’articolo 4 ci si propone di parificare ad ogni effetto giuridico la condizione del convivente more uxorio omosessuale a quella del convivente more uxorio eterosessuale. Si tratta di una norma di natura transitoria, volta a rendere applicabile, fra l’altro, l’elaborazione giurisprudenziale fin qui accumulatasi in materia di convivenza, in attesa che il Parlamento legiferi sull’intera questione relativa alle famiglie di fatto e al riconoscimento delle unioni civili.
Con l’articolo 5 ci si propone di evitare che nell’ambito della scuola si perpetuino e si tramandino pratiche razziste, «bulliste» o discriminatorie, e soprattutto di tutelare i giovani omosessuali da ogni intervento «rieducativo» colpevolizzante o traumatizzante, sia nello svolgimento della normale attività didattica, sia nell’ambito di corsi di informazione o di educazione sessuale che dovessero essere istituiti da eventuali riforme legislative o che già ora si svolgano a titolo sperimentale. Con la formulazione proposta si intende indicare che la presenza, in una determinata classe, di scolari o di studenti omosessuali, è sempre reale ed anzi statisticamente probabile, indipendentemente da ogni precoce esercizio di coming out, e che compito della scuola è quello di educare principalmente al rispetto delle diversità e del pluralismo.
L’articolo 6 stabilisce l’illiceità di ogni riferimento e di ogni indagine relativi all’orientamento sessuale dell’assicurato o dell’assicurando nei contratti di assicurazione sanitaria e nel loro procedimento di formazione, e la nullità dei patti tendenti a rendere più oneroso per l’assicurato il contenuto di tali contratti in dipendenza del suo orientamento sessuale. È evidente il rilievo che questa norma potrebbe assumere in futuro, in considerazione del più ampio ruolo che sembra destinato ad essere attribuito anche in Italia alle assicurazioni private in campo sanitario: e ciò sia in rapporto ad una generale esigenza di tutela della privacy, sia in relazione alla diffusione dell’AIDS, ancor oggi, sia pure a torto, ritenuta statisticamente correlata all’orientamento sessuale anziché all’adozione di comportamenti a rischio che non ne sono la conseguenza. Tale norma si preoccupa di introdurre nella regolamentazione del settore delle assicurazioni sanitarie private un precedente molto importante in relazione agli sviluppi tecnologici che renderanno ben presto attuale il problema delle conseguenze sociali e giuridiche della individualizzazione dei rischi sanitari resa possibile dalla mappatura del patrimonio genetico individuale.
Il presente disegno di legge è per buona parte frutto di numerosi contributi, studi e critiche, elaborati da giuristi e giuriste, e associazioni gay e lesbiche a cui va il nostro ringraziamento.
(Discriminazioni sul lavoro)
1. All’articolo 15, secondo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, le parole: «o di sesso, di handicap, di età o basata sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni personali» sono sostituite dalle seguenti: «, di handicap, di età o motivata dall’identità di genere o dall’orientamento sessuale o dalle convinzioni personali».
2. All’articolo 27 del codice delle pari opportunità tra uomo e donna di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «sul sesso» sono sostituite dalle seguenti: «sull’identità di genere o sull’orientamento sessuale»;
b) al comma 4, dopo la parola: «soltanto» sono inserite le seguenti: «, per quel che riguarda le lavoratrici,».
3. All’articolo 29 del citato codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, dopo le parole: «uomini e donne» sono inserite le seguenti: «o qualsiasi discriminazione fondata sull’orientamento sessuale».
4. All’articolo 25, comma 1, del citato codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, le parole: «del loro sesso» sono sostituite dalle seguenti: «della loro identità di genere o del loro orientamento sessuale».
(Delitti motivati dall’odio)
1. All’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, lettera a), le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi, di identità di genere o relativi all’orientamento sessuale»;
b) al comma 1, lettera b), le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi, di identità di genere o relativi all’orientamento sessuale»;
c) al comma 3, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi, di identità di genere o relativi all’orientamento sessuale».
2. All’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, la rubrica è sostituita dalla seguente: «Discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o relativi all’identità di genere o all’orientamento sessuale».
3. All’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: «o religioso» sono sostituite dalle seguenti: «, religioso o motivato dall’identità di genere o dall’orientamento sessuale».
(Diritto alla riservatezza)
1. La Repubblica garantisce il diritto alla riservatezza sessuale. Al di fuori dei casi e delle condizioni previsti dall’articolo 20 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, è fatto divieto a qualsiasi autorità pubblica di indagare, senza ordine dell’autorità giudiziaria, sulla vita sessuale e sull’orientamento sessuale dei cittadini.
2. Tutti gli archivi, fascicoli, elenchi o documentazioni relativi ai dati di cui al comma 1, eventualmente esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, devono essere distrutti entro il termine di un mese dalla medesima data, ad esclusione degli archivi delle associazioni o dei gruppi volti alla tutela dei diritti di persone caratterizzate da un particolare orientamento sessuale, funzionali all’attività associativa, culturale, ricreativa o economica degli stessi iscritti, previo loro consenso.
3. All’articolo 17, primo comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382, e successive modificazioni, dopo le parole: «o sindacali» sono inserite le seguenti: «e all’orientamento sessuale».
(Convivenze more uxorio)
1. La condizione del convivente more uxorio omosessuale è parificata a ogni effetto a quella del convivente more uxorio eterosessuale.
(Educazione al rispetto delle diversità)
1. Nelle scuole di ogni ordine e grado, nell’ambito dei corsi di informazione o educazione sessuale che si svolgano anche a titolo sperimentale, e nello svolgimento della normale attività didattica, è vietata ogni manifestazione di intolleranza, dileggio, disprezzo, discriminazione, colpevolizzazione o disapprovazione che possa risultare traumatica, o sia in grado di turbare lo sviluppo della personalità di scolari o studenti omosessuali, o che favorisca comunque il perpetuarsi di pratiche e di atteggiamenti discriminatori o intolleranti.
(Assicurazioni sanitarie)
1. Nell’offerta di contratti di assicurazione sanitaria, nell’invito a proporre la loro stipulazione e nella loro negoziazione e conclusione sono vietati tutti i riferimenti, anche indiretti, e ogni indagine relativi all’orientamento sessuale dell’assicurando o dell’assicurato.
2. Sono nulle le clausole dei contratti di assicurazione sanitaria che facciano dipendere, anche indirettamente, dall’orientamento sessuale dell’assicurato un aumento dell’entità dei premi o una limitazione delle prestazioni assicurative rispetto al trattamento generalmente praticato. La nullità di tali clausole non comporta l’invalidità dei contratti che le contengono, la cui durata è prorogata di diritto a tempo indeterminato, salvo recesso o disdetta da parte dell’assicurato. La prescrizione dell’azione per la ripetizione di quanto corrisposto in eccesso dall’assicurato per l’intera durata del rapporto rimane sospesa fino al momento della cessazione del rapporto o fino alla presentazione della domanda di accertamento giudiziale della nullità delle clausole discriminatorie.