DISEGNO DI LEGGE
presentato dal Ministro per i diritti e le pari opportunità
(POLLASTRINI)
e dal Ministro delle politiche per la famiglia
(BINDI)
di concerto col Ministro dell’interno
(AMATO)
col Ministro del lavoro e della previdenza sociale
(DAMIANO)
e col Ministro dell’economia e delle finanze
(PADOA-SCHIOPPA)
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 20 FEBBRAIO 2007
Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi
Il disegno di legge disciplina diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi ed ha nell’articolo 1 la propria struttura portante, poiché tale articolo:
a) introduce nell’ordinamento, in via generale, la nozione di diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi;
b) ne individua il presupposto, cioè la situazione di fatto cui la legge ricollega il riconoscimento dei diritti e l’adempimento dei doveri;
c) stabilisce le forme attraverso cui la situazione di fatto può essere provata.
Quanto alla lettera a), va anzitutto rilevato che singoli diritti sono stati riconosciuti ai conviventi dal legislatore nazionale e regionale, dalla giurisprudenza costituzionale e di merito, nonché dalla normativa comunitaria. In particolare la Corte costituzionale, se da un lato ha più volte e anche recentemente ribadito che l’articolo 29 della Costituzione, riconoscendo i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, prescrive uno status privilegiato del modello costituzionale di famiglia, un suo plusvalore costituzionale (cosiddetto regime premiale o incentivante), dall’altro ha altresì dato rilievo alle convivenze more uxorio, escludendo peraltro la generalizzata estensione delle norme dettate per il modello costituzionale di famiglia a queste situazioni. In particolare, la Corte ha imposto anche per tali conviventi il rispetto dei diritti inviolabili (ad esempio il diritto di abitazione) e ha ammesso che il legislatore possa, relativamente a profili particolari, dettare una disciplina, inevitabilmente «leggera» e «essenziale», che riconosca alle persone che fanno parte di convivenze caratterizzate da requisiti di durata e di relativa stabilità, taluni diritti e facoltà, rinvenendone il fondamento costituzionale nell’articolo 2, il quale estende la garanzia dei diritti inviolabili dell’uomo (oltre che come singolo) anche nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede altresì l’adempimento degli inderogabili doveri di solidarietà.
Quanto alla lettera b), viene chiarito che la situazione di fatto di stabile convivenza, rilevante per i diritti e i doveri previsti dal disegno di legge, è quella di due persone maggiorenni e capaci, anche dello stesso sesso, unite da reciproci vincoli affettivi, che si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale e che non siano legate da vincoli di matrimonio, parentela in linea retta entro il primo grado, affinità in linea retta entro il secondo grado, adozione, affiliazione, tutela, curatela o amministrazione di sostegno. L’inclusione di persone legate da vincoli affettivi diversi da quelli di carattere sentimentale o sessuale ha un rilievo sistematico volto a rendere ancora più esplicito il riferimento che il titolo del disegno di legge fa alle «persone stabilmente conviventi», non limitando l’applicazione della presente legge alle sole coppie di fatto, ma estendendone l’ambito a relazioni (quali quelle tra nonno e nipote, o tra fratelli) caratterizzate da elementi di solidarietà e di assistenza strettamente intrecciati agli elementi di ordine affettivo.
La chiarezza con cui il disegno di legge sottolinea che presupposto della rilevanza giuridica (e cioè della titolarità dei diritti, dei doveri e delle facoltà) è la situazione di fatto, e non un patto tra i conviventi o altro elemento consensuale, vale anche a differenziare nettamente il modello prescelto da soluzioni presenti in altri ordinamenti.
Quanto alla lettera c), il disegno di legge si fonda sul principio secondo cui la situazione di fatto rilevante è provata dalle risultanze anagrafiche secondo la normativa già vigente, che prevede la residenza comune di persone legate da vincoli affettivi. Il comma 2 dell’articolo 1 chiarisce che la convivenza che abbia le caratteristiche di cui al comma 1 si presume qualora le risultanze anagrafiche siano conformi agli articoli 4, 13, comma 1, lettera b), 21 e 33 del regolamento anagrafico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, che disciplinano la cosiddetta «famiglia anagrafica». In questo modo l’anagrafe non viene meno alla sua funzione che è quella di fotografare situazioni di fatto esistenti, senza effetti costitutivi. Naturalmente, poiché l’obiettivo è quello di far emergere situazioni di fatto e, quindi, la realtà delle convivenze nei termini nei quali esse effettivamente si manifestano, è consentito a chiunque dare la prova contraria della sussistenza degli elementi che di fatto danno vita ad una convivenza rilevante per la legge. Per quanto attiene all’inizio e al termine della convivenza, chiunque ne abbia interesse può fornire la prova che la convivenza è iniziata successivamente o è terminata in data diversa rispetto alle risultanze anagrafiche. Ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del disegno di legge (Disposizioni transitorie e finali), entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge può essere altresì fornita la prova di una data di inizio della convivenza anteriore a quella delle risultanze anagrafiche, salvo per quanto attiene ai trattamenti previdenziali e pensionistici.
Il comma 3 stabilisce il principio che la dichiarazione all’ufficio dell’anagrafe ai sensi dalla vigente normativa possa essere resa dai conviventi anche non contestualmente, purché la persona che la rende provi, attraverso l’esibizione della ricevuta di ritorno della apposita raccomandata, di aver avvertito del fatto anche l’altra parte.
Il comma 4 limita l’esercizio dei diritti e delle facoltà previsti dalla legge alle convivenze che siano in atto; il comma 5 estende le disposizioni dell’articolo 1 anche all’anagrafe dei residenti all’estero; il comma 6 chiarisce che il termine «convivente» usato nella legge si riferisce alle persone legate dai vincoli di cui al comma 1. Il comma 7 chiarisce che la convivenza può essere instaurata con una sola persona per volta, nel senso che è impossibile attivare contemporaneamente più procedure anagrafiche aventi il contenuto di cui ai commi 2 e 3 del medesimo articolo 1.
L’articolo 2 integra la previsione dell’articolo 1 per quanto attiene ai soggetti nei confronti dei quali la legge non trova applicazione. Rientrano in questa previsione, oltre alle persone che siano state condannate, rinviate a giudizio o sottoposte a misura cautelare per gravi reati consumati o tentati nei confronti del coniuge o del convivente dell’altra, le persone legate da rapporti contrattuali, anche lavorativi, che comportino necessariamente l’abitare in comune. Quest’ultima esclusione ha principalmente la finalità di impedire raggiri a danno di persone che abbiano necessità di avvalersi dei servizi di altre per raggiungere la propria autonomia, ma anche quella di impedire che, con il meccanismo di legge, si eludano le disposizioni in materia di lavoro e previdenza.
