PROPOSTA DI LEGGE
d’iniziativa dei deputati
CAPPATO, PORETTI, TURCO, D’ELIA, CAPEZZONE, BELTRANDI, BUGLIO, CREMA, ANTINUCCI, ANGELO PIAZZA, MANCINI, SCHIETROMA, TURCI, BUEMI, DI GIOIA, BONINO, DEL BUE, BARANI, MELLANO, VILLETTI
Disposizioni in materia di fecondazione medicalmente assistita e di ricerca correlata
Presentata il 3 maggio 2006
Onorevoli Colleghi! - Nelle ultime settimane della scorsa legislatura i parlamentari della Rosa nel Pugno avevano depositato una proposta di legge (atto Camera n. 6299) finalizzata a rendere possibile in Italia le tecniche di fecondazione assistita consentite in gran parte d’Europa, e ad aprire la strada alla ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali.
La proposta di legge era stata illustrata, prima della sua presentazione alla Camera dei deputati, in occasione del congresso dell’Associazione Luca Coscioni, nel dicembre 2005. Il 20 febbraio 2006, Luca Coscioni, che sarebbe stato candidato capolista della Rosa nel Pugno alle elezioni politiche, è morto nella sua Orvieto. La sua battaglia aveva raccolto negli anni l’adesione di cento Premi Nobel, oltre a quella di tanti malati e disabili, di personalità del mondo della scienza e della medicina, della cultura e della politica. Di Luca Coscioni, scrisse José Saramago: «…ad un tratto il coraggio di un uomo reso muto da una malattia terribile ci ha restituito una nuova forza». Soltanto con la sua morte, la storia della vita e della lotta di Luca Coscioni è stata conosciuta dall’opinione pubblica italiana, riconosciuta da tantissimi e salutata dalle massime cariche istituzionali e politiche del nostro Paese.
Nel ripresentare la medesima proposta di legge, siamo consapevoli che soltanto attraverso l’affermazione del diritto civile e politico dei cittadini alla conoscenza e al confronto su temi tanto importanti si potrà ottenere una riforma radicale dell’attuale legislazione in materia di fecondazione assistita e di ricerca sulle cellule staminali.
Tra qualche decennio si parlerà del periodo che stiamo attraversando come di una fase in cui un’epidemia di irrazionalità e di antiliberalismo si è abbattuta sull’Italia, colpendo i centri nevralgici della politica e del governo e causando un pesante arretramento dell’economia, della società e del diritto. Questa epidemia ha un nome: si chiama antiscientismo, e si manifesta attraverso una complessa sintomatologia, la cui forma più grave è costituita dal diffondersi di un’avversione cieca all’idea che i cittadini possano decidere in modo autonomo sull’uso delle tecnologie mediche che possono migliorare la salute, ivi compresa la salute riproduttiva.
Un clinico d’altri tempi direbbe che si tratta del manifestarsi di una diatesi - cioè della predisposizione di un organismo verso particolari malattie - che ha un’origine ben definita: gli anni sessanta del secolo scorso, quando il nascente consociativismo politico e il consolidarsi del regime partitocratico stroncavano, con l’aiuto della magistratura o dell’estremismo politico, il tentativo di alcune personalità, come Felice Ippolito e Adriano Buzzati-Traverso, di innovare il sistema della ricerca e della formazione in senso competitivo e meritocratico. Appariva infatti inaccettabile, poiché non più governabile secondo i criteri della clientela e dell’abuso del potere, che la ricerca e la formazione si sviluppassero in modo indipendente dalla politica, ovvero adottassero delle modalità di funzionamento rispondenti ai criteri dell’oggettività e dell’efficienza come nelle nazioni più avanzate. Da quel momento è stato un reiterarsi di frustrazioni e di penalizzazioni che la comunità scientifica e la ricerca hanno dovuto subire. In anni più recenti, siamo riusciti ad esporci al ridicolo internazionalmente con la sperimentazione della terapia Di Bella, o vietando la clonazione animale per oltre cinque anni, oppure con il licenziamento politico di Lucio Luzzatto dall’Istituto per la ricerca sul cancro di Genova, per fare solo alcuni esempi. Tutte queste notizie, così come la pantomima sull’insegnamento dell’evoluzione, sono rimbalzate sulle principali riviste scientifiche internazionali, producendo divertiti commenti, mentre i ricercatori italiani sempre più difficilmente accedono con le loro pubblicazioni a quelle stesse riviste, anche a causa della costante diminuzione dei finanziamenti.
