Camera dei Deputati Proposta di legge n. 655 dell’11/5/2006

PROPOSTA DI LEGGE

d’iniziativa del deputato GRILLINI

Modifiche alla legge 22 maggio 1978, n. 194, recante norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza

Presentata l’11 maggio 2006


Onorevoli Colleghi!

In una questione così difficile, così drammaticamente coinvolgente la coscienza della donna (e di tutti) come quella dell’aborto, è ammissibile che dominino ipocrisia e inganno? Noi riteniamo di no. Per questo presentiamo una proposta di legge che rappresenta in primo luogo un’operazione di pulizia e di chiarezza.
La sostanza della proposta di legge sta nell’abolizione della figura del cosiddetto «aborto di Stato» e nella previsione di misure che possano facilitare le donne nell’accesso alle tecniche contraccettive e abortive, in modo che possa essere evitata o resa meno traumatica una scelta, già di per sé drammatica, come quella di interrompere una gravidanza.
Con la proposta di legge si prevede la possibilità per la donna di interrompere la propria gravidanza senza dover dimostrare a un medico l’esistenza di problemi personali e si prevede inoltre la possibilità di praticare l’aborto anche nelle strutture sanitarie private oltre che in quelle pubbliche.
Infine, si è disciplinata la possibilità di interrompere la gravidanza utilizzando le tecniche di aborto farmacologico, (con la pillola RU486, già ampiamente diffusa in altri Paesi europei) e si facilita l’accesso alle tecniche contraccettive, quali ad esempio la cosiddetta «pillola del giorno dopo».
La presentazione della proposta di legge si è resa necessaria in quanto la legge n. 194 del 1978, e le applicazioni che ne sono state fatte, hanno determinato una serie di difficoltà e di non più tollerabili contraddizioni. L’articolo 1 della legge n. 194 del 1978 stabilisce che lo Stato «tutela la vita umana dal suo inizio».
Negli articoli successivi sono indicate le ipotesi nelle quali lo Stato ritiene di poter comunque autorizzare l’aborto. In particolare, esso è consentito entro i primi novanta giorni di gravidanza, purché la donna dichiari per iscritto, e un medico accerti, che la maternità potrebbe comportare un «serio pericolo per la sua salute fisica o psichica», oppure che potrebbe determinare altri gravi disagi legati «alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari». Insomma, lo Stato non osa riconoscere che solo la donna può scegliere se diventare madre o no. Tuttavia «ammicca» alla donna e le spiega che può comunque abortire, a condizione che dichiari, non la propria verità quale che sia, ma ciò che nella maggioranza dei casi è un falso, e cioè l’esistenza di problemi di salute, magari psichica, o l’esistenza di difficoltà economiche. Il medico, in questo contesto, è chiamato ad essere testimone-complice della falsa dichiarazione.
Una seconda grave incongruenza della legge n. 194 del 1978 è quella che deriva dal fatto che, pur essendo l’aborto consentito nel nostro ordinamento, ne viene impedita la pratica nelle strutture sanitarie private a differenza di quanto accade per ogni altro intervento sanitario.
Tale questione acquista un rilievo e una valenza ulteriori nelle zone in cui vi è una forte presenza di medici obiettori nelle strutture pubbliche, che determina difficoltà e ritardi nella predisposizione degli interventi sanitari più opportuni a tutela della possibilità di scelta e della salute della donna.
All’obiezione per la quale si sostiene che la legge n. 194 del 1978 nei fatti comunque funzioni, rispondiamo che ciò è vero solo in parte e, quasi sempre, solo grazie ad ipocrisie e menzogne che sono richieste e imposte dalla stessa legge.
L’approvazione della proposta di legge, che rimanda alla responsabilità e alla coscienza della donna le decisioni relative all’interruzione della gravidanza, è a nostro avviso l’unica strada seria da percorrere per evitare che si arrivi all’imposizione di ulteriori limiti alla possibilità di scelta della donna e quindi all’aumento degli aborti praticati in modo clandestino, con drammatiche conseguenze per la salute di centinaia di migliaia di donne.

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PROPOSTA DI LEGGE

Articolo 1

1. L’articolo 1 della legge 22 maggio 1978, n. 194, di seguito denominata «legge n. 194 del 1978», è sostituito dal seguente:

«Articolo 1. - 1. Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. Lo Stato garantisce altresì la salute della donna e la sua libertà di pianificare le proprie gravidanze nel numero, nei modi e nei tempi più opportuni da lei desiderati.
2. Nessuna donna può essere obbligata a portare avanti una gravidanza e ad affrontare i rischi fisici e psichici, o quelli economici e sociali connessi e conseguenti alla gravidanza stessa, per lei o per la sua famiglia. L’interruzione volontaria della gravidanza di cui alla presente legge non rientra tra i mezzi per il controllo delle nascite. Compito dello Stato, delle regioni e degli enti locali è contribuire a rimuovere le cause che possono indurre all’interruzione della gravidanza nel rispetto della libera valutazione della donna. A tale fine quindi, lo Stato, le regioni e gli enti locali promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari e garantiscono la possibilità di accesso ai mezzi per il controllo delle nascite, ai metodi contraccettivi ordinari ed a quelli di emergenza in condizioni di efficacia».

Articolo 2

1. All’articolo 2 della legge n. 194 del 1978 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere garantiscono le prestazioni di emergenza contraccettiva. I consultori ed i medici delle strutture sanitarie citate non possono differire le prestazioni urgenti di tipo contraccettivo qualora non siano in grado di garantire che le stesse prestazioni siano erogate in tempi utili e nelle modalità più efficaci».

Articolo 3

1. L’articolo 4 della legge n. 194 del 1978 è sostituito dal seguente:

«Articolo 4. - 1. Per l’interruzione volontaria di gravidanza entro la 15a settimana compiuta, il 105o giorno di amenorrea o il 90opercentile ecografico, la donna si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975, n. 405, o a un medico di una struttura socio-sanitaria o a un medico di sua fiducia».

Articolo 4

1. L’articolo 5 della legge n. 194 del 1978, è sostituito dal seguente:

«Articolo 5. - 1. Il consultorio, il medico della struttura socio-sanitaria e il medico di fiducia hanno il compito, qualora la donna lo richieda e lo consenta, di esaminare con la donna stessa e, qualora egli accetti, con il padre, le possibili soluzioni ai problemi evidenziati per aiutarla a superare quelle cause che, se rimosse, potrebbero indurla a non interrompere la gravidanza, prospettandole gli aiuti di cui potrà con ragionevole certezza usufruire durante la gravidanza, al momento del parto e successivamente per l’assistenza del nucleo familiare.
2. Il consultorio ed il medico di fiducia informano la donna sulle procedure e sui metodi medici e chirurgici di interruzione di gravidanza appropriati per il suo specifico caso e sulle strutture esistenti ove potere praticare l’intervento per l’interruzione della gravidanza, nonché sui mezzi per il controllo delle nascite.
3. Quando il medico riscontri l’esistenza di condizioni tali da rendere urgente l’intervento, rilascia immediatamente alla donna un certificato attestante l’urgenza, con il quale la donna può presentarsi presso una delle sedi autorizzate ed iniziare subito l’intervento abortivo.
4. Se non viene riscontrato il caso di urgenza, al termine del colloquio e degli accertamenti relativi all’esistenza della gravidanza, di fronte alla richiesta di procedere all’aborto, il medico rilascia alla donna copia di un documento, firmato anche dalla donna stessa, attestante lo stato di gravidanza e l’avvenuta richiesta. Con tale documento la donna può presentarsi presso una delle sedi autorizzate per programmare l’intervento abortivo più indicato per l’epoca gestazionale rispondente alla volontà della donna stessa, iniziando subito la procedura operativa medica o chirurgica».

Articolo 5

1. All’articolo 6 della legge n. 194 del 1978, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l’alinea è sostituito dal seguente:

«L’interruzione volontaria di gravidanza, dopo la 15a settimana, può essere praticata:»;

b) è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«b-bis) quando siano accertate situazioni personali e sociali che comportino gravi pericoli per lo stato di benessere sociale della donna o per la sua famiglia, non superabili con ragionevole certezza mediante gli interventi sociali ed economici di cui la donna può eventualmente usufruire».

Articolo 6

1. L’articolo 8 della legge n. 194 del 1978 è sostituito dal seguente:

«Articolo 8. - 1. La donna che ha ottenuto il documento per l’interruzione di gravidanza ai sensi dell’articolo 5, comma 4, può rivolgersi alle aziende ospedaliere o alle aziende sanitarie locali presso le quali è istituita una divisione o un servizio di ostetricia e ginecologia, o ad una delle altre sedi autorizzate, le quali sono tenute a prendere subito in carico la donna, procedendo all’intervento abortivo più appropriato, direttamente o mediante accordi con altri enti.
2. Le interruzioni di gravidanza eseguite con metodi medici precoci o con metodi chirurgici precoci possono essere praticate, in tutto o in parte, presso i consultori e le strutture territoriali ambulatoriali delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, qualora vi sia la possibilità di fare riferimento a divisioni di ostetricia e ginecologia attive senza interruzione per gli eventuali interventi di urgenza.
3. Le interruzioni di gravidanza fino alla 15a settimana, o anche oltre la 15a settimana, possono essere praticate presso case di cura private che ne facciano richiesta e siano provviste dei requisiti igienico-sanitari previsti dalla regione.
4. Le aziende ospedaliere, le aziende sanitarie locali e le strutture private autorizzate devono prendere subito in carico la donna che a loro si rivolge, nel rispetto della sua dignità e della riservatezza, e garantire il metodo abortivo più indicato per l’epoca gestazionale nel minore tempo utile, iniziando subito la procedura operativa medica o chirurgica.
5. La regione stabilisce e aggiorna annualmente le tariffe di riferimento per le varie tecniche di interruzione di gravidanza sulla base dei costi e degli onorari effettivamente riconosciuti alle aziende ospedaliere. Le procedure di pagamento e di rimborso sono attuate in conformità alle procedure in vigore per le medesime aziende. In qualsiasi momento, anche quando gli atti medici o chirurgici finalizzati ad interrompere la gravidanza siano già in atto, su richiesta della donna è sospesa la procedura in corso, garantendo l’adeguata assistenza».

Articolo 7

1. L’articolo 9 della legge n. 194 del 1978 è sostituito dal seguente:

«Articolo  9. - 1. Lo Stato riconosce agli operatori sanitari la possibilità di sollevare obiezione di coscienza in materia di interruzione volontaria della gravidanza, garantendo, altresì, che l’intervento di interruzione sia comunque attuato, in quanto atto legittimo previsto a tutela della salute collettiva e della donna.
2. Lo Stato e le regioni garantiscono che la scelta di ottenere gli interventi di cui alla presente legge e quella di dichiarare obiezione di coscienza non siano oggetto di discriminazione.
3. Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie che solleva obiezione di coscienza non può prendere parte alle procedure e alle attività specificamente e necessariamente dirette a provocare l’interruzione della gravidanza, ma è tenuto, nell’ordinaria attività di servizio, a garantire l’assistenza durante e dopo l’induzione e l’esecuzione dell’aborto. Il personale obiettore non può comunque esimersi dall’intervento di assistenza quando vi sia un pericolo imminente per la vita della donna o un grave rischio per la sua integrità fisica e psichica.
4. Le convinzioni personali che determinano l’obiezione di coscienza non devono pregiudicare in alcun modo, diretto o indiretto, la presa in cura della donna o recarle danno nella tutela sanitaria relativa alla sua scelta.
5. L’obiezione di coscienza è comunicata alla regione tramite il direttore sanitario o il dirigente sanitario competente all’atto dell’assunzione, della stipulazione della relativa convenzione o dell’abilitazione ed è immediatamente efficace. La stessa obiezione può essere comunicata successivamente in qualunque momento e la sua efficacia nonché la sua revoca decorrono dal mese successivo.
6. La comunicazione di obiezione di coscienza è un atto pubblico e annualmente la regione pubblica l’elenco dei medici obiettori e dei medici non obiettori, suddiviso per azienda sanitaria locale, per azienda ospedaliera, e per divisione o servizio di ostetricia e ginecologia, nonché per provincia di attività per tutti i medici iscritti all’albo professionale. Le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere aggiornano annualmente gli elenchi dei propri medici, provvedendo alla loro affissione in apposite bacheche installate nella sala d’ingresso degli ospedali, dei poliambulatori, dei consultori e dei reparti di ostetricia e ginecologia, con indicