PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa del deputato TURCO
Modifiche alla legge 22 maggio 1978, n. 194, recante norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza
Presentata il 26 ottobre 2006
Onorevoli Colleghi!
La presente proposta di legge, elaborata in collaborazione con l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, parte dai dati contenuti nella relazione annuale al Parlamento del Ministro della salute che indica, per il 2005, rispetto al 2004, una riduzione del numero di interruzioni volontarie di gravidanza (IVG) del 6,2 per cento. Dal 1982, anno con il più alto numero di IVG segnalate, la riduzione è stata del 44,8 per cento. Se si considerano solo le donne con cittadinanza italiana la riduzione sale al 57,39 per cento, con una cifra attuale inferiore alle 100.000 IVG. Questo significa che oggi solo una donna su quattro avrà una aborto volontario nell’arco della sua vita riproduttiva, mentre agli inizi degli anni ‘80 il rapporto era di due donne su tre.
L’aumento delle IVG tra le donne straniere è in relazione al rapido aumento del numero di donne immigrate in età feconda, le quali hanno complessivamente tassi di abortività e di natalità da due a quattro volte superiori a quelli delle donne italiane. Pur esistendo differenze significative tra le varie comunità, il tasso di abortività specifico non sembra essere in aumento, a testimonianza che il progressivo processo di integrazione tende a fare assumere alle donne straniere le caratteristiche riproduttive delle donne italiane. Questa osservazione non riguarda solo le donne provenienti dai Paesi dell’est, dove l’aborto è storicamente più diffuso, ma anche le donne che provengono da quei Paesi, africani, latini e asiatici dove l’aborto clandestino è molto più comune, nonostante i divieti legislativi. Per molte di queste donne, che tendono a rifiutare la contraccezione, l’aborto è un fattore culturale di limitazione delle nascite come lo era in Italia prima dell’entrata in vigore della legge 22 maggio 1978, n. 194. È prevedibile che la possibilità di avere l’aborto legale induca nelle donne immigrate gli stessi comportamenti virtuosi che hanno favorito la riduzione delle IVG tra le donne italiane, come conferma il fatto che, per tutte le comunità di stranieri residenti nel nostro Paese, il tasso di abortività è inferiore a quello del Paese di origine.
Purtroppo, nonostante questi risultati storicamente positivi, la realtà italiana è caratterizzata dal persistere di alcuni elementi critici. Non solo si mantiene una quota di 20.000 aborti clandestini, circa il 15 per cento del totale, di cui il 90 per cento al sud, ma dalla metà degli anni novanta la curva di riduzione tende verso un plateau. La citata legge n. 194 del 1978 è applicata in modo parziale, contraddittorio e territorialmente disomogeneo. Ne sono esempi le diverse interpretazioni sull’aborto praticato dopo i novanta giorni, il cosiddetto «aborto terapeutico», i tempi di attesa, le difficoltà ad ottenere un aborto chirurgico precoce (entro i quarantanove giorni) e le resistenze all’introduzione dell’aborto medico con la pillola «RU486», sebbene la ricordata relazione annuale del Ministro della salute ne riferisca per la prima volta. Vi è poi il dato di un elevato livello di obiezione di coscienza, spesso strumentale, che in alcune regioni rischia di mettere a rischio l’erogazione del servizio, senza che la legge preveda un adeguato meccanismo di tutela.
Per questi motivi, per proseguire nel solco positivo avviato dalla legalizzazione dell’aborto, occorre aggiornare la legge n. 194 del 1978, partendo dall’esperienza maturata e invertendo la propensione al disinteresse, che ha relegato le IVG ai margini dell’attenzione degli amministratori della sanità, benché sia stato il più diffuso intervento chirurgico femminile, superato soltanto recentemente dall’incremento dei tagli cesarei.
Con le modifiche previste dalla presente proposta di legge si promuovono le attività di prevenzione, soprattutto quelle riferite alla prevenzione primaria, per garantire il «diritto alla procreazione cosciente e responsabile», proclamato nell’articolo 1. In particolare si tutela la contraccezione per le minori e viene abolita la ricetta per la contraccezione di emergenza che, come hanno documentato numerose inchieste giornalistiche, è fonte di inutili calvari per le donne che «incappano» nell’incidente di doverla richiedere.
