PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa del deputato ZANELLA
Introduzione dell’articolo 9-bis della legge 22 maggio 1978, n. 194, in materia di obiezione di coscienza all’interruzione della gravidanza
Presentata il 28 aprile 2006
Onorevoli Colleghi!
La presente proposta di legge, che anche nella XIV legislatura è stata presentata alla Camera dei deputati, ora, per la sua attualità e importanza, viene riproposta, anche alla luce del dibattito riaccesosi verso la fine della XIV legislatura sul diritto all’aborto.
La presente proposta di legge prevede l’inserimento delle disposizioni sull’obiezione di coscienza all’interno della legge n. 194 del 1978, al fine di garantire la effettiva e piena funzionalità dei servizi di fisiopatologia della riproduzione. In altri termini, vuole impedire la cosiddetta «obiezione di struttura» che, laddove si è determinata, ha risposto sì al diritto individuale di obiezione nei confronti della interruzione di gravidanza ma ha anche contrapposto la responsabilità del servizio alle finalità della legge. Ciò è stato reso possibile anche in ragione dei limiti costitutivi della legislazione introdotta nel 1978, che sotto molti aspetti evidenzia un impianto giuridico debole rispetto alle finalità generali della legge e in primo luogo in ordine all’obbligo di garantire comunque la possibilità dell’effettuazione dell’interruzione di gravidanza. Tali limiti, normativi e di applicazione della legge, derivano dalla falsa prospettiva secondo cui il problema era e rimane rappresentato dall’aborto di Stato e non invece dal pieno e definitivo riconoscimento di un diritto di libertà.
I dati relativi alle interruzioni di gravidanza in Italia, secondo una tendenza costante dall’inizio degli anni ‘80 ad oggi, privano di fondamento la tesi secondo cui l’aborto sia strumento di contraccezione e di controllo delle nascite. Tesi che è comune alle contestazioni più radicali nei confronti della legislazione in materia di interruzioni di gravidanza e, dunque, alle ipotesi di revisione in senso restrittivo della normativa vigente. Tale tesi è estranea alle finalità e al dettato della legge n. 194 del 1978, mentre, al contrario, molti e complessi sono i problemi di applicazione della normativa nelle strutture pubbliche. La posizione espressa dal Vaticano già nella Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo dell’ONU (Il Cairo, settembre 1994) aveva contestato esplicitamente la versione originaria del documento finale che invitava a prestare assistenza alla interruzione della gravidanza «senza limiti o alcuna restrizione», vincolando ogni valutazione in ordine alla politica demografica e allo sviluppo alla sfera della responsabilità nell’area della sessualità umana. La posizione più intransigente e più vicina alle tesi sostenute dalla Chiesa cattolica alla Conferenza dell’ONU, analoga a quella dei mondo islamico, fu espressa dal Governo italiano. L’Italia aderì a una linea che ha scelto l’aborto come elemento di conflitto con i Paesi occidentali e per un diverso ruolo della Chiesa nel nuovo sistema di relazioni internazionali. Obiettivi legittimi per la Chiesa cattolica ma incompatibili con la tradizionale collocazione internazionale dell’Italia.
Che sia del tutto immotivata una revisione in senso restrittivo della normativa in materia di interruzioni di gravidanza, che l’introduzione della legge n. 194 del 1978 non abbia favorito l’aborto, è dimostrato dalla realtà; sia che si tenga conto dei valori assoluti, sia che si prendano in esame i dati analitici.
Nel corso di tutti gli ultimi anni si è registrata una costante diminuzione delle interruzioni volontarie di gravidanza, sia in valori assoluti sia considerando il tasso di abortività e, per quanto riguarda il tasso di abortività, si rileva che l’Italia è nelle posizioni più basse fra i Paesi occidentali, dell’Unione europea e dell’est europeo.