Su una realtà scientifica drammaticamente indebolita si è innestata l’azione culturalmente repressiva e illiberale delle gerarchie vaticane, e la bioetica utilizzata in chiave politica, che ha concorso a produrre la legge 19 febbraio 2004, n. 40: una normativa che penalizza la medicina della riproduzione italiana, che era tra le migliori in Europa, nega i princìpi della buona pratica clinica e, vietando la ricerca sulle cellule staminali embrionali, taglia fuori l’Italia dalla possibilità di competere sul piano internazionale per sviluppare le conoscenze e le tecnologie della medicina rigenerativa.
Onorevoli colleghi, la storiografia dell’età moderna ha dimostrato che lo sviluppo delle libertà civili e quindi dei diritti della persona è stato favorito non solo dallo sviluppo dell’economia di mercato, ma le forme della convivenza democratica hanno tratto ispirazione e si sono articolate anche sull’esempio delle regole che governano la comunità scientifica: il rispetto per le opinioni diverse e per i fatti. Se non c’è il rispetto per la diversità dei valori morali e per i fatti, non ci può essere né libertà di ricerca scientifica, né libertà personale. Per tale motivo noi leggiamo uno stretto legame tra le azioni politiche volte a limitare la libertà di ricerca scientifica e la deriva illiberale che sta indebolendo la democrazia italiana.
Nel merito di questa proposta di legge, ci proponiamo di abrogare le norme proibizioniste e ideologiche contenute nella legge 19 febbraio 2004, n. 40. L’obiettivo di tale legge non è stato quello di assicurare l’aiuto della scienza per coloro che sono affetti da una malattia - la sterilità - bensì quello di fissare una serie di ostacoli e di divieti, corredati da severe punizioni, rivelando un generale disfavore verso la fecondazione assistita nonché verso la libertà e la responsabilità delle scelte individuali. La legge n. 40 del 2004 è una legge che avrebbe potuto intitolarsi: «Norme per ostacolare l’accesso alla procreazione medicalmente assistita». In chiara violazione del principio di uguaglianza, è stata introdotta una tutela differenziata nel diritto alla terapia (e quindi alla salute) fra categorie di cittadini. Sono infatti attualmente esclusi dall’accesso alle tecniche anche coloro che, pure non essendo sterili, hanno necessità di accedere a tecniche di analisi pre-impianto che possono evitare di trasmettere ai propri figli determinate malattie. Seguendo tale impostazione proibizionista, bisognerebbe vietare anche le indagini prenatali (ecografia, amniocentesi, prelievo dei villi coriali) che possono portare la donna a scegliere di ricorrere all’aborto. Di fatto, la legge n. 40 del 2004 ha costretto molti cittadini italiani a recarsi all’estero per effettuare le tecniche vietate nel nostro Paese, ma a volte anche quelle consentite, non sentendosi tutelati nel proprio diritto alla salute. La legge ha anche chiuso la porta alla ricerca sulle cellule staminali embrionali, impedendo persino l’utilizzo di embrioni soprannumerari, comunque destinati a rimanere congelati senza diverso utilizzo. La proposta di legge qui formulata mira ad estendere le possibilità di ricorso alla fecondazione assistita e ad autorizzare la ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali. Un altro distinto provvedimento sarà comunque necessario e urgente per finanziare adeguatamente anche questo filone di ricerca, rilanciando il ruolo della ricerca italiana nel mondo e rendendo chiari e trasparenti i meccanismi di finanziamento oggi quanto mai opachi.
