DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa dei senatori DEL PENNINO, BIONDI, PARAVIA, IANNUZZI, SARO, STERPA e STRACQUADANIO
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 14 MARZO 2007
Modifiche alla legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante norme in materia di procreazione medicalmente assistita
Onorevoli Senatori. – A tre anni dalla sua entrata in vigore crediamo sia necessario un bilancio degli effetti della legge 19 febbraio 2004, n. 40; valutare sine ira et studio le parti che necessitano di essere conservate e quelle che, invece, vanno corrette.
Né si può dire che la legge è «intangibile» in quanto avrebbe avuto una consacrazione popolare a seguito del referendum del 12-13 giugno 2005.
Quel referendum, infatti, non espresse una maggioranza di voti favorevoli al mantenimento in vigore della legge, ma registrò semplicemente il mancato raggiungimento del quorum necessario per la validità della pronuncia referendaria. E non si può interpretare tale risultato come effetto solo dell’impegno di coloro che, a difesa della legge, invitarono all’astensione.
È nota la disaffezione verso l’uso dello strumento referendario diffusasi negli ultimi anni, tant’è che nessuno dei diciassette quesiti referendari abrogativi celebratisi tra il 1997 e il 2003 ha raggiunto il quorum.
Nel caso specifico, poi, si trattava di un tema complesso e difficile che toccava direttamente solo alcune centinaia di migliaia di persone e quindi non sollecitava una partecipazione alla scelta popolare sull’argomento.
I presentatori del presente disegno di legge non intendono comunque riaprire alcuno scontro sui grandi temi bioetici che ha caratterizzato il dibattito parlamentare prima e la prova referendaria poi. E non mirano a una radicale revisione della legge n. 40, di cui conservano sostanzialmente l’impianto.
Intendono solo proporre alcune correzioni di quegli aspetti che alla luce dell’esperienza maturata in questo triennio si sono rivelati inadeguati.
Essi riguardano: l’esclusione della possibilità di ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) per le coppie portatrici di malattie genetiche; i divieti di fecondazione eterologa e di crioconservazione degli embrioni; l’obbligo di unico e contemporaneo impianto di tutti gli embrioni prodotti, nonché alcune disposizioni che limitano le possibilità di ricerca.
Le esclusioni, i divieti e gli obblighi prima ricordati hanno determinato una forte crescita del numero delle coppie che hanno scelto di recarsi all’estero per ricorrere a tecniche di PMA.
Dai dati dell’osservatorio dell’associazione «Centri studio conservazione ovociti e sperma umani» (CECOS), che riportano le informazioni ricevute da ventisette centri esteri, i trattamenti eseguiti su coppie italiane sono aumentati da circa 1.000 nel 2003 ad oltre 4.000 nel 2005. Se si considera che in Italia vengono eseguiti circa 25.000 cicli PMA, si deve constatare che quelli eseguiti all’estero sono oltre il 15 per cento del totale. Ed il dato è ovviamente sottostimato in quanto riferito ai soli centri esteri che hanno fornito le informazioni.
Nella maggior parte dei casi il ricorso all’estero è relativo alla possibilità di disporre della donazione di gameti e di effettuare la diagnosi pre-impianto, ma vi sono coppie che decidono di espatriare anche per trattamenti che la legge n. 40 del 2004 consente: fertilizzazione in vitro (IVF), iniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI), in quanto reputano che i limiti imposti dalla stessa le espongano a minori possibilità di successo.
In particolare, per la donazione di ovociti, le coppie italiane si recano in Stati come Spagna, Grecia e Ucraina, dove la legge permette di utilizzare donatrici anonime volontarie. In questi Paesi, peraltro, l’aumentata richiesta da parte di coppie italiane, da un lato ha fatto raddoppiare i costi di questi trattamenti, dall’altro rischia di promuovere un mercato nero per il reclutamento dei donatori/donatrici, soprattutto dai Paesi più poveri.
In sostanza, quello che la legge n. 40 considera giustamente illecito e perseguibile – la commercializzazione dei gameti – viene in realtà incentivato all’estero dalle richieste dei nostri connazionali.
Ma il «turismo riproduttivo», come abbiamo detto prima, riguarda anche i trattamenti che la nostra legge riconosce leciti, ma per cui impone il divieto di crioconservazione degli embrioni e il vincolo di un unico e contemporaneo impianto.
I dati dell’European in vitro fertilization monitoring (EIM), sistema di raccolta dati europeo pubblicati annualmente sulla rivista Human Reproduction mostrano un lento, ma costante aumento delle percentuali di successo sia con la fertilizzazione in vitro con embryo transfer (FIVET) che con l’ICSI in tutta Europa, grazie a una riduzione del numero medio di embrioni trasferiti e, alla conseguente diminuzione delle gravidanze multiple.