Si propone poi la soppressione delle norme relative ai minori per cui si richiede l’IGV previste dall’articolo 4 della legge n. 194 del 1978, un tipico esempio di «ipocrisia legislativa», dato che le motivazioni e la loro dimostrazione sono assolutamente irrilevanti ai fini di ottenere l’IVG stessa, mentre si pone un’attenzione particolare alle implicazioni psicologiche e sanitarie. È infatti dimostrato che l’informazione, la scelta del metodo, l’esecuzione precoce e un ambiente non giudicante sono fondamentali per ridurre il dolore. Nonostante la legge prescriva che l’intervento per l’interruzione della gravidanza debba essere praticato «immediatamente», in caso di certificazione di urgenza, e «alla scadenza dei sette giorni», in caso di procedura ordinaria, oggi trascorrono mediamente oltre ventuno giorni da quando la donna chiede il primo appuntamento e, in circa un quarto dei casi, addirittura un mese. Le procedure per l’IVG nei primi novanta giorni vengono meglio definite, stabilendo tempi certi nei confronti della struttura sanitaria che è tenuta ad effettuare l’intervento.
Il limite di novanta giorni per l’IVG non viene modificato, anche se in altri Paesi europei esso è superiore, mentre sono meglio precisate le circostanze in cui è possibile procedere all’IVG oltre i novanta giorni a tutela della salute della madre e della qualità della vita del nascituro.
L’obiezione di coscienza viene confermata, ma viene individuato un meccanismo di garanzia per l’applicazione delle previsioni della legge, con l’obbligo di avere almeno il 50 per cento di personale non obiettore. Al riguardo è opportuno osservare, come in nessuna legge sia prevista l’obiezione di coscienza per la diagnosi prenatale, che ha lo scopo di individuare gli embrioni ed i feti da avviare alle procedure abortive e che viene consigliata e praticata da molti medici che poi, comunque, dichiarano obiezione di coscienza sulle procedure abortive. Considerandolo giustamente un lavoro stressante, per le sue evidenti implicazioni etiche e psicologiche, viene pertanto riconosciuto il disagio per gli operatori impegnati negli interventi di IVG.
Una particolare attenzione è rivolta alle minori in coerenza con la normativa che emancipa i maggiori di quattordici anni per quanto concerne i rapporti sessuali. La contraccezione diventa pienamente accessibile ai minori e in caso di richiesta di IVG è il medico che decide, sulla base di specifiche valutazioni professionali, se le circostanze suggeriscano di informare i genitori. Il consenso dei genitori, o l’assenso del giudice tutelare, rimane necessario per le minori di quattordici anni.
Con la presente proposta di legge l’IVG potrà essere eseguita da medici anche in strutture private, autorizzate dalla regione, come accade per qualsiasi altro intervento sanitario.
In sintesi, questa proposta di legge mantiene l’impianto della legge n. 194 del 1978, ma l’approvazione delle modifiche da essa introdotte permetterà di tutelare meglio la salute fisica e psichica della donna, proteggendola nel percorso decisionale, assicurando che l’IVG sia praticata nel modo più sicuro e rispettoso della scelta della donna e promuovendo la contraccezione.
PROPOSTA DI LEGGE
Articolo 1.
1. Dopo il secondo comma dell’articolo 1 della legge 22 maggio 1978, n. 194, sono inseriti i seguenti:
«Lo Stato garantisce la salute della donna e la sua libertà di pianificare le proprie gravidanze nel numero, nei modi e nei tempi ritenuti più opportuni dalla donna stessa.
Nessuna donna può essere obbligata a portare avanti una gravidanza e ad affrontare i rischi fisici, psichici, economici e sociali connessi o conseguenti, sia per la donna stessa sia per la sua famiglia.
Compito dello Stato, delle regioni e degli enti locali è quello di contribuire a rimuovere la cause che possono indurre all’interruzione della gravidanza nel rispetto della libera valutazione della donna ».
2. Il terzo comma dell’articolo 1 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:
«Lo Stato, le regioni e gli enti locali promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari e garantiscono la possibilità di accesso ai mezzi per il controllo delle nascite, ai metodi contraccettivi ordinari e a quelli di emergenza in condizioni di efficacia e di sicurezza».
Articolo 2.
1. Al secondo comma dell’articolo 2 della legge 22 maggio 1978, n. 194, dopo la parola: «nascita» sono aggiunte le seguenti: «e collaborare nelle attività di prevenzione primaria delle gravidanze indesiderate».
2. Dopo il secondo comma dell’articolo 2 della legge 22 maggio 1978, n. 194, come modificato dal presente articolo, è inserito il seguente:
«È abolito l’obbligo di ricetta medica per i farmaci registrati per la contraccezione d’emergenza».
3. Il terzo comma dell’articolo 2 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:
«La prescrizione e la fruizione dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile sono consentite anche ai minori».
Articolo 3.
1. L’articolo 4 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:
«Articolo 4. - 1. Per l’interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna si rivolge a un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975, n. 405, o a un medico».