L’articolo 3 introduce una apposita sanzione penale – da uno a tre anni di reclusione e una multa da 3.000 a 10.000 euro – per chi chiede l’iscrizione anagrafica in assenza di coabitazione o dichiara falsamente di essere convivente ai sensi dell’articolo 1; prevede inoltre che la falsa dichiarazione produce la nullità degli atti conseguenti e che i pagamenti fatti in base ad essa sono ripetibili. Si tratta anche in questo caso di una disposizione che intende circondare di forti cautele l’utilizzo degli effetti della legge e scoraggiare ogni abuso.
L’articolo 4 sancisce da un lato il diritto del convivente ad assistere e curare l’altro convivente, ma attribuisce anche alla previsione immediata operatività ponendo l’obbligo, a carico delle strutture ospedaliere e di assistenza, pubbliche e private, di disciplinare le modalità di esercizio del diritto di accesso, analogamente a quanto fanno abitualmente, con la carta dei servizi, per i familiari.
L’articolo 5 prevede che ciascun convivente, nei limiti delle disposizioni vigenti, possa designare l’altro come suo rappresentante per le decisioni da assumere in materia di salute in caso di incapacità di intendere e di volere o in materia di donazione di organi, di trattamento del corpo e di celebrazioni funerarie in caso di morte. La disposizione ha il senso di consentire alla persona di affidare al convivente le proprie decisioni affinché egli le esegua. Con riguardo ai trattamenti sanitari, nonostante già oggi il giudice possa, laddove lo ritiene, indicare il convivente quale soggetto deputato alla decisione in merito ai trattamenti sanitari urgenti concernenti l’altro convivente, si è ritenuto che porre questo onere direttamente a carico del convivente non urta con il sistema, evita di rimettersi alla discrezionalità dei singoli giudici e garantisce una più celere definizione dei singoli casi, la cui soluzione risulta frequentemente incompatibile con i tempi del procedimento giurisdizionale, sia pure d’urgenza.
Con riguardo alla materia della donazione degli organi, è vero che l’articolo 23, comma 2, della legge 1º aprile 1999, n. 91, ai fini dell’opposizione alla donazione degli organi del de cuius, parifica il convivente al coniuge, ma tale disposizione si riferisce solo al convivente more uxorio, con esclusione quindi di tutti gli altri conviventi.
In ogni caso, non si tratta di consentire che possa essere data al convivente carta bianca in materia di diritti strettamente personali, ma di permettere che egli possa far valere la volontà della persona ormai priva di capacità di intendere e di volere o morta. Il convivente rappresenta la volontà dell’altro esattamente come l’esecutore testamentario; l’unica differenza consiste nel fatto che, in alcuni casi, il soggetto non è ancora morto. La forma in cui la volontà di designazione deve esprimersi è quella della scrittura autografa e, in caso di impossibilità, della scrittura sottoscritta da tre testimoni.
L’articolo 6 si propone di dare attuazione alla direttiva n. 2004/38/CE, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, introducendo una nuova ipotesi di permesso di soggiorno per convivenza per il cittadino straniero extracomunitario o apolide e il diritto all’iscrizione anagrafica per il cittadino comunitario che non abbia un autonomo diritto di soggiorno.
L’articolo 7 sancisce in legge nazionale un principio ormai vigente in tutte le leggi e in bandi regionali in materia di edilizia residenziale pubblica e di edilizia popolare. La ratio dell’edilizia popolare e residenziale pubblica è infatti quella di sovvenire alle necessità dei nuclei composti da più persone, con precedenza sui nuclei monopersonali, e da molto tempo, ormai, nei bandi di concorso per l’assegnazione di alloggi, l’ipotesi delle convivenze è regolarmente valutata. Il principio espresso dalla disposizione in esame integra un livello essenziale del relativo diritto all’abitazione.
L’articolo 8, comma 1, generalizza e disciplina un’ipotesi spesso affrontata dalla giurisprudenza e risolta in senso favorevole ai conviventi in caso di morte del partner e di convivente «abbandonato» con figli comuni. La norma per un verso conferma nei termini anzidetti il diritto alla successione nel contratto di locazione e per un altro lo estende, nel caso di mancanza di figli comuni, alle persone conviventi da almeno tre anni.
La limitazione dei tre anni discende dalla volontà di evitare situazioni appositamente precostituite e di garantire la serietà della convivenza, serietà che è presunta in caso di esistenza di figli.
L’articolo 9 stabilisce che la legge e i contratti collettivi disciplinano i trasferimenti e le assegnazioni di sede dei conviventi, dipendenti pubblici e privati, al fine di agevolare il mantenimento della comune residenza degli stessi. La norma mira a consentire il riconoscimento della legittima aspettativa dei conviventi ad una vita comune, compatibilmente con le esigenze dell’attività professionale di entrambi. Posto che le problematiche connesse alla assegnazione della sede di servizio, come anche gran parte di quelle che concernono i trasferimenti, riguarderanno individui di giovane età, non si è preteso un periodo di convivenza particolarmente lungo, bensì quello minimo per poter considerare stabile la convivenza ai fini che interessano e cioè la legittimazione ad usufruire di una agevolazione ai fini del trasferimento di sede (tre anni). Al comma 2 la disposizione prevede poi che il convivente che abbia prestato attività lavorativa continuativa nell’impresa di cui sia titolare l’altro convivente possa chiedere, salvo che l’attività medesima si basi su di un diverso rapporto, il riconoscimento della partecipazione agli utili dell’impresa, in proporzione dell’apporto fornito. La disposizione si pone in linea con un recente orientamento giurisprudenziale teso a dare riconoscimento, laddove non sia individuabile altra tipologia giuridica di rapporti interpersonali, al lavoro svolto dal convivente nell’«impresa familiare». In quella sede, posto che il carattere residuale dell’impresa familiare mira proprio a coprire tutte quelle situazioni di apporto lavorativo all’impresa del congiunto, parente entro il terzo grado o affine entro il secondo grado, che non rientrino nell’archetipo del rapporto di lavoro subordinato o per le quali non sia raggiunta la prova dei connotati tipici della subordinazione, con l’effetto di confinare in un’area ben più limitata quella del lavoro familiare gratuito, la Cassazione (da ultimo con sentenza n. 5632 del 15 marzo 2006) ha sottolineato l’estensibilità del citato principio «alla famiglia di fatto consistente in una convivenza more uxorio ove la prestazione lavorativa sia resa nel contesto di un’impresa familiare». Peraltro, non è prevista l’assimilazione al lavoro prestato dal familiare nell’ambito dell’attività di impresa ai sensi dell’articolo 230-bis del codice civile, non solo per il mancato riferimento al diritto al mantenimento – che in questo caso potrebbe desumersi aliunde dall’obbligo generale di assistenza e solidarietà morale e materiale che grava sui conviventi ai sensi dell’articolo 1 della presente legge – bensì per l’irrilevanza della condizione patrimoniale del nucleo di appartenenza e per la mancata compartecipazione alla proprietà dei beni acquistati e agli incrementi dell’azienda. Non vi è inoltre alcun riferimento al ruolo partecipativo nelle decisioni che concernono l’impiego degli utili e degli incrementi, la gestione straordinaria dell’impresa, gli indirizzi produttivi e la cessazione dell’impresa. Si tratta quindi di due previsioni distinte sotto il profilo fattuale ed effettuale, sia pure con elementi comuni.