Per esempio molti Stati del Nord Europa, laddove maggiormente si è sviluppata la politica di trasferire un massimo di 1-2 embrioni, registrano percentuali di gravidanza superiori al 35 per cento, con una incidenza di gravidanze multiple inferiore all’1 per cento.
L’esigenza di trasferire il minor numero possibile di embrioni richiede che questi vengano selezionati attraverso varie metodiche che non solo sono ammesse in questi Paesi ma addirittura incentivate per legge. Ad esempio, in Belgio il sistema sanitario nazionale rimborsa la procedura solo in caso di trasferimento di un solo embrione in giovani donne per almeno i primi due cicli. Il congelamento di quelli soprannumerari è quindi prassi ben consolidata allo scopo di ridurre il rischio di gravidanze multiple e di non sottoporre la paziente a reiterate stimolazioni ormonali e procedure chirurgiche.
Se quelle prima ricordate sono le ragioni che suggeriscono la revisione delle norme della legge n. 40 del 2004 che riguardano vincoli e divieti relativi al ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, altre valutazioni inducono i presentatori di questo disegno di legge a ritenere necessario apportare correzioni anche alle disposizioni vigenti per quanto riguarda le possibilità di ricerca.
Attualmente i ricercatori italiani possono utilizzare linee cellulari staminali importate dall’estero, ma è loro vietata ogni possibilità di ricerca sugli embrioni prodotti in Italia anche quando è accertata la loro non idoneità all’impianto.
Inoltre è vietata la clonazione terapeutica a fini di ricerca mediante il trasferimento di nucleo per la produzione di cellule staminali autologhe (TNSA), che era stata raccomandata dalla «Commissione di studio sull’utilizzo di cellule staminali per finalità terapeutiche», nominata con decreto ministeriale del 6 settembre 2000 dall’allora Ministro della sanità Umberto Veronesi e presieduta dal professor Renato Dulbecco, «perché offre la prospettiva di risolvere le esigenze quantitative, così come di superare i problemi di compatibilità immunologica».
«Queste cellule staminali – si legge nel rapporto – vengono ottenute mediante riprogrammazione genetica per trasferimento di nuclei di cellule somatiche in citoplasti artificiali umani e/o animali purché non comporti lo sviluppo di embrioni umani (TNSA). Nel caso di citoplasti umani viene previsto esclusivamente lo sviluppo di stipiti cellulari tessuto specifici».
E proprio perché è in grado di evitare l’avvio della formazione dell’embrione, la Commissione, all’unanimità, aveva considerato questa tecnica esente da problemi etici.
Passando all’illustrazione degli articoli, all’articolo 1, per togliere ogni carattere ideologico o di principio, si propone una riformulazione asettica che si limiti a prevedere che la procreazione assistita è regolata dalla presente legge.
Non sembra, infatti, opportuno ricorrere a formulazioni declamatorie in un testo legislativo. È buona regola limitarsi a indicare le finalità della legge che, nel caso in specie, sono quelle di definire i casi in cui è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita.
Non si vuole in questo modo negare i diritti dei soggetti coinvolti e in particolare quelli del concepito. Si intende semplicemente non entrare in un’affermazione di valori sui quali diverse sono le valutazioni sia in termini assoluti che in termini di bilanciamento.
L’articolo 1 prevede inoltre che il ricorso alla procreazione medicalmente assistita sia consentito non solo nei casi di sterilità o infertilità, ma anche nell’ipotesi di coppie portatrici di malattie trasmissibili al concepito e al partner.
Si intende in questo modo prevenire il ricorso all’aborto in cui questo tipo di coppie generalmente si rifugiano quando accertano, con la villocentesi o l’amniocentesi, malformazione nel feto. E l’eliminazione di un feto appare – indipendentemente dalle singole convinzioni ideologiche – assai più grave del mancato impianto di un embrione.
L’articolo 2 e la lettera a) dell’articolo 3 del presente disegno di legge modificano, rispettivamente, il comma 1 dell’articolo 2 e il comma 1 dell’articolo 4 della legge vigente per uniformarli alla proposta di estensione della possibilità di ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita anche a coppie portatrici di malattie genetiche.
La lettera b) dell’articolo 3 e l’articolo 4 modificano la normativa vigente per quanto riguarda il ricorso alle tecniche di procreazione assistita di tipo eterologo.
Viene abolito il divieto assoluto, ma il ricorso a queste tecniche non viene sempre e comunque autorizzato.