L’articolo 1 prevede le finalità della nuova normativa. Il ricorso alla procreazione assistita cessa di essere semplicemente «consentito». Il diritto alla procreazione cosciente e responsabile è garantito a livello costituzionale - come si desume implicitamente dagli articoli 2, 29, 30 e 31 della Costituzione - ed è ulteriormente precisato in numerose convenzioni internazionali - articolo 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, articolo 12 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, articolo 23 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici - nonché nella normativa ordinaria. La proposta di legge è dunque finalizzata all’affermazione del diritto alla salute e alla genitorialità.
L’articolo 2, considerato che la legge non pretende di descrivere tecniche in continuo aggiornamento, si limita a precisare l’ambito di applicazione e l’oggetto: fecondazione in vivo e in vitro al fine di ottenere una gravidanza.
L’articolo 3 definisce l’embrione come prodotto del concepimento fino alla ottava settimana di sviluppo.
Gli articoli 4 e 5 prevedono i requisiti oggettivi e soggettivi per l’accesso alle tecniche. Sono enunciati i presupposti per l’applicazione delle tecniche, collegati non solo all’infertilità, ma anche alle patologie geneticamente trasmissibili. Nel pieno rispetto dell’articolo 3 della Carta costituzionale, che enuncia il principio di eguaglianza, i requisiti soggettivi sono gli stessi previsti per coloro che non hanno difficoltà a procreare.
All’articolo 6 sono individuate le strutture dove le tecniche di fecondazione assistita possono essere applicate. Le strutture sono direttamente autorizzate dal Ministero della salute, sentito un comitato di esperti. All’Istituto superiore di sanità spetta la verifica dei requisiti ed è prevista l’istituzione, con decreto del Ministro della salute, del registro delle strutture autorizzate.
L’articolo 7 stabilisce le modalità per l’espressione del consenso informato. L’impianto dell’articolo rimane simile a quello stabilito dalla legge n. 40 del 2004, ed è prevista la figura facoltativa dello psicologo e del legale, di supporto al medico. Il consenso informato risulta come un normale contratto tra le parti, in forma scritta.
L’articolo 8, sulla diagnosi preimpianto, regola una tecnica oggi proibita, esigendo le massime garanzie per la sua efficacia e valorizzando la professionalità degli operatori.
L’articolo 9 disciplina le tecniche di fecondazione assistita eterologa. È affermato il valore della genitorialità per scelta, ritenendo i proponenti che la genitorialità non debba essere ridotta a mero fatto biologico e genetico. Il meccanismo previsto, che richiama quello vigente in tema di adozione internazionale, è volto a superare le preoccupazioni che il minore nato dalla fecondazione assistita eterologa possa andare incontro a una situazione familiare non ottimale o comunque «qualitativamente» inferiore a quella del figlio biologico della coppia.
Vengono applicate, in relazione alla posizione del donatore e agli obblighi della struttura autorizzata, le nozioni giuridiche ormai acquisite nei Paesi in cui la fecondazione eterologa è da tempo ammessa. È prevista una procedura che investe il giudice tutelare. La struttura diviene responsabile del mantenimento delle informazioni sul materiale biologico donato e utilizzato, in riferimento alla conoscibilità biologica dei dati che possono essere forniti su autorizzazione del giudice tutelare, per motivi comprovati. Il donatore non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non ha nei suoi confronti alcun obbligo.
L’articolo 10 tratta della donazione dei gameti. Il sistema ricalca, con qualche adattamento alla nostra realtà, il sistema adottato in Spagna con la legge 22 novembre 1988, n. 35, in vigore da diciotto anni. Chiare sono le garanzie per il centro, per il donatore, ma soprattutto per i riceventi.
All’articolo 11 sono enunciate le regole per la conservazione di materiale genetico e di embrioni.
L’articolo 12 disciplina il trattamento e la cessione degli embrioni per la ricerca scientifica, autorizzando la ricerca sugli embrioni fino al quattordicesimo giorno, nei limiti fissati dai protocolli di ricerca approvati da una apposita commissione. La ricerca sulle cellule staminali embrionali rappresenta, insieme alla ricerca sulle cellule staminali adulte, una delle speranze per la cura di malattie che colpiscono milioni di cittadini.
L’articolo 13 autorizza la tecnica del trasferimento del nucleo cellulare di una cellula adulta al posto del nucleo di un ovocita - cioè una delle tecniche considerate particolamente importanti per chi conduce la ricerca su cellule staminali - senza però consentire il trasferimento in utero, e sbarrando perciò la strada alla clonazione riproduttiva.
L’articolo 14 istituisce una commissione per la valutazione e l’autorizzazione con i seguenti compiti: a) la valutazione dei protocolli di ricerca su embrioni e gameti; b) la valutazione dell’idoneità dei laboratori di ricerca; c) l’autorizzazione allo svolgimento dei protocolli di ricerca.
L’articolo 15 disciplina la maternità surrogata come atto di generosità e di solidarietà intrafamiliare. La maternità surrogata è prevista, come in altre legislazioni europee, se prestata a titolo liberale, senza vincoli obbligatori e sussistendo un rapporto importante fra le parti (parentela entro il terzo grado o affinità entro il secondo grado; rilevanti legami fra le parti prudentemente valutati dal giudice secondo lo schema già conosciuto in tema di adozione in casi particolari). Atteso il valore costituzionale del principio di solidarietà sociale di cui all’articolo 2 della Costituzione, il nato potrà contare su un contesto di affetti e di protezione ancora più solido e vasto.
Si noti che, prima dell’entrata in vigore della legge n. 40 del 2004, esaminando la fattispecie unicamente sulla base dei princìpi generali e costituzionali del nostro ordinamento, il tribunale di Roma (ordinanza del 14 febbraio 2000) aveva ritenuto lecita, in assenza di corrispettivo economico, la maternità surrogata.
L’articolo 16 stabilisce lo status giuridico del nato a seguito dell’applicazione delle tecniche di fecondazione assistita.
L’articolo 17 enuncia le sanzioni previste per chi viola le disposizioni della legge.
In ultimo, l’articolo 18 abroga la legge n. 40 del 2004, ad esclusione degli articoli 3 e 18 (e modifica l’articolo 1 della legge 29 luglio 1975, n. 405, come da ultimo modificato dal citato articolo 3 della legge n. 40 del 2004), relativi agli interventi per la ricerca contro la sterilità, a formalità di carattere amministrativo e a disposizioni relative alla copertura finanziaria.
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Oggetto).
1. La presente legge disciplina il diritto alla salute e alla genitorialità e i diritti di ogni nuovo nato, tenuto conto delle conoscenze scientifiche nel campo della fecondazione assistita.
Art. 2.
(Definizione delle tecniche).
1. Per tecniche di fecondazione assistita si intende ogni pratica tendente a ottenere la fecondazione con tecniche in vivo o in vitro al fine di favorire una gravidanza.
Art. 3.
(Definizione e tutela dell’embrione).
1. Per embrione si intende il prodotto del concepimento fino alla ottava settimana di sviluppo.
2. La tutela dell’embrione è attuata ai sensi della presente legge nonché delle altre disposizioni vigenti in materia.
Art. 4.
(Presupposti oggettivi).
1. Il ricorso alle tecniche di fecondazione assistita può essere attuato nel caso in cui sussistano problemi di sterilità o di infertilità non adeguatamente risolvibili con altri interventi terapeutici, nonché per la prevenzione delle malattie e delle patologie geneticamente trasmissibili. È altresì possibile ricorrere a tali tecniche anche in seguito a valutazioni di opportunità stabilite liberamente nell’ambito di un rapporto contrattuale tra medico e paziente e nel rispetto delle norme deontologiche vigenti.
Art. 5.
(Requisiti soggettivi).
1. Possono accedere alle tecniche di fecondazione assistita i soggetti maggiorenni e i minori emancipati.
Art. 6.
(Strutture autorizzate).
1. Le tecniche di fecondazione assistita sono effettuate esclusivamente nelle strutture pubbliche e private appositamente autorizzate dal Ministero della salute.
