DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa della senatrice FRANCO Vittoria
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 5 FEBBRAIO 2008
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Norme in materia di procreazione medicalmente assistita per le coppie portatrici di malattie genetiche
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Onorevoli Senatori. – Con il presente disegno di legge si intende consentire l’accesso alla procreazione medicalmente assistita anche alle coppie portatrici di malattie genetiche per le quali si configura una infertilità di fatto, dovuta ad aborti spontanei o alla paura di mettere al mondo un bambino affetto dalla stessa malattia dei genitori. A tal fine occorre una legge che dica parole chiare sulla diagnosi preimpianto. La diagnosi preimpianto consiste in un accertamento genetico che, attraverso la tecnica del prelievo di una o più cellule dall’embrione prima del suo impianto nell’utero materno, consente di accertare se l’embrione stesso sia o meno portatore di determinate gravi malattie e quindi di conoscerne, prima dell’impianto, lo stato di salute.
Occorre evidenziare il fatto che prima dell’entrata in vigore della legge 19 febbraio 2004, n. 40, la diagnosi preimpianto sugli embrioni prodotti in vitro e destinati al trasferimento in utero era comunemente praticata, mentre dopo l’approvazione della legge «la questione sulla perdurante liceità dell’accertamento diagnostico in esame è divenuta controversa, non essendo il disposto normativo del tutto chiaro». Così recita la sentenza del tribunale di Cagliari del 24 settembre 2007 che, accogliendo la richiesta di due coniugi sardi, ha condannato l’azienda ospedaliera convenuta ad eseguire la diagnosi preimpianto sull’embrione destinato ad essere trasferito nell’utero della ricorrente, al fine di poter accertare lo stato di salute dell’embrione stesso.
«Nella legge n. 40 del 2004 – recita la sentenza – non è individuabile una disposizione che faccia specifico riferimento alla diagnosi preimpianto ed invece, con espressa disposizione, viene riconosciuto, in capo a coloro che abbiano fatto (legittimo) ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, il diritto di essere informati sul numero e, su loro esplicita richiesta, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e destinati al trasferimento in utero». Si ricorda che il Ministro della salute con il decreto 21 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191 del 16 agosto 2004, aveva emanato le linee guida per l’attuazione della legge sulla procreazione medicalmente assistita. Nella parte relativa alle «Misure di tutela dell’embrione» le linee guida stabiliscono il divieto di «ogni diagnosi preimpianto a finalità eugenetica» e la possibilità di effettuare ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro solo a scopo «osservazionale».
Appare comunque inspiegabile e incomprensibile il divieto di diagnosi genetica sull’embrione prima del suo impianto in utero. L’impossibilità di effettuare una diagnosi preimpianto significa procrastinare il problema al momento in cui la gravidanza è già in corso e pone i potenziali genitori di fronte alla terribile scelta di mettere al mondo un figlio malato, affetto da gravi patologie, o di ricorrere all’aborto terapeutico consentito dalla legge 22 maggio 1978, n. 194.
L’incoerenza e la contraddizione di questa norma sono evidenti.
Come è stato infatti più volte sottolineato nel corso dei lavori parlamentari, per una donna non possono sicuramente essere equiparati in termini di sofferenza il mancato impianto dell’embrione immediatamente dopo la fecondazione dello stesso e il ricorso all’aborto terapeutico dopo cinque mesi di gravidanza.
Il divieto di qualsiasi indagine preimpianto che non sia finalizzata ad interventi terapeutici sul singolo embrione, comporta il risultato aberrante di costringere il medico ad impiantare un embrione portatore di malformazioni o gravi malattie, salvo procedere successivamente all’interruzione della gravidanza.
Il Tribunale di Cagliari, nell’accoglimento della richiesta dei coniugi sardi, ha sottolineato:
a) la mancanza di un esplicito divieto riguardante in modo specifico la diagnosi preimpianto, nel sistema delineato dalla legge;
b) il diritto alla piena consapevolezza in ordine ai trattamenti sanitari;
c) l’illegittimità delle linee guida ministeriali di cui al citato decreto del Ministro della salute 21 luglio 2004 in quanto in contrasto con il sistema della legge n. 40 del 2004 dove non esiste un divieto esplicito riguardante la diagnosi preimpianto.
Per tutte le ragioni esposte la sentenza conclude affermando che occorre dare «un’interpretazione costituzionalmente orientata che riconosca la praticabilità della diagnosi genetica preimpianto (…) In questo specifico caso, infatti, il necessario bilanciamento degli interessi costituzionalmente garantiti impone un’opzione interpretativa dei dati normativi che, rendendo ammissibile la diagnosi preimpianto, assicuri un’adeguata tutela del diritto della futura gestante ad esprimere un consenso consapevole in ordine al trattamento sanitario ancora in itinere (impianto in utero dell’embrione prodotto in vitro), essendo un’esaustiva informazione sullo stato di salute degli embrioni destinati all’impianto indispensabile, oltre che nella prospettiva di una gravidanza pienamente consapevole, in funzione della necessaria tutela della salute gestazionale della donna, come ampiamente argomentato prima».