Articolo 4.
1. L’articolo 5 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:
«Articolo 5. - 1. Il consultorio, o il medico, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, ha il compito, qualora la donna lo richieda, di esaminare con la donna e, qualora la donna lo consenta ed egli accetti, con la persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni ai problemi proposti per aiutarla a superare quelle cause che, se rimosse, potrebbero indurla a non interrompere la gravidanza, prospettandole gli aiuti di cui potrà con ragionevole certezza usufruire durante la gravidanza, al momento del parto e successivamente per l’assistenza del nucleo familiare.
2. Il consultorio e il medico informano la donna sulle procedure e sui metodi di interruzione della gravidanza appropriati per il suo specifico caso e sulle strutture esistenti presso le quali poter praticare l’intervento per l’interruzione della gravidanza, nonché sui mezzi per il controllo delle nascite.
3. Quando il medico riscontra l’esistenza di condizioni tali da rendere urgente l’interruzione della gravidanza, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l’urgenza, con il quale la donna può presentarsi presso una delle sedi autorizzate e iniziare subito l’intervento abortivo.
4. Se non viene riscontrato il caso di urgenza, il medico rilascia alla donna un documento, firmato anche dalla donna, attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta di interruzione. Con tale documento la donna può presentarsi presso una delle sedi autorizzate per effettuare l’intervento abortivo più indicato per l’epoca gestazionale e per i desideri della donna stessa, tenuto fermo il principio della minore invasività. L’intervento deve essere effettuato entro quattordici giorni dalla data in cui è stato redatto il documento o, in alternativa, entro sette giorni dalla data in cui la donna presenta il documento presso la sede autorizzata».
Articolo 5.
1. La lettera b) dell’articolo 6 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituita dalle seguenti:
«b) quando la gravidanza implichi un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna;
b-bis) quando siano accertati importanti anomalie o malformazioni che possano compromettere in modo rilevante la qualità della vita del nascituro;
b-ter) quando siano accertate condizioni personali e sociali per cui il proseguimento della gravidanza possa comportare gravi pericoli per il benessere sociale della donna o per la sua famiglia, non superabili con gli interventi sociali ed economici di cui la donna potrà ragionevolmente usufruire».
Articolo 6.
1. Il terzo comma dell’articolo 7 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:
«Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione della gravidanza può essere praticata solo nei casi di cui alla lettera a) o di cui alla lettera b-bis) dell’articolo 6, quando vi siano gravi malformazioni o anomalie che comportino una presumibile grave compromissione della qualità della vita. I casi di cui alla citata lettera b-bis) dell’articolo 6 sono accertati da una commissione di tre medici, di cui uno con competenze di neonatologia, e la decisione viene presa a maggioranza, dopo avere valutato il caso insieme alla madre e a colui che è indicato come il padre del concepito».
Articolo 7.
1. L’articolo 8 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:
«Articolo 8. - 1. Per l’interruzione della gravidanza la donna si rivolge ad una azienda ospedaliera o ad una azienda sanitaria locale, le quali sono tenute ad occuparsi della richiesta della donna, nel rispetto della dignità e della riservatezza, procedendo all’intervento direttamente o mediante accordi con altri enti.
2. Le aziende ospedaliere e le aziende sanitarie locali sono tenute a garantire gli interventi, medici e chirurgici, per le interruzioni della gravidanza, i quali possono essere praticati anche presso i consultori e le strutture territoriali.
3. Per l’interruzione volontaria della gravidanza la donna può rivolgersi, altresì, agli studi medici e alle strutture sanitarie autorizzati dalla regione.
4. La regione stabilisce e aggiorna annualmente le tariffe per le varie tecniche di interruzione della gravidanza e definisce gli onorari di riferimento per tutte le procedure di pagamento e di rimborso.
5. Le regioni, nell’ambito di un piano regionale, possono individuare le sedi ospedaliere e territoriali ove sono praticate le interruzioni della gravidanza, garantendo che tra la sottoscrizione del documento di richiesta dell’intervento di cui all’articolo 5 e l’intervento stesso non trascorrano, di norma, più di quattordici giorni.
6. Gli interventi per l’interruzione volontaria della gravidanza sono praticati da un medico ostetrico ginecologo.
7. In qualsiasi momento, anche quando gli atti medici o chirurgici finalizzati a interrompere la gravidanza sono già in atto, se la donna lo richiede, si deve sospendere la procedura in corso garantendo l’assistenza conseguente».
Articolo 8.