2. Il Ministro della salute, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentito il parere dell’Istituto superiore di sanità e di un comitato di esperti composto da rappresentanti delle maggiori società scientifiche in materia di riproduzione umana e da esperti in materia, con proprio decreto, fissa i requisiti delle strutture e del personale ai fini della concessione dell’autorizzazione e dell’accreditamento delle strutture pubbliche e private all’effettuazione delle tecniche di fecondazione assistita.
3. È istituito, con decreto del Ministro della salute, presso l’Istituto superiore di sanità, il registro nazionale delle strutture autorizzate all’effettuazione delle tecniche di fecondazione assistita.
4. Il livello scientifico e la qualità dei servizi delle strutture autorizzate ai sensi del presente articolo devono essere sottoposti a controlli periodici effettuati dall’Istituto superiore di sanità.
Art. 7.
(Consenso informato).
1. Il medico deve informare in modo dettagliato i soggetti richiedenti in ordine ai metodi, ai problemi, agli effetti collaterali e alle possibilità di successo derivanti dall’applicazione delle tecniche di fecondazione assistita, nonché sui costi economici della procedura.
2. Nell’esercizio dell’attività di cui al comma 1 il medico deve altresì garantire ai soggetti richiedenti la più completa ed esauriente informazione, nonché favorire una presa di coscienza reale delle problematiche esistenti. A tale fine, il medico può essere coadiuvato da un consulente psicologo e da un consulente legale.
3. La volontà di entrambi i soggetti richiedenti di accedere alle tecniche di fecondazione assistita deve essere espressa in modo chiaro e univoco e per iscritto, congiuntamente al medico responsabile della struttura, in un atto da cui risulti, mediante autocertificazione degli stessi richiedenti, il rispetto di quanto indicato negli articoli 4 e 5, nonché l’adempimento dell’obbligo di cui al comma 1 del presente articolo.
4. Tra la manifestazione della volontà espressa ai sensi del comma 3 e l’applicazione delle tecniche di fecondazione assistita deve intercorrere un termine non inferiore a sette giorni.
5. La volontà manifestata ai sensi del comma 3 può essere revocata da ciascuno dei soggetti richiedenti fino al momento dell’impianto dell’embrione nell’utero.
6. Nel caso in cui sopravvenga la revoca di cui al comma 5, la struttura deputata all’effettuazione delle tecniche di fecondazione assistita deve immediatamente informare il giudice tutelare territorialmente competente. Il giudice tutelare, dopo avere svolto i necessari accertamenti, ove ritenga che la revoca non sia giustificata, invia gli atti alla procura della Repubblica per la decisione in merito.
Art. 8.
(Diagnosi preimpianto).
1. Prima di procedere all’impianto dell’embrione deve essere effettuata, con una metodologia che limitando i rischi per l’embrione fornisca le maggiori garanzie di accuratezza e di completezza di indagine, una diagnosi in ordine allo stato di salute dello stesso e all’esistenza di patologie rilevanti.
2. I soggetti richiedenti devono essere informati del risultato dell’indagine effettuata ai sensi del comma 1. La donna può, ove risultino rischi di gravi malformazioni o di importanti patologie a carico dell’embrione, revocare il proprio consenso all’impianto. Gli atti di revoca devono essere trasmessi al giudice tutelare, il quale procede in conformità a quanto previsto dall’articolo 7, comma 6.
Art. 9.
(Fecondazione assistita eterologa).
1. I soggetti aventi titolo per accedere alle tecniche di fecondazione assistita possono presentare domanda per l’effettuazione della fecondazione assistita eterologa al giudice tutelare, indicando le motivazioni di tale scelta. Il giudice tutelare svolge ogni necessario accertamento, valendosi, ove occorra, dell’ausilio dei servizi sanitari, sociali e socio-psicopedagogici dei comuni e delle aziende sanitarie locali, al fine di valutare la ricorrenza dei presupposti di cui agli articoli 4 e 5, la non adeguatezza, per la risoluzione del problema, di tecniche di fecondazione assistita diverse dalla fecondazione eterologa e la capacità dei soggetti richiedenti di fornire al nascituro un ambiente idoneo ad assicurare allo stesso una ottimale accoglienza affettiva, una crescita armoniosa e il superamento dei problemi psicologici ipotizzabili in caso di fecondazione assistita eterologa. Entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, il giudice tutelare decide in ordine all’ammissibilità dell’effettuazione della fecondazione assistita eterologa con decreto, reclamabile ai sensi dell’articolo 739 del codice di procedura civile.