L’obiezione di coscienza che in molte strutture ospedaliere si è tradotta, nel caso in cui tale scelta sia stata prevalente, in «obiezione di struttura», permane a livelli molto elevati e insostenibili, in carenza della normativa vigente, per l’applicazione della legge nelle strutture pubbliche. In alcune regioni o essenziali aree metropolitane i livelli di obiezione sono arrivati a toccare quote di circa l’80 per cento. È evidente che in tali casi il fenomeno di diminuzione delle interruzioni volontarie di gravidanza nelle strutture pubbliche non ha dato garanzia circa analoghi progressi nella lotta all’aborto clandestino, che ha continuato a essere praticato in misura allarmante. Una tendenza che non è stata modificata, considerando le difficoltà e gli ostacoli opposti in questi anni a una seria e moderna politica della contraccezione.
Con la presente proposta di legge si intende affermare il principio che l’interruzione di gravidanza, essendo un intervento previsto dalla legge, deve essere comunque garantita. Il problema non è, quindi, aprire un contenzioso con il mondo cattolico, bensì mantenere la salvaguardia della sua obiezione morale nel rispetto del diritto di chi chiede a una struttura pubblica l’applicazione di una legge vigente. Con questa proposta di legge si intende anche dare una risposta ai medici non obiettori, che in questi anni sono stati oggetto di dure polemiche e di pesanti esclusioni e discriminazioni professionali.
La proposta di legge prevede l’inserimento delle disposizioni sull’obiezione di coscienza all’interno della legge n. 194 del 1978 mediante l’introduzione dell’articolo 9-bis.
Il comma 1 di tale articolo prevede l’istituzione di un servizio di fisiopatologia della riproduzione (con competenze in materia di contraccezione, diagnosi prenatale, pap-test e sterilizzazione oltre che di interruzione volontaria della gravidanza) e affida la responsabilità di questo a un medico non obiettore.
Il comma 2 ipotizza le conseguenze dell’obiezione di coscienza del medico responsabile del servizio di fisiopatologia della riproduzione.
Il comma 3 definisce le figure professionali che possono avanzare la domanda di obiezione di coscienza.
Il comma 4 stabilisce che il suddetto servizio deve essere garantito anche con la mobilità del personale, che deve essere non obiettore almeno nella misura del 50 per cento.
Il comma 5 fa divieto della cosiddetta «obiezione di struttura».
PROPOSTA DI LEGGE
Articolo 1
1. Dopo l’articolo 9 della legge 22 maggio 1978, n. 194, è inserito il seguente:
«Art. 9-bis. - 1. Al fine di garantire l’applicazione della presente legge, senza alcuna discriminazione, gli ospedali pubblici, nel caso in cui la divisione di ostetricia e ginecologia sia diretta da un primario che ha sollevato obiezione di coscienza ai sensi del comma 2, devono istituire un servizio di fisiopatologia della riproduzione. Tale servizio, oltre a svolgere i compiti specifici delle divisioni di ostetricia e ginecologia, assicura la realizzazione dei programmi connessi all’interruzione volontaria della gravidanza e le finalità della presente legge. La responsabilità di tale servizio è affidata a un medico con la specializzazione in ginecologia e ostetricia con funzione apicale che non ha sollevato obiezione di coscienza.
2. L’eventuale obiezione di coscienza sollevata dal medico responsabile del servizio di cui al comma 1 è considerata a tutti gli effetti di legge come una notifica di dimissioni dall’incarico, se il medico precedentemente non era in organico nella struttura sanitaria; è considerata come rinuncia all’incarico, e quindi come richiesta di ritorno alle mansioni precedentemente svolte, se il medico era già dipendente della struttura sanitaria.
3. La possibilità di sollevare obiezione di coscienza è riservata ai medici ginecologi e alle ostetriche, unici operatori direttamente impegnati nell’intervento operatorio.
4. La funzionalità del servizio di fisiopatologia della riproduzione è assicurata dalla presenza di personale non obiettore di coscienza al quale, in caso di obiezione, si applicano le disposizioni del comma 2. La funzionalità del servizio deve essere garantita in ogni caso da un organico medico e paramedico, che almeno per la metà non ha sollevato obiezione di coscienza.
5. È fatto obbligo a tutte le strutture di ricovero e cura, convenzionate con il Servizio sanitario nazionale per l’ostetricia e ginecologia, di applicare la presente legge relativamente all’interruzione volontaria della gravidanza pena la decadenza della convenzione per il servizio di ostetricia e ginecologia».