L’articolo 10, in materia di trattamenti previdenziali e pensionistici, contiene un rinvio alla imminente disciplina di riordino del sistema pensionistico, fissando i parametri cui il legislatore si dovrà attenere in sede di riconoscimento dei trattamenti da attribuire al convivente superstite. In particolare, in quella sede, il legislatore dovrà necessariamente tener conto sia della durata della convivenza, stabilendo un termine minimo al di sotto del quale siffatta convivenza non fa maturare alcun diritto e commisurando le prestazioni fornite alla durata della stessa, sia delle condizioni economiche e patrimoniali del convivente superstite. L’istituto previdenziale che si andrà a prefigurare ha come obiettivo la tutela di situazioni di svantaggio economico del convivente superstite, non sormontabili dalle sue personali condizioni economiche e patrimoniali e comunque proporzionali alla durata della convivenza, al fine di evitare il possibile perpetrarsi di situazioni di abuso.
L’articolo 11, in materia successoria, interviene a vari livelli. A livello fiscale introduce una normazione di favore che tende a perequare l’imposta di successione del convivente agli altri successibili; in particolare la tassa di successione, che oggi per il convivente è fissata all’8 per cento (al pari di qualsiasi «estraneus»), scende al 5 per cento, un punto percentuale in meno della successione di fratelli e sorelle e un punto percentuale in più della successione del coniuge. Con riguardo alla regolamentazione del diritto successorio, attualmente l’unico modo per garantire una tutela efficace al convivente era l’autoregolamentazione, e cioè la stipulazione di un negozio testamentario diretto a disciplinare taluni aspetti di natura patrimoniale al fine di garantirgli il godimento di alcuni diritti successori. Ferma la libertà del convivente di disporre a mezzo di testamento dei suoi beni senza il gravame della previsione di ulteriori riservatari, oltre quelli già previsti per legge (coniugi, figli e ascendenti, limitatamente al caso dell’assenza di figli), la disposizione ha inteso tutelare il convivente superstite per l’ipotesi di decesso senza che il de cuius abbia disposto volontariamente delle proprie sostanze. In questi casi è previsto che il convivente superstite succeda, nel contesto della successione legittima, con quote diversificate a seconda che concorra con parenti più o meno prossimi. In particolare si è distinta l’ipotesi in cui il convivente superstite concorra con i figli per garantire a questi una quota particolarmente importante dell’asse ereditario. Se il convivente superstite concorre con un solo figlio ha diritto ad un terzo dell’eredità complessiva, se concorre con due o più figli la quota scende ad un quarto. Laddove il convivente concorre nella successione con ascendenti e fratelli o sorelle, allo stesso compete la metà dell’asse ereditario; in assenza di figli, di ascendenti, di fratelli o sorelle, e in presenza di parenti comunque entro il terzo grado, al convivente sono devoluti i due terzi. Solo in assenza di parenti prossimi del defunto, e cioè di parenti entro il terzo grado, al convivente compete l’intera eredità.
Ai fini della successione legittima si richiede una prolungata convivenza, dimostrativa dell’effettività e profondità del vincolo affettivo che lega i due soggetti (nove anni).
Al convivente è infine attribuito il diritto di abitazione nella casa del convivente deceduto o comune, fatti salvi i diritti dei legittimari. Si è inteso salvaguardare l’interesse del convivente a restare nel contesto abitativo in cui egli ha vissuto anche lungamente con il de cuius, imputando tuttavia il controvalore di siffatto diritto, che può anche avere una considerevole consistenza economica in termini di compressione del diritto di proprietà degli altri eredi, alla quota di pertinenza del convivente superstite.
L’articolo 12 riconosce un importante dovere solidaristico in caso di cessazione della convivenza oltre i tre anni. Laddove uno dei conviventi versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, l’altro convivente è tenuto a prestare gli alimenti con precedenza sugli altri obbligati. L’assegno alimentare che qui si disciplina vale a garantire al soggetto in situazioni di disagio economico, che verosimilmente ha prestato affidamento sul perdurare della convivenza, un sostegno economico di sopravvivenza per un periodo congruo. L’assegno risponde a ragioni meramente solidaristiche. Si tratta di una provvidenza che compete per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza e che non mira a compensare il contributo personale ed economico dato durante la convivenza, né a risarcire il convivente debole in conseguenza della disposta cessazione del rapporto. Il presupposto per la concessione dell’assegno alimentare è l’insufficienza dei mezzi per vivere. Peraltro, proprio in ragione della sua natura giuridica (misura volta a fronteggiare una situazione quasi emergenziale, connessa all’affidamento che il convivente economicamente più debole poteva aver fatto circa il protrarsi del rapporto affettivo e che lo ha lasciato, quanto meno temporaneamente, sprovvisto di mezzi di sostentamento), l’obbligo cessa qualora l’avente diritto contragga matrimonio o inizi una nuova convivenza ai sensi dell’articolo 1.
L’articolo 13 detta disposizioni transitorie e finali, che mirano anzitutto a garantire, attraverso situazioni giuridiche soggettive, l’estensione a tutti i conviventi di cui alla legge, di diritti e obblighi previsti da altre disposizioni vigenti per situazioni pure di convivenza, salvi in ogni caso i presupposti e le modalità previste dalle relative disposizioni.