2. Esaurita la procedura di cui al comma 1, è fatto obbligo alla struttura scelta per l’attuazione delle tecniche di fecondazione assistita eterologa di informare i soggetti richiedenti al fine di acquisire il loro consenso in conformità a quanto disposto dall’articolo 7.
3. La struttura di cui al comma 2 è tenuta a procedere alla diagnosi preimpianto, effettuata ai sensi dell’articolo 8 secondo le migliori e più aggiornate tecniche disponibili, nonché a garantire l’anonimato del donatore dei gameti.
4. La struttura è tenuta a conservare il nominativo del donatore dei gameti e può rivelare tale informazione solo a seguito di ordine del giudice tutelare competente, per comprovate ragioni di carattere sanitario.
5. Informazioni sul donatore dei gameti diverse da quella relativa alla sua identità possono essere richieste alla struttura dai figli nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di fecondazione assistita eterologa o dai loro legali rappresentanti. La struttura è comunque tenuta a fornire tali informazioni quando esse non comportano la violazione dell’obbligo di anonimato di cui al comma 3; nei casi dubbi, la struttura richiede l’autorizzazione al giudice tutelare.
6. Il donatore dei gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può fare valere nei suoi confronti alcun diritto o essere titolare di alcun obbligo.
Art. 10.
(Donazione dei gameti).
1. La donazione dei gameti, per le finalità consentite dalla presente legge, è un contratto assolutamente gratuito, stipulato per iscritto tra il donatore e la struttura autorizzata. Entrambi i contraenti sono tenuti ad adottare ogni cautela per impedire che notizie relative al contratto siano conosciute da parte di terzi non autorizzati.
2. Il donatore dei gameti deve essere maggiorenne e nel pieno possesso delle capacità di agire, di intendere e di volere.
3. La donazione dei gameti è revocabile qualora il donatore, per infertilità sopravvenuta, abbia bisogno dei gameti a fini procreativi e gli stessi non siano stati utilizzati dalla struttura autorizzata.
4. In caso di revoca della donazione dei gameti, il donatore deve rimborsare la struttura autorizzata di tutte le spese sostenute per la conservazione dei gameti.
5. Prima della donazione dei gameti, il donatore deve essere informato, a cura della struttura autorizzata, delle conseguenze legali e psicologiche della donazione stessa.
6. Il donatore dei gameti ha l’obbligo di fornire alla struttura autorizzata, al momento della donazione, ogni notizia sulla sua anamnesi sanitaria e sul suo stato di salute, nonché ogni informazione utile per la conoscenza di eventuali patologie trasmissibili geneticamente.
7. La cosciente falsa informazione in ordine alle notizie di cui al comma 6 obbliga il donatore dei gameti, fatta salva ogni altra conseguenza di legge, a rimborsare alla struttura autorizzata le eventuali somme che la stessa struttura ha dovuto pagare per danni causati al concepito in conseguenza delle patologie trasmesse.
8. Nel contratto di donazione dei gameti il donatore deve precisare se è stato autore di altre donazioni. La struttura autorizzata è comunque tenuta a verificare che, a seguito della donazione dei gameti oggetto del contratto e di altre eventuali precedenti donazioni dello stesso soggetto, il numero dei bambini nati non sia superiore a sei.
9. Al fine della verifica di cui al comma 8, è istituito, presso il Ministero della salute, il registro nazionale dei donatori dei gameti. Al Ministro della salute compete la vigilanza sul registro, nel rispetto delle norme vigenti in materia.
Art. 11.
(Conservazione di materiale genetico e di embrioni).