Si è cercato di individuare una soluzione equilibrata, che tenga conto dei differenti punti di vista prevedendo che l’applicazione delle tecniche di tipo eterologo debba essere autorizzata da un’apposita commissione tecnico-scientifica istituita dall’assessorato regionale della Sanità territorialmente competente. I criteri cui dovranno attenersi le commissioni regionali saranno definiti con apposito decreto del Ministro della salute, sentito il Comitato nazionale per la bioetica.
Viene poi regolamentata la donazione dei gameti, che deve essere gratuita, anonima, da parte di un soggetto maggiorenne che non abbia compiuto i trentacinque anni se donna, i quaranta se uomo e abbia piena capacità di agire.
Per evitare il rischio di possibili futuri incesti è stabilito che i gameti di un terzo possono essere utilizzati al massimo per tre coppie coniugate o conviventi per le quali la gravidanza sia giunta a termine.
L’articolo 5 corregge la previsione, già del resto contraddetta dalle linee guida, di obbligo di impianto dell’ovulo fecondato anche se la coppia revochi il consenso. Si adotta anche qui una soluzione equilibrata stabilendo che il partner maschile può revocare il consenso sino alla fecondazione dell’ovulo, la donna, invece, in qualunque momento precedente l’impianto. Si tratta di un’ipotesi assai meno drastica di quella che era stata avanzata con la richiesta referendaria che prevedeva comunque l’abrogazione del divieto di revoca della volontà precedentemente dichiarata.
L’articolo 6 e la lettera a) dell’articolo 8 introducono modifiche alla legge vigente, consequenziali alla nuova disciplina proposta per la fecondazione eterologa.
L’articolo 7 prevede una maggiore tutela della privacy, stabilendo che i dati riguardanti gli embrioni formati e i nati siano comunicati dalle strutture e inseriti nel registro istituito presso l’Istituto superiore di sanità in forma anonima e aggregata.
La lettera c) dell’articolo 8 modifica il comma 7 dell’articolo 12 vigente, nel senso di rendere più vincolante il divieto di clonazione umana a fini riproduttivi, prevedendo che, non solo chi realizzi un processo volto ad ottenere un essere umano discendente da un’unica cellula di partenza, eventualmente identica ad un altro essere umano, ma chiunque realizzi forme di clonazione umana a fini riproduttivi sia punito.
L’articolo 9 modifica le disposizioni vigenti in materia di sperimentazione sugli embrioni, riducendo i divieti attualmente stabiliti.
Si propone, infatti, che coloro che accedono alle tecniche di procreazione medicalmente assistita possano autorizzare l’utilizzo a fini terapeutici degli embrioni soprannumerari previo accertamento della loro sopraggiunta non idoneità all’impianto.
Si stabilisce inoltre che la ricerca clinica su ciascun embrione vitale sia consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente diagnostiche, al fine di consentire la diagnosi preimpianto.
Si elimina, infine, il divieto di interventi di clonazione mediante trasferimento di nucleo a fini di ricerca, mantenendo la proibizione di questo tipo di clonazione a fini riproduttivi. Non sembra, infatti, opportuno lasciare in vigore una norma che equipara il divieto degli interventi di clonazione mediante trasferimento di nucleo a fini di ricerca con quelli a fini procreativi.
Con l’articolo 10 si emenda l’articolo 14 della legge n. 40, mantenendo il divieto di soppressione degli embrioni e di riduzione di gravidanze plurime, ma stabilendo una diversa disciplina per le tecniche di produzione degli embrioni e consentendo la loro crioconservazione. Viene, infatti, previsto che le tecniche di produzione degli embrioni non devono creare un numero superiore a quello strettamente necessario per ottenere una gravidanza, affidandone il giudizio al medico, tenuto conto dell’età e dello stato di salute della donna.
Viene conseguentemente permessa la crioconservazione degli embrioni nelle strutture autorizzate e vengono dettati i criteri cui le stesse, anche prima del decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 4-ter, si devono attenere, stabilendo le sanzioni in caso di inosservanza delle disposizioni fissate.
L’articolo 11 prevede che, a fronte dell’ipotesi di obiezione di coscienza sollevate ai sensi dell’articolo 16 della legge n. 40, le strutture sanitarie siano comunque tenute a garantire l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita tramite la sostituzione del personale che si è avvalso del ricorso all’obiezione di coscienza.