Esigenze finanziarie di compatibilità con il bilancio hanno impedito la possibilità di consentire una retrodatazione della convivenza ai fini dell’acquisto dei diritti previdenziali, la cui natura giuridica, il cui rapporto di proporzionalità diretto con la durata della convivenza e inverso con le condizioni economiche e patrimoniali del convivente superstite saranno definiti in autonoma disciplina legislativa.
Per tale ragione, si è fissato il termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore della nuova disciplina in materia di diritti dei conviventi affinché i soggetti già legati da vincolo affettivo rilevante ai fini della presente legge possano far valere la retrodatazione dell’inizio della convivenza medesima, esclusi in ogni caso i benefici di cui all’articolo 10 per le motivazioni sopra esposte. La prova della durata della convivenza potrà essere fornita con gli stessi criteri impiegati quotidianamente in sede giurisdizionale da chi rivendica diritti già riconducibili a situazioni di convivenza.
A fini meramente chiarificatori, si ribadisce che devono intendersi esclusi i periodi in cui per uno o per entrambi i conviventi sussistevano i legami di cui all’articolo 1, comma 1, e le cause di esclusione di cui all’articolo 2.
Al fine di non far gravare sul soggetto divorziato i periodi, alle volte assai lunghi, di attesa del giudicato nel procedimento di divorzio e stante la liceità di convivenze post separazione – tanto che di esse si tiene conto ai fini della determinazione dell’ammontare dell’assegno divorzile – è stata prevista la possibilità di computare nel periodo di convivenza anche il tempo trascorso in costanza di separazione e prima della sentenza definitiva di divorzio, decorsi i tre anni di separazione calcolati a far tempo dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale.
Anche al fine di evitare duplicazioni di benefici derivanti dalla convivenza e dalla condizione di divorziato, si è stabilito che i diritti patrimoniali, successori o previdenziali e le agevolazioni previsti dalle disposizioni vigenti a favore dell’ex coniuge cessano quando questi risulti convivente ai sensi della legge. Analogamente, i diritti patrimoniali, successori o previdenziali, e le agevolazioni previsti dalla legge sui diritti dei conviventi cessano qualora uno dei conviventi contragga matrimonio.
L’articolo 14 fissa gli oneri finanziari gravanti sul bilancio dello Stato in virtù dell’entrata in vigore della presente disciplina e quantificati solo a decorrere dal 2008. Non sono state previste spese per il 2007, poiché i tempi per l’approvazione finale del presente testo, valutati congiuntamente con i tempi per avviare una ordinaria procedura successoria, con i conseguenti oneri fiscali, rendono inevitabile che le prime spese si producano solo nel prossimo anno. L’ammontare della spesa è stato quantificato tenendo conto della circostanza che la riduzione dell’aliquota per il convivente si accompagna al suo riconoscimento della condizione di erede legittimo, con la possibilità di succedere pure in assenza di disposizione testamentaria, nei limiti delle quote definite.
1. Aspetti tecnico-normativi
A) Analisi del quadro normativo e dell’impatto normativo delle norme proposte sulla legislazione vigente
Con il presente disegno di legge l’ordinamento individua, per la prima volta in modo organico e sistematico, forme idonee ad assicurare alle persone che fanno parte di convivenze qualificate dal particolare sistema di relazioni (sentimentale, assistenziale e di solidarietà), il godimento dei diritti di cittadinanza sociale, secondo la linea che già la giurisprudenza e, in misura minore, il legislatore, hanno cominciato a tracciare con riferimento alla cosiddetta «famiglia di fatto».
La legislazione vigente, infatti, prende in considerazione, peraltro utilizzando una terminologia non univoca, le posizioni giuridiche soggettive dei conviventi sotto molteplici aspetti:
a) sia il codice civile sia il codice penale, così come il codice di procedura civile ed il codice di procedura penale, prendono in considerazione il convivente (articoli 155-quater, 330, 342-bis, 342-ter, 406, 417 del codice civile; articoli 609-quater, 609-septies del codice penale; articolo 815 del codice di procedura civile; articolo 199 del codice di procedura penale);
b) analogamente, la posizione del convivente è presa in considerazione dalla legislazione in materia di protezione sociale e del lavoro (articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53; articolo 53 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n.151), in materia sanitaria (articolo 1 della legge 29 luglio 1975, n. 405; articolo 3 della legge 1º aprile 1999, n. 91; legge 19 febbraio 2004, n. 40), in materia di diritto alla riservatezza (articoli 24, 26, 43, 82, 105 del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196), di edilizia ed abitazione (articolo 6 della legge 27 luglio 1978, n. 392, nel testo «additivato» dalla sentenza n. 404 del 1988 della Corte costituzionale, oltre le varie disposizioni statali e regionali sull’assegnazione degli alloggi di edilizia economica o popolare) ed in materia risarcitoria (diverse disposizioni prevedono forme di indennizzo o risarcimento in favore dei conviventi di vittime di particolari eventi quali terrorismo, usura, disastri aerei e nel campo delle assicurazioni private).
L’impatto sulla legislazione vigente è regolato dalla disposizione finale secondo la quale i diritti e gli obblighi previsti dall’attuale normativa si applicano ai conviventi secondo i presupposti e le modalità ivi previste.
B) Analisi della compatibilità dell’intervento con l’ordinamento comunitario
Non si ravvisano elementi di contrasto con l’ordinamento comunitario. La disposizione di cui all’articolo 6 è coerente con la disciplina scaturente dal recepimento nell’ordinamento italiano delle direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulla libera circolazione.
C) Analisi della compatibilità con le competenze costituzionali delle regioni ordinarie e a statuto speciale
Non si ravvisano elementi di contrasto con l’attuale riparto delle competenze normative tra Stato e regioni. La disposizione di cui all’articolo 7 integra un livello essenziale del relativo diritto all’abitazione.
D) Verifica della coerenza con le fonti legislative primarie che dispongono il trasferimento di funzioni alle regioni e agli enti locali
Il presente disegno di legge è coerente con le funzioni attribuite alle regioni ed agli enti locali, in quanto l’articolo 7 integra un livello essenziale del relativo diritto all’abitazione.
2. Elementi di drafting e di linguaggio normativo
A) Verifica della correttezza dei riferimenti normativi contenuti nel progetto, individuazione di effetti abrogativi impliciti
Il presente disegno di legge:
- contiene riferimenti legislativi corretti;
- non reca abrogazioni implicite di norme vigenti;
- non richiede previsione di delega per la redazione di un testo unico della materia disciplinata.