1. I gameti possono essere crioconservati nelle banche allo scopo autorizzate, per un periodo massimo di cinque anni.
2. Gli embrioni non impiantati nell’utero devono essere crioconservati nelle banche allo scopo autorizzate, per un periodo minimo di due anni.
3. Decorso il termine indicato al comma 2, gli embrioni non richiesti dai soggetti donatori degli embrioni stessi restano a disposizione delle banche autorizzate alla loro conservazione, di cui al medesimo comma 2, per i fini previsti dall’articolo 12.
Art. 12.
(Trattamento e cessione degli embrioni).
1. È consentita la ricerca scientifica sugli embrioni non oltre il quattordicesimo giorno di sviluppo, nei limiti fissati dai protocolli di ricerca approvati dalla commissione di cui all’articolo 14.
2. La creazione, il trattamento, l’impianto in utero, la conservazione e la cessione di embrioni possono essere praticati solo dalle strutture autorizzate di cui all’articolo 6.
3. Le strutture autorizzate di cui all’articolo 6 possono cedere gli embrioni a laboratori di ricerca scientifica pubblici e privati che ne fanno richiesta motivata, a condizione che i donatori degli embrioni abbiano sottoscritto un esplicito consenso alla donazione a fini di ricerca scientifica, oppure non sia più possibile richiedere il consenso dei genitori biologici, oppure gli embrioni non siano idonei per una gravidanza, e che la richiesta dei laboratori sia stata autorizzata dalla commissione di cui all’articolo 14.
4. Gli interventi di terapia genica sugli embrioni sono consentiti al fine esclusivo di evitare la trasmissione di patologie genetiche e possono essere attuati solo previo consenso informato dei soggetti che hanno richiesto di sottoporsi alle tecniche di fecondazione assistita.
5. La selezione di embrioni prodotti in vitro a scopo riproduttivo può essere effettuata al fine di aumentare le possibilità di successo delle tecniche di fecondazione assistita nonché di prevenire la trasmissione di malattie geneticamente trasmissibili.
6. Restano fermi i divieti previsti da atti internazionali ratificati dall’Italia.
Art. 13.
(Trasferimento del nucleo cellulare).
1. È consentita la tecnica del trasferimento del nucleo di una cellula adulta in un cellula uovo dalla quale è stato sottratto il nucleo, nonché la ricerca scientifica sul risultato di tale tecnica.
2. Sono vietati l’impianto in utero del risultato della tecnica del trasferimento del nucleo cellulare di cui al comma 1 e il suo sviluppo come aggregato oltre il quattordicesimo giorno dal trasferimento del nucleo.
Art. 14.
(Commissione per la valutazione e l’autorizzazione).
1. È istituita, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della salute, un’apposita commissione, composta da almeno dieci membri, individuati tra i maggiori esperti nel settore della fecondazione assistita e avente le seguenti funzioni:
a) la valutazione dei protocolli di ricerca presentati dai laboratori di ricerca pubblici e privati riguardanti indagini scientifiche che prevedono la creazione o l’utilizzazione di embrioni umani, nonché l’utilizzazione di gameti umani;
b) la valutazione dell’idoneità dei laboratori a svolgere le indagini scientifiche di cui alla lettera a);
c) l’autorizzazione allo svolgimento dei protocolli di ricerca di cui alla lettera a).
2. L’Istituto superiore di sanità tiene un registro pubblico delle cellule staminali embrionali disponibili in Italia e dei relativi progetti di ricerca.
Art. 15.
(Maternità surrogata).
1. È vietata l’applicazione di tecniche idonee a determinare maternità surrogata.
2. Il divieto di cui al comma 1 non si applica nel caso in cui l’incapacità della madre di portare avanti la gravidanza non sia altrimenti superabile, non vi sia alcuna prestazione di compenso e, tra la madre biologica e la madre uterina, vi sia un rapporto di parentela fino al quarto grado o di affinità fino al secondo grado.
3. Anche in caso di maternità surrogata la struttura autorizzata è tenuta ad acquisire il consenso informato degli interessati, ai sensi dell’articolo 7.