Il presente disegno di legge, pertanto, cerca di risolvere alcuni problemi che oggettivamente la legge n. 40 ha posto, tant’è che all’indomani della sua approvazione anche alcuni parlamentari che l’avevano sostenuta (in particolare gli allora presidenti della Commissione Igiene e Sanità del Senato e della Commissione Affari sociali della Camera, senatore Tomassini e onorevole Palumbo, nonché i senatori dell’UDEUR) presentarono progetti di legge volti a modificarne alcuni aspetti, sia pure non tutti quelli su cui oggi ci proponiamo di intervenire.
È auspicio dei presentatori di questo testo che su di esso si apra un confronto parlamentare sereno che consenta di giungere a soluzioni che adeguino la legislazione italiana a quella degli altri Paesi europei.
DISEGNO DI LEGGE
1. L’articolo 1 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, è sostituito dal seguente:
«Art. 1. - (Finalità). – 1. La procreazione medicalmente assistita è disciplinata dalla presente legge, al fine di favorire la soluzione dei problemi derivanti dalla sterilità, dall’infertilità e da malattie trasmissibili al concepito.
2. Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita presuppone la minore efficacia di altri metodi terapeutici».
1. All’articolo 2, comma 1, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, le parole: «prevenzione dei fenomeni della sterilità e della infertilità» sono sostituite dalle seguenti: «prevenzione dei fenomeni della sterilità, della infertilità e delle malattie genetiche».
1. All’articolo 4 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione, in casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico o in casi di sterilità o infertilità da causa accertata e certificata da atto medico, nonché in caso di coppie che non abbiano problemi di fertilità ma che siano portatrici di patologie trasmissibili al concepito».
b) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Il ricorso alle tecniche di procreazione assistita di tipo eterologo non è ammesso tranne che nei casi autorizzati dalla commissione di cui all’articolo 4-bis».
1. Dopo l’articolo 4 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, sono inseriti i seguenti:
«Art. 4-bis. - (Fecondazione eterologa). – 1. Le richieste di autorizzazione all’applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo di cui all’articolo 4, comma 3, vanno presentate a un’apposita commissione tecnico-scientifica istituita dall’assessorato regionale alla sanità competente. I criteri cui devono attenersi le commissioni di cui al precedente periodo sono definiti con apposito decreto del Ministro della salute, sentito il Comitato nazionale per la bioetica.
2. La commissione di cui al comma 1 autorizza l’applicazione delle tecniche di tipo eterologo secondo criteri di tipo clinico, una volta accertato che la coppia richiedente, ove non coniugata, conviva in modo stabile e continuativo da non meno di due anni.
3. Le strutture autorizzate ai sensi dell’articolo 10 garantiscono che non siano diffusi i dati personali dei donatori di gameti, salvo che nei casi di cui ai commi 4 e 5.
4. Su richiesta motivata di colui che è stato procreato, ovvero di coloro che esercitino la potestà o dei rappresentanti legali se si tratta di minore o di interdetto, le strutture autorizzate di cui all’articolo 10 sono tenute a fornire informazioni sui dati del donatore, salvaguardandone l’anonimato.
5. In casi particolari, l’autorità giudiziaria può consentire l’accesso ai dati anagrafici del donatore quando il segreto possa determinare un serio e comprovato pregiudizio per il soggetto procreato. Il giudice provvede su domanda del pubblico ministero, del figlio che abbia raggiunto la maggiore età, dei genitori o di un curatore speciale del figlio minore.
Art. 4-ter. - (Donazione di gameti). – 1. La donazione di gameti per fini autorizzati da questa legge costituisce un contratto gratuito, formale e segreto, concordato fra il donatore e la struttura autorizzata.
2. La donazione non ha carattere lucrativo o commerciale. Il contratto è formalizzato per iscritto tra donatore e la struttura autorizzata. Prima della formalizzazione, il donatore deve essere informato dei fini e delle conseguenze dell’atto.
3. La donazione è anonima e l’identità dei donatori è custodita nel più stretto segreto ed in codice.
4. Il donatore deve avere più di diciotto anni e non più di trentacinque anni se donna, quaranta anni se uomo, e disporre della piena capacità di agire.
5. Il Ministero della salute, avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità, previo parere del Consiglio superiore di sanità, con proprio decreto, fissa i criteri generali per i donatori che includono lo stato psicofisico, le caratteristiche fenotipiche, l’assenza di malattie genetiche, ereditarie o infettive trasmissibili.
6. Ai fini della riproduzione assistita, i gameti di un terzo possono essere utilizzati al massimo per tre coppie coniugate o conviventi, per le quali la gravidanza sia arrivata a termine».
2. I decreti di cui al comma 1 dell’articolo 4-bis e al comma 5 dell’articolo 4-ter della legge 19 febbraio 2004, n. 40, come introdotti dal comma 1 del presente articolo sono emanati entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
1. Al comma 3 dell’articolo 6 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Il paziente può revocare la sua volontà fino al momento della fecondazione dell’ovulo; la paziente in qualsiasi momento».
1. All’articolo 9 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Dopo il primo comma dell’articolo 235 del codice civile è inserito il seguente:
“Nel caso di procreazione medicalmente assistita mediante fecondazione eterologa, l’azione di disconoscimento non è ammessa se il padre ha prestato il proprio consenso informato alla fecondazione eterologa“»;
b) al comma 3, le parole: «in violazione del divieto di cui all’articolo 4, comma 3» sono soppresse.
1. Al comma 1 dell’articolo 11 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I dati riguardanti gli embrioni formati ed i nati devono essere comunicati dalle strutture e inseriti nel registro unicamente in forma anonima ed aggregata».
1. All’articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «in violazione di quanto previsto dall’articolo 4, comma 3» sono sostituite dalle seguenti: «senza l’autorizzazione dell’apposita commissione prevista dall’articolo 4-bis»;
b) alla fine del comma 1 è aggiunto il seguente periodo: «A tal fine non può comunque essere probante dell’avvenuta adozione di tecnica eterologa il fatto che il concepito non risulti geneticamente figlio del partner maschio.»;
c) il comma 7 è sostituito dal seguente:
«7. Chiunque realizzi forme di clonazione umana a fini riproduttivi è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da 600.000 a 1.000.000 di euro. Il medico è punito altresì con l’interdizione dell’esercizio della professione da due a cinque anni».
1. All’articolo 13 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. È vietata qualsiasi sperimentazione su embrioni umani vitali, salvo quanto disposto dal presente articolo.»;
b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. Coloro che accedono alle tecniche di procreazione medicalmente assistita possono dare il loro consenso affinché gli eventuali embrioni soprannumerari siano destinati a finalità terapeutiche, previo accertamento della sopraggiunta non idoneità all’impianto degli embrioni medesimi.»;
c) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. La ricerca clinica su ciascun embrione umano vitale è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente diagnostiche o terapeutiche.»;
d) al comma 3:
1) alla lettera b) sono aggiunte, in fine, le parole: «e della diagnosi preimpianto.»;
2) la lettera c) è sostituita dalla seguente:
«c) interventi di clonazione mediante trasferimento di nucleo a fini procreativi, o di scissione precoce dell’embrione o di ectogenesi sia a fini procreativi sia di ricerca».
1. L’articolo 14 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, è sostituito dal seguente:
«Art. 14. - (Limiti all’applicazione delle tecniche sugli embrioni). – 1. È vietata la soppressione di embrioni, fermo restando quanto previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194.
2. Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell’evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall’articolo 7 non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario per ottenere la gravidanza.
3. Ai fini della presente legge è vietata la riduzione embrionaria di gravidanze plurime, salvo nei casi previsti dalla legge 22 maggio 1978, n. 194.
4. La crioconservazione degli embrioni è consentita nell’ambito delle strutture di cui all’articolo 10, dotate di un sistema di controllo di qualità del lavoro clinico e di laboratorio certificato dal Ministro della salute.
5. I centri autorizzati devono comunque garantire, limitatamente ai casi di donazione, che:
a) vengano eseguite indagini cliniche sulla donatrice e sul donatore, per accertare le buone qualità dell’embrione;
b) vengano compiuti tutti gli esami idonei alla ricerca della positività nei confronti del virus dell’HIV;
c) la conservazione degli embrioni avvenga secondo modalità tali da consentire in ogni momento e senza possibilità di equivoco l’identificazione del materiale genetico da parte dei sanitari;
d) il rispetto dei divieti di cui al comma 3 dell’articolo 13.
6. La crioconservazione al di fuori di quanto previsto nei commi 4 e 5 è punita con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 50.000 euro a 150.000 euro.
7. È disposta la sospensione fino a tre anni dall’esercizio professionale nei confronti dell’esercente una professione sanitaria condannato per il reato di cui al comma 6.
8. È consentita la crioconservazione dei gameti maschile e femminile, previo consenso informato scritto.
9. La violazione delle disposizioni di cui al comma 8 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 50.000 euro.
10. Nel caso di embrioni crioconservati su richiesta dei soggetti di cui all’articolo 5, per il successivo trasferimento in utero, i centri autorizzati devono informare gli stessi, su loro richiesta, sullo stato di salute degli embrioni».
1. All’articolo 16 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«3-bis. La struttura sanitaria è comunque tenuta a garantire l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita tramite il ricorso alla sostituzione del personale sanitario che si sia avvalso della facoltà di cui al comma 1».