3. Ulteriori elementi
A) Indicazione delle linee prevalenti della giurisprudenza ovvero della pendenza di giudizi di costituzionalità
La giurisprudenza della Corte costituzionale si fonda sul favore per l’istituto matrimoniale «in ragione dei caratteri di stabilità e certezza e della corrispettività dei diritti e dei doveri che nascono soltanto dal matrimonio» (sentenze n. 310 del 1989; n. 8 del 1996; n. 352 del 2000; ordinanza n. 121 del 2004). Per la Corte, infatti, l’unione libera non costituisce fenomeno che possa rientrare nella previsione di cui all’articolo 29 della Costituzione (sentenze n. 126 del 1968; n. 45 del 1980; n. 559 del 1989; n. 8 del 1996; n. 166 del 1998). Peraltro, la «tutela» della convivenza more uxorio è registrata in diverse pronunce ed è, invero, funzionale alla necessità di porre rimedio a situazioni di disuguaglianza ed alla conseguente necessità di rispettare il principio di eguale godimento di diritti fondamentali. Così è avvenuto, ad esempio, nel caso del riconoscimento – a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’articolo 6 della legge sulle locazioni nella parte in cui non prevede la successione nel contratto di locazione, stipulato dal conduttore che abbia cessato la convivenza, a favore del convivente di questo quando vi sia prole – del diritto del convivente more uxorio a rimanere nell’immobile stesso con la prole naturale nata dall’unione (sentenza della Corte costituzionale n. 404 del 1988). Più in generale, al di là dei singoli casi sottoposti alla sua attenzione, la Corte ha più volte affermato che l’articolo 2 della Costituzione, che si riferisce alla tutela dei diritti della persona anche nelle formazioni sociali ove si svolge la personalità, ricomprende anche le convivenze di fatto «purché caratterizzate da un grado accertato di stabilità» (sentenze n. 310 del 1989; n. 237 del 1986; n. 281 del 1994; n. 8 del 1996). Infine la norma dell’articolo 6, comma 1, sul permesso di soggiorno al convivente extracomunitario previene una possibile discriminazione a rovescio tra cittadini italiani e comunitari, suscettibile di determinare un rilevante contenzioso sino a giungere a una inevitabile condanna da parte della Corte (confronta la sentenza n. 443 del 1997).
B) Verifica dell’esistenza di progetti di legge vertenti su materia analoga all’esame del Parlamento
Presso il Senato della Repubblica risultano presentati i seguenti disegni di legge:
atto Senato n. 18 (FRANCO Vittoria ed altri) «Norme sul riconoscimento giuridico delle unioni civili»;
atto Senato n. 62 (MALABARBA) «Norme in materia di unione registrata, di unione civile, di convivenza di fatto, di adozione e di uguaglianza giuridica tra i coniugi»;
atto Senato n. 472 (RIPAMONTI) «Disposizioni in materia di unioni civili»;
atto Senato n. 481 (SILVESTRI ed altri) «Disciplina del patto civile di solidarietà);
atto Senato n. 589 (BIONDI) «Disciplina del contratto d’unione solidale»;
atto Senato n. 1208 (BOCCIA Maria Luisa ed altri) «Normativa sulle unioni civili e sulle unioni di mutuo aiuto);
atto Senato n. 1224 (MANZIONE) «Disciplina del patto di solidarietà»;
atto Senato n. 1225 (RUSSO SPENA ed altri) «Norme in materia di unione registrata, di unione civile, di convivenza di fatto, di adozione e di uguaglianza giuridica tra i coniugi»;
atto Senato n. 1227 (RUSSO SPENA ed altri) «Disciplina delle unioni civili».
Presso la Camera dei deputati risultano presentate le seguenti proposte di legge:
atto Camera n. 33 (GRILLINI ed altri) «Disciplina del patto civile di solidarietà»;
atto Camera n. 580 (GRILLINI) «Disciplina dell’unione civile»;
atto Camera n. 1060 (MORONI) «Istituzione del patto civile di solidarietà e disciplina della famiglia di fatto»;
atto Camera n. 1155 (BUEMI) «Disciplina delle unioni di fatto»;
atto Camera n. 1246 (CAPEZZONE ed altri) «Modifiche al Codice civile e altre disposizioni in materia di unione civile»;
atto Camera n. 1562 (DE SIMONE ed altri) «Norme in materia di unione registrata, di unione civile, di convivenza di fatto, di adozione e di uguaglianza giuridica tra coniugi»;
atto Camera n. 1563 (DE SIMONE ed altri) «Disciplina delle unioni civili»;
atto Camera n. 1730 (RIVOLTA ed altri) «Disciplina del contratto di convivenza»;
atto Camera n. 2148 (BALDUCCI) «Disciplina del patto civile di solidarietà e norme in materia di tutela giuridica delle coppie di fatto e dei nuclei stabili di persone»;
atto Camera n. 2097 (BIMBI ed altri) «Disposizioni in materia di certificazione e autocertificazione della convivenza di coppia per legame affettivo»;
atto Camera n. 2177 (LUCÀ, LENZI) «Riconoscimento giuridico di diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte di unioni di fatto».
Analisi dell’impatto della regolamentazione (air)
A) Ambito dell’intervento; destinatari diretti e indiretti
Destinatari dell’intervento sono i soggetti, maggiorenni e capaci, anche dello stesso sesso, uniti da vincoli affettivi, che convivono stabilmente e si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale.
Sono esclusi dall’applicazione della normativa coloro che, pur conviventi, siano legati da vincoli di matrimonio con altri soggetti o da altri vincoli espressamente indicati (parentela in linea retta entro il primo grado, affinità in linea retta entro il secondo grado, adozione, affiliazione, tutela, curatela o amministrazione di sostegno). Sono altresì esclusi coloro che siano stati condannati o rinviati a giudizio o sottoposti a misura cautelare per omicidio tentato o consumato sul coniuge o sul convivente dell’altro convivente e coloro che convivono in ragione di un rapporto contrattuale, anche di lavoro, che comporti necessariamente l’abitare in comune.
Destinatari indiretti del provvedimento sono innanzitutto gli uffici di anagrafe, cui è demandato il compito di provvedere alle iscrizioni, mutazioni e cancellazioni ai sensi della normativa vigente, concernenti i soggetti conviventi descritti dall’articolo 1 (inclusi gli italiani residenti all’estero), rilasciando la relativa certificazione.
Altri destinatari indiretti sono gli uffici dell’Amministrazione dell’interno (che dovranno provvedere al rilascio del permesso di soggiorno per convivenza agli stranieri extracomunitari o apolidi, sulla base delle condizioni e delle modalità stabilite dalla normativa di cui al decreto legislativo 6 febbraio 2007, in corso di pubblicazione), le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (che dovranno tener conto della convivenza ai fini dell’assegnazione di alloggi di edilizia popolare o residenziale pubblica), gli uffici dell’Agenzia delle entrate (che applicheranno l’aliquota di cui all’articolo 11 all’imposta di successione), le strutture ospedaliere e di assistenza pubbliche e private (cui spetta di disciplinare le modalità di esercizio del diritto di accesso del convivente nel caso di malattia o ricovero dell’altro e di tener conto della designazione del rappresentante per le decisioni da prendere in caso di malattia che comporti l’incapacità di intendere e di volere o per quanto riguarda la donazione di organi in caso di morte), i soggetti cui spetta di dare esecuzione alle decisioni in materia di trattamento del corpo dopo la morte e di celebrazioni funerarie.
Da ricordare, da ultimo, la norma programmatica diretta al legislatore che, in sede di riordino della normativa previdenziale e pensionistica e in tema di agevolazioni in materia di lavoro (in questo caso, unitamente alla contrattazione collettiva), dovrà tener conto delle situazioni di convivenza secondo i criteri previsti dagli articoli 9 e 10.
B) Obiettivi e risultati attesi
Il disegno di legge ha lo scopo di definire in quali casi le situazioni di convivenza, per il particolare sistema di relazioni (sentimentale, assistenziale, di solidarietà) che in esse opera, danno luogo a diritti e doveri giuridicamente tutelati in capo ai soggetti (privati) che ne fanno parte.
Esso inoltre individua analiticamente i diritti e i doveri, di natura patrimoniale e non, che si intendono attribuire a tali soggetti, facendo espressamente salvi i diritti e gli obblighi già previsti da altre disposizioni vigenti per le situazioni di convivenza.
In questo modo, si è inteso incrementare e completare l’arco delle posizioni giuridiche collegate alla situazione di fatto della convivenza, inserendole in un testo unitario. Inoltre, si è ricorsi ad una procedura (l’iscrizione anagrafica) che consente agli interessati di dimostrare l’esistenza e la durata della convivenza, al fine dell’esercizio dei diritti previsti dal disegno di legge.
C) Impatto diretto e indiretto sulla organizzazione e sulle attività delle pubbliche amministrazioni
Il disegno di legge incide direttamente sull’organizzazione dell’Amministrazione dell’interno, in relazione alle attività degli uffici locali di anagrafe e delle questure, competenti per il rilascio dei permessi di soggiorno. Esso, peraltro, non impone la creazione di nuove strutture amministrative, né richiede apposita attività di formazione degli impiegati pubblici addetti ai relativi servizi
Per quanto riguarda l’anagrafe, in particolare, le disposizioni del disegno di legge nulla innovano rispetto alla disciplina vigente, stabilita dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, per cui esse non comportano oneri aggiuntivi, rientrando anche le attività di accertamento e di certificazione nell’ambito dei compiti istituzionali assegnati agli uffici di anagrafe e alla polizia municipale. Con riferimento agli uffici addetti al rilascio dei permessi di soggiorno agli extracomunitari, le specifiche modalità e le condizioni relative al motivo in questione sono stabilite dal decreto legislativo 6 febbraio 2007, in corso di pubblicazione.
Il provvedimento incide anche sull’attività di regioni e province autonome, ma senza innovazioni riferite alle rispettive organizzazioni, limitandosi a prevedere l’obbligo di tener conto delle convivenze nella predisposizione delle graduatorie sugli alloggi.
D) Aree di criticità
Non si evidenziano aree di criticità.
E) Opzioni alternative alla regolazione ed opzioni regolatorie, valutazione delle opzioni regolatorie possibili
L’opzione rappresentata dall’assenza di regolazione della materia appare impraticabile, dal momento che già il legislatore, e in misura ancora maggiore la giurisprudenza, hanno da tempo ricollegato alla convivenza diritti ed obblighi, senza peraltro fornire una definizione univoca delle situazioni di fatto.
Si è intervenuti, inoltre, in ambiti, come la tutela dei diritti fondamentali e la previsione di doveri con profili di natura patrimoniale, in relazione ai quali appare necessario il ricorso allo strumento legislativo, perché un intervento attraverso fonti normative di grado inferiore risulterebbe in contrasto con il disposto costituzionale.
Relazione tecnica
Successioni a favore dei conviventi
Con la norma in questione viene previsto che sull’ammontare complessivo netto dei beni rientranti nelle successioni effettuate a favore del convivente, per testamento o per legge, si applica in luogo dell’attuale 8 per cento una soglia di esenzione fino all’importo di 100.000 euro ed una tassazione del 5 per cento sulla parte eccedente tale limite.
Per stimare il valore delle successioni spettanti ai conviventi sono stati elaborati i dati contenuti nelle successioni verso altri soggetti persone fisiche (non legati da grado di parentela), considerando che attualmente tra questi rientrerebbero i conviventi.
L’ammontare delle successioni a favore di altri soggetti persone fisiche è risultato pari a circa il 20 per cento del totale relativo ad «altri soggetti». Di questi, il 15 per cento è stato prudenzialmente attribuito ai potenziali soggetti conviventi. Inoltre sono state individuate le quote al di sotto e al di sopra della soglia indicata dei 100.000 euro.
La perdita di gettito derivante dall’introduzione della norma è costituita dalle quote di successioni che verrebbero a trovarsi al di sotto della soglia individuata più, per le quote eccedenti la stessa, il differenziale tra l’aliquota attuale dell’8 per cento e la nuova pari al 5 per cento.
Considerando che il valore stimato delle successioni testamentarie per gli altri soggetti ammonta a circa 633 milioni di euro, applicando prudenzialmente il 15 per cento alle convivenze, considerando la distribuzione delle successioni rispetto alla soglia di esenzione, e utilizzando l’aliquota del 5 per cento, risulta che il nuovo gettito ammonterebbe a 2,1 milioni di euro.
Attualmente il gettito derivante dalle successioni testamentarie a favore di altri soggetti, per la parte individuata come relativa ai conviventi, si stima essere di circa:
633 milioni x 15 per cento x 8 per cento = 7,6 milioni di euro.
Per quanto attiene alla parte delle successioni per legge risulta difficile procedere ad una stima puntuale, in assenza di informazioni sulla distribuzione delle quote fra gli eredi in presenza di conviventi; tuttavia si ritiene in via prudenziale che gli effetti complessivi siano sostanzialmente nulli.
Infatti, considerando che le quote spettanti ai conviventi verrebbero sottratte dalla massa ereditaria di cui beneficiavano prima figli, ascendenti legittimi, fratelli e sorelle, parenti entro il terzo grado e che tali quote erano prima assoggettate, nel caso dei parenti in linea retta, ad una aliquota più bassa (del 4 per cento anziché del 5 per cento) con una fascia di esenzione più elevata (un milione di euro anziché 100.000 euro), si stima che in tutti questi casi possa risultare un limitato recupero di gettito non quantificabile. Per quanto riguarda, invece, fratelli e sorelle, ci sarebbe una limitata perdita di gettito (dato che a parità di soglia di esenzione avremmo un’aliquota del 5 per cento anziché dell’attuale 6 per cento). Sebbene le quote che vanno ai parenti in linea retta costituiscano una quota rilevante delle successioni, si può affermare in via prudenziale che l’effetto complessivo netto derivante dall’applicazione della successione legittima per i conviventi sia nullo.
Ne deriva che la perdita di gettito di competenza annua risulta essere, in milioni di euro, la seguente:
SUCCESSIONI
Gettito Attuale
7,6
Nuovo gettito
2,1
Perdita di gettito
– 5,5
L’andamento di cassa, in milioni di euro, per il periodo 2007-2009, ipotizzando che il provvedimento inizi a decorrere dal 1º marzo 2007, e considerato che le successioni hanno un anno di tempo per essere registrate, sarà:
2007
2008
2009
Successioni
0
– 4,6
– 5,5
Al predetto onere si provvede:
1) quanto a 2,1 milioni di euro per l’anno 2008 e a 2,9 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 20, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, relativa al Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge di cui all’unità previsionale di base 4.1.5.17 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno finanziario 2007;
2) quanto a 2,5 milioni di euro per l’anno 2008 e 2,6 milioni di euro a decorrere dal 2009, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2007, utilizzando:
a) per l’anno 2008, per un importo pari a 625.000 euro ciascuno, gli accantonamenti relativi ai Ministeri:
– per i beni e le attività culturali;
– della salute;
– dell’università e della ricerca;
– della solidarietà sociale;
b) per l’anno 2009 l’accantonamento relativo al Ministero dell’economia e delle finanze.
Prospetto riepilogativo (in milioni di euro)
2007
2008
2009
Onere
0
4,6
5,5
Copertura:
Rid. aut. spesa art. 1, c. 20, L. 266/05
2,1
2,9
Fondo speciale tab. A
2,5
2,6
di cui:
ECONOMIA e FINANZE (da cont. Ambientale)
2,6
BENI e ATTIVITÀ CULTURALI
0,625
SALUTE
0,625
UNIVERSITÀ e RICERCA
0,625
SOLIDARIETÀ SOCIALE
0,625
Totale copertura
0
4,6
5,5
DISEGNO DI LEGGE
(Ambito e modalità di applicazione)
1. Due persone maggiorenni e capaci, anche dello stesso sesso, unite da reciproci vincoli affettivi, che convivono stabilmente e si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale, non legate da vincoli di matrimonio, parentela in linea retta entro il primo grado, affinità in linea retta entro il secondo grado, adozione, affiliazione, tutela, curatela o amministrazione di sostegno, sono titolari dei diritti, dei doveri e delle facoltà stabiliti dalla presente legge.
2. La convivenza di cui al comma 1 è provata dalle risultanze anagrafiche in conformità agli articoli 4, 13, comma 1, lettera b), 21 e 33 del regolamento di cui al del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, secondo le modalità stabilite nel medesimo regolamento per l’iscrizione, il mutamento o la cancellazione. È fatta salva la prova contraria sulla sussistenza degli elementi di cui al comma 1 e delle cause di esclusione di cui all’articolo 2 della presente legge. Chiunque ne abbia interesse può fornire la prova che la convivenza è iniziata successivamente o è terminata in data diversa rispetto alle risultanze anagrafiche.
3. Relativamente alla convivenza di cui al comma 1, qualora la dichiarazione all’ufficio di anagrafe di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b), del regolamento di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, non sia resa contestualmente da entrambi i conviventi, il convivente che l’ha resa ha l’onere di darne comunicazione all’altro convivente mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento; la mancata comunicazione preclude la possibilità di utilizzare le risultanze anagrafiche a fini probatori ai sensi della presente legge.
4. L’esercizio dei diritti e delle facoltà previsti dalla presente legge presuppone l’attualità della convivenza.
5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche all’anagrafe degli italiani residenti all’estero.
6. Ai fini della presente legge i soggetti di cui al comma 1 sono definiti «conviventi».
7. Il convivente non può avviare altra procedura anagrafica ai sensi dei commi 2 e 3.
(Esclusioni)
1. Le disposizioni della presente legge non si applicano alle persone:
a) delle quali l’una sia stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra o sulla persona con la quale l’altra conviveva ai sensi dell’articolo 1, comma 1, ovvero sulla base di analoga disciplina prevista da altri ordinamenti;
b) delle quali l’una sia stata rinviata a giudizio, ovvero sottoposta a misura cautelare, per i reati di cui alla lettera a);
c) legate da rapporti contrattuali, anche lavorativi, che comportino necessariamente l’abitare in comune.
(Sanzioni)
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di beneficiare delle disposizioni della presente legge, chiede l’iscrizione anagrafica in assenza di coabitazione, ovvero dichiara falsamente di essere convivente ai sensi della presente legge, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 3.000 a euro 10.000.
2. La falsa dichiarazione di cui al comma 1 produce la nullità degli atti conseguenti; i pagamenti eseguiti sono ripetibili ai sensi dell’articolo 2033 del codice civile.
(Assistenza per malattia o ricovero)
1. Le strutture ospedaliere e di assistenza pubbliche e private disciplinano le modalità di esercizio del diritto di accesso del convivente per fini di visita e di assistenza nel caso di malattia o ricovero dell’altro convivente.
(Decisioni in materia di salute
e per il caso di morte)
1. Ciascun convivente può designare l’altro quale suo rappresentante:
a) in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e volere, nei limiti previsti dalle disposizioni vigenti, per quanto attiene alle decisioni in materia di salute;
b) in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie, nei limiti previsti dalle disposizioni vigenti.
2. La designazione di cui al comma 1 è effettuata mediante atto scritto e autografo; in caso di impossibilità a redigerlo, viene formato un processo verbale alla presenza di tre testimoni, che lo sottoscrivono.
(Permesso di soggiorno)
1. Il cittadino straniero extracomunitario o apolide, convivente con un cittadino italiano o comunitario, che non ha un autonomo diritto di soggiorno, può chiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per convivenza, alle condizioni previste dall’articolo 7 del decreto legislativo 6 febbraio 2007 di attuazione della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004.
2. Il cittadino dell’Unione europea, convivente con un cittadino italiano, che non ha un autonomo diritto di soggiorno, ha diritto all’iscrizione anagrafica di cui all’articolo 9 del decreto legislativo 6 febbraio 2007 di attuazione della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004.
(Assegnazione di alloggi
di edilizia pubblica)
1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano tengono conto della convivenza di cui all’articolo 1 ai fini dell’assegnazione di alloggi di edilizia popolare o residenziale pubblica.
(Successione nel contratto di locazione)
1. In caso di morte di uno dei conviventi che sia conduttore nel contratto di locazione della comune abitazione, l’altro convivente può succedergli nel contratto purché la convivenza perduri da almeno tre anni, ovvero vi siano figli comuni.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche nel caso di cessazione della convivenza nei confronti del convivente che intenda subentrare nel rapporto di locazione.
(Agevolazioni e tutele in materie di lavoro)
1. La legge e i contratti collettivi disciplinano i trasferimenti e le assegnazioni di sede dei conviventi dipendenti pubblici e privati al fine di agevolare il mantenimento della comune residenza, prevedendo tra i requisiti per l’accesso al beneficio una durata almeno triennale della convivenza.
2. Il convivente che abbia prestato attività lavorativa continuativa nell’impresa di cui sia titolare l’altro convivente può chiedere, salvo che l’attività medesima si basi su di un diverso rapporto, il riconoscimento della partecipazione agli utili dell’impresa, in proporzione dell’apporto fornito.
(Trattamenti previdenziali e pensionistici)
1. In sede di riordino della normativa previdenziale e pensionistica, la legge disciplina i trattamenti da attribuire al convivente, stabilendo un requisito di durata minima della convivenza, commisurando le prestazioni alla durata della medesima e tenendo conto delle condizioni economiche e patrimoniali del convivente superstite.
(Diritti successori)
1. Trascorsi nove anni dall’inizio della convivenza, il convivente concorre alla successione legittima dell’altro convivente, secondo le disposizioni dei commi 2 e 3.
2. Il convivente ha diritto a un terzo dell’eredità se alla successione concorre un solo figlio e ad un quarto se concorrono due o più figli. In caso di concorso con ascendenti legittimi o con fratelli e sorelle anche se unilaterali, ovvero con gli uni e con gli altri, al convivente è devoluta la metà dell’eredità.
3. In mancanza di figli, di ascendenti, di fratelli o sorelle, al convivente si devolvono i due terzi dell’eredità, e, in assenza di altri parenti entro il terzo grado in linea collaterale, l’intera eredità.
4. Al convivente, trascorsi almeno nove anni dall’inizio della convivenza, e fatti salvi i diritti dei legittimari, spettano i diritti di abitazione nella casa adibita a residenza della convivenza e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tali diritti gravano sulla quota spettante al convivente.
5. Quando i beni ereditari di un convivente sono devoluti all’altro convivente, l’aliquota sul valore complessivo netto dei beni prevista dall’articolo 2, comma 48, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, è stabilita nella misura del 5 per cento sul valore complessivo netto eccedente i 100.000 euro.
(Obbligo alimentare)
1. Nell’ipotesi in cui uno dei conviventi versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, l’altro convivente è tenuto a prestare gli alimenti oltre la cessazione della convivenza, purché durata almeno tre anni, con precedenza sugli altri obbligati, per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza. L’obbligo di prestare gli alimenti cessa qualora l’avente diritto contragga matrimonio o inizi una nuova convivenza ai sensi dell’articolo 1.
(Disposizioni transitorie e finali)
1. I conviventi sono titolari dei diritti e degli obblighi previsti da altre disposizioni vigenti per le situazioni di convivenza, salvi in ogni caso i presupposti e le modalità dalle stesse previste.
2. Entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, può essere fornita la prova di una data di inizio della convivenza anteriore a quella delle risultanze di cui all’articolo 1, comma 2. La disposizione di cui al presente comma non ha effetti relativamente ai diritti di cui all’articolo 10.
3. Il termine di cui al comma 2 viene computato escludendo i periodi in cui per uno o per entrambi i conviventi sussistevano i legami di cui all’articolo 1, comma 1, e le cause di esclusione di cui all’articolo 2.
4. In caso di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere fornita, entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, da parte di ciascuno dei conviventi o, in caso di morte intervenuta di un convivente, da parte del superstite, la prova di una data di inizio della convivenza anteriore a quella della iscrizione di cui all’articolo 1, comma 2, comunque successiva al triennio di separazione calcolato a far tempo dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale ed alla domanda di divorzio.
5. I diritti patrimoniali, successori e le agevolazioni previsti dalle disposizioni vigenti a favore dell’ex coniuge cessano quando questi risulti convivente ai sensi della presente legge.
6. I diritti patrimoniali, successori e le agevolazioni previsti dalla presente legge cessano qualora uno dei conviventi contragga matrimonio.
(Copertura finanziaria)
1. All’onere derivante dall’attuazione dell’articolo 11, pari a 4,6 milioni di euro per l’anno 2008 e a 5,5 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009, si provvede:
a) quanto a 2,1 milioni di euro per l’anno 2008 e a 2,9 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 20, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, relativa al Fondo per le autorizzazioni di spesa direttamente regolate per legge di cui all’unità previsionale di base 4.1.5.17 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2007;
b) quanto a 2,5 milioni di euro per l’anno 2008 e a 2,6 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2007, allo scopo parzialmente utilizzando:
1) per l’anno 2008 gli accantonamenti relativi al Ministero per i beni e le attività culturali, al Ministero della salute, al Ministero dell’università e della ricerca e al Ministero della solidarietà sociale, per l’importo di 625.000 euro ciascuno;
2) per l’anno 2009 l’accantonamento relativo al Ministero dell’economia e delle finanze.
2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.