4. La madre uterina non acquisisce alcun diritto o alcun obbligo nei confronti del nato.
Art. 16.
(Stato giuridico del nato).
1. I nati a seguito dell’applicazione di tecniche di fecondazione assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli naturali riconosciuti della coppia che ha richiesto di accedere alle tecniche stesse.
2. Il consenso al riconoscimento di un figlio nato a seguito dell’applicazione di tecniche di fecondazione assistita inizialmente formulato è irrevocabile. Chi lo ha prestato non può esercitare alcuna azione ai sensi degli articoli 235 o 263 del codice civile.
3. La madre del nato a seguito dell’applicazione di tecniche di fecondazione assistita non può dichiarare la volontà di non essere nominata, ai sensi dell’articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.
4. In nessun caso dai registri dello stato civile possono risultare dati dai quali si possa desumere la modalità della generazione di un soggetto.
Art. 17.
(Sanzioni).
1. Chiunque volontariamente danneggia o sopprime un embrione vitale non impiantato, prodotto o pervenuto alla fase embrionale dopo la data di entrata in vigore della presente legge, è punito con la pena prevista dall’articolo 18, primo comma, della legge 22 maggio 1978, n. 194.
2. Chiunque utilizza gameti per la formazione di embrioni senza il consenso delle persone cui gli stessi appartengono, non per scopi riproduttivi, in violazione di quanto disposto dall’articolo 10, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 100.000 euro.
3. Chiunque procede all’impianto di embrioni senza il consenso della donna su cui lo stesso avviene è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
4. Chiunque applica tecniche di fecondazione assistita in violazione degli articoli 5, 7, commi 1, 2, 3 e 4, e 8, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 a 300.000 euro.
5. Chiunque applica tecniche di fecondazione assistita in strutture diverse da quelle autorizzate di cui all’articolo 6 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100.000 euro a 400.000 euro.
6. La donna che, senza giustificato motivo, revoca il proprio consenso all’impianto dopo che la fecondazione è avvenuta è punita con la reclusione fino ad un anno e con la multa fino a 20.000 euro.
7. Chiunque organizza o pubblicizza la commercializzazione di embrioni o di gameti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 euro a 400.000 euro.
8. Chiunque compie sperimentazioni su embrioni vitali, per fini diversi dalla prevenzione o dalla cura dell’embrione stesso, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 euro a 1.000.000 di euro.
9. Chiunque compie sperimentazioni su embrioni, prima del decorso del termine previsto dall’articolo 11, comma 2, e senza il consenso delle persone cui appartenevano i gameti che li hanno formati, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 100.000 euro.
10. Chiunque compie sperimentazioni su embrioni, per fini diversi da quelli della prevenzione o della cura di malattie umane, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa fino a 500.000 euro.
11. La disposizione di cui al comma 9 non si applica a embrioni già esistenti alla data del 10 marzo 2004 e per i quali non sia possibile identificare le persone con il cui materiale genetico sono stati formati.
12. Chiunque, al di fuori di esigenze di terapia o di prevenzione di malattie umane, realizza selezioni a scopo eugenetico di embrioni o di gameti è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 250.000 euro.
13. Chiunque, al di fuori di esigenze di terapia o di prevenzione di malattie umane, realizza interventi diretti ad alterare il patrimonio genetico di gameti è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è aumentata se si tratta di embrioni.
Art. 18.
(Abrogazione e modificazione di norme).
1. La legge 19 febbraio 2004, n. 40, è abrogata, ad esclusione degli articoli 3 e 18. Conseguentemente, al citato articolo 18 della legge n. 40 del 2004, le parole: «tecniche di procreazione medicalmente assistita», ovunque ricorrono, sono sostituite dalle seguenti: «tecniche di fecondazione assistita».
2. Alla lettera d-bis) del primo comma dell’articolo 1 della legge 29 luglio 1975, n. 405, introdotta dall’articolo 3 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, le parole: «tecniche di procreazione medicalmente assistita» sono sostituite dalle seguenti: «tecniche di fecondazione assistita».