Anche il Tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio, con la sentenza n. 398 del 21 gennaio 2008, ha accolto il ricorso di alcune associazioni contro le Linee guida per l’attuazione della legge sulla procreazione medicalmente assistita. Secondo il TAR il ricorso è fondato in quanto le Linee guida risultano in contrasto con la legge nella parte relativa alle misure di tutela dell’embrione. Infatti, mentre nella legge si consente la ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano, per finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche, allo scopo di tutelare la salute e lo sviluppo dell’embrione e si consentono interventi aventi finalità diagnostiche e terapeutiche, sempre al medesimo scopo, nella Linee guda tale possibilità viene ridotta alla sola osservazione dell’embrione. Secondo il TAR, il divieto della diagnosi preimpianto e l’esame dell’embrione limitato alla sua osservazione sono misure restrittive che avrebbero dovuto essere introdotte dal legislatore e non con un atto amministrativo di natura regolamentare.
Infatti – recita la sentenza – «deve ritenersi che per quanto riguarda l’ambito oggettivo di delimitazione della disciplina della procreazione medicalmente assistita, il potere relativo non possa che competere al legislatore, con la conseguenza che se quest’ultimo, nella sua ampia discrezionalità politica ha stabilito di consentire interventi diagnostici sull’embrione per le finalità prima espresse, questi ultimi non possono essere limitati nel senso prospettato nella norma delle Linee guida».
Per questi motivi il TAR del Lazio ha stabilito l’illegittimità della suddetta disposizione che incorre nel denunciato vizio di eccesso di potere ed è conseguentemente annullata.
Ciò detto, il presente disegno di legge alla luce di quanto stabilito dalle suddette sentenze ed al conseguente annullamento della previsione relativa alla possibilità di effettuare la diagnosi preimpanto al solo scopo «osservazionale», si pone l’obiettivo di attuare il principio della procreazione cosciente e responsabile e del diritto di informazione, paraltro sancito dallo stesso all’articolo 14, comma 5, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, stabilendo, all’articolo 1, la possibilità per le coppie coniugate e conviventi, di sesso diverso anche se non infertili, che risultano portatrici di gravi patologie genetiche o virali trasmissibili alla prole incluse nell’apposito registro istituito presso il Ministero della salute, di richiedere la diagnosi genetica di preimpianto.
L’articolo 2 prevede l’istituzione presso il Ministero della salute del Registro contenente l’elenco delle patologie genetiche e virali gravi, trasmissibili alla prole (RPT) che legittimano, su richiesta dei soggetti portatori, l’esecuzione delle tecniche di diagnosi genetica di preimpianto.
È vietato il ricorso alla diagnosi genetica di preimpianto per patologie non rincomprese nel registro, ovvero richiesto da soggetti diversi da quelli legittimati.
L’articolo 3 stabilisce poi che gli embrioni che all’esito dell’indagine medica attraverso le tecniche di diagnosi genetica preimpianto risultano affetti da una patologia ricompresa nel Registro, possono, previo consenso scritto della coppia richiedente l’intervento, essere utilizzati nel procedimento di procreazione medicalmente assistita ovvero crioconservati, integrando l’ipotesi un esame in caso di forza maggiore previsto dall’articolo 14, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40.
I soggetti legittimati possono altresì consentire, all’atto della prestazione del consenso alla diagnosi genetica di preimpianto, che qualora il predetto materiale genetico risulti inutilizzabile a fini procreativi sia destinato a scopi di ricerca medica.
DISEGNO DI LEGGE
(Requisiti di legittimità dei soggetti richiedenti)
1. In attuazione del principio della procreazione cosciente e responsabile e del diritto all’informazione previsto dall’articolo 14, comma 5, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita e richiedere la diagnosi genetica preimpianto le coppie coniugate e conviventi di sesso diverso, anche se non infertili, che risultano portatrici di gravi patologie genetiche o virali trasmissibili alla prole incluse nell’apposito registro istituito presso il Ministero della salute ai sensi dell’articolo 2 della presente legge.
Art. 2.
(Registro delle patologie genetiche o virali gravi, trasmissibili alla prole)
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è istituito presso il Ministero della Salute il Registro contenente l’elenco delle patologie genetiche o virali gravi, trasmissibili alla prole (RPT) che legittimano, su richiesta dei soggetti portatori così come individuati all’articolo 1, l’esecuzione delle tecniche di diagnosi genetica preimpianto.
2. Il ricorso alla diagnosi genetica preimpianto per patologie non ricomprese nell’elenco di cui al comma 1, ovvero richiesto da soggetti diversi da quelli di cui all’articolo 1, è vietato. Parimenti, la diagnosi genetica preimpianto non è consentita per assumere informazioni sullo stato di salute dell’embrione che non risulti destinato ad essere impiegato nel procedimento di fecondazione medicalmente assistita.
Art. 3.
(Destinazione degli embrioni risultati malati)
1. Gli embrioni che all’esito dell’indagine medica attraverso le tecniche di diagnosi genetica preimpianto risultino affetti da una patologia ricompressa nell’elenco di cui al RPT, possono, previo consenso scritto della coppia richiedente l’intervento, essere utilizzati nel procedimento di procreazione medicalmente assistita ovvero crioconservati, integrando l’ipotesi in esame un caso di forza maggiore ai sensi dell’articolo 14, comma 3, della citata legge n. 40 del 2004.
2. I soggetti di cui all’articolo 1 possono altresì consentire, all’atto della prestazione del consenso alla diagnosi genetica preimpianto, che qualora il predetto materiale genetico risulti inutilizzabile a fini procreativi, esso sia destinato a scopi di ricerca medica.