1. L’articolo 9 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è sostituito dal seguente:
«Articolo 9. - 1. Lo Stato riconosce la possibilità di sollevare obiezione di coscienza sulla base di un convincimento morale interiorizzato, ma garantisce comunque l’esecuzione dell’interruzione della gravidanza a tutela della salute della donna e della salute collettiva della popolazione.
2. Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie che solleva obiezione di coscienza non prende parte alle procedure e alle attività specificamente e necessariamente dirette a provocare l’interruzione della gravidanza, ma è tenuto a garantire l’assistenza durante e dopo l’esecuzione.
3. Il personale obiettore non può comunque esimersi dall’intervento di assistenza quando vi è un pericolo imminente per la vita della donna o, comunque, un grave rischio per la sua integrità fisica o psichica.
4. Le convinzioni personali che determinano l’obiezione di coscienza non devono pregiudicare in alcun modo, diretto o indiretto, la presa in cura della donna o recarle danno nella tutela sanitaria della sua scelta. L’obiezione di coscienza è comunicata alla regione tramite il direttore sanitario o il dirigente sanitario competente all’atto dell’assunzione, della stipulazione di una convenzione o dell’abilitazione ed è immediatamente efficace. Può essere comunicata successivamente in qualunque momento e la sua efficacia o la sua revoca inizia dal mese successivo.
5. La comunicazione di obiezione di coscienza è un atto pubblico e annualmente la regione pubblica l’elenco dei medici obiettori e dei medici non obiettori, suddiviso per azienda sanitaria locale e ospedaliera, per presidio ospedaliero e per divisione o servizio di ostetricia e ginecologia. Le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere aggiornano annualmente gli elenchi dei propri medici, esponendoli all’entrata degli ospedali, dei poliambulatori, dei consultori e dei reparti di ostetricia e ginecologia, indicando l’eventuale condizione di obiettore.
6. Nei confronti di chi, avendo sollevato obiezione di coscienza, prende parte a procedure abortive volontarie al di fuori dei casi previsti dal presente articolo, è disposta, oltre alla revoca immediata della comunicazione di obiezione di coscienza e fatta salva ogni altra implicazione penale e civile, l’attivazione del procedimento disciplinare presso la struttura sanitaria e l’ordine professionale provinciale competente, con la previsione di una sospensione dall’esercizio della professione di almeno sei mesi.
7. Al fine di assicurare l’applicazione della presente legge, nelle strutture in cui si praticano le interruzioni volontarie della gravidanza deve essere garantito che il 50 per cento del personale sia non obiettore, anche mediante procedure di trasferimento e di mobilità. Sono assicurate indennità specifiche per il disagio connesso alla pratica degli interventi per l’interruzione volontaria della gravidanza».
Articolo 9.
1. Al primo comma dell’articolo 11 della legge 22 maggio 1978, n. 194, le parole: «L’ente ospedaliero, la casa di cura o il poliambulatorio nei quali l’intervento è stato effettuato sono tenuti ad inviare al medico provinciale» sono sostituite dalle seguenti: «Le aziende ospedaliere, le aziende sanitarie locali e le strutture autorizzate nelle quali l’intervento è stato eseguito sono tenute ad inviare alla regione tramite il dirigente sanitario».
Articolo 10.
1. Dopo il primo comma dell’articolo 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194, sono inseriti i seguenti:
«Se la donna è di età superiore a quattordici anni può rivolgersi al consultorio o al medico e richiedere l’interruzione della gravidanza senza bisogno dell’assenso di chi esercita la patria potestà o la tutela.
Se la donna è di età inferiore a diciotto anni, il consultorio o il medico, avvalendosi eventualmente di specialisti, valuta con la donna stessa se le circostanze consentono di informare chi esercita la patria potestà o la tutela».
2. Al secondo comma dell’articolo 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194, le parole: «inferiore ai diciotto anni» sono sostituite dalle seguenti: «inferiore ai quattordici anni».
3. Al terzo comma dell’articolo 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194, dopo la parola: «salute» sono inserite le seguenti: «, fisica o psichica,».
Articolo 11.
1. Al primo comma dell’articolo 15 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L’aggiornamento professionale di cui al presente comma deve essere previsto annualmente in modo separato e specifico».
2. All’articolo 15 della legge 22 maggio 1978, n. 194, come modificato dal presente articolo, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«La partecipazione alle procedure previste dalla presente legge non deve determinare alcun pregiudizio per la carriera e la crescita professionale del medico e del personale esercente le arti ausiliarie».
Articolo 12.
1. Al secondo comma dell’articolo 19 della legge 22 maggio 1978, n. 194, le parole: «fino a lire centomila» sono sostituite dalle seguenti: «fino a 1.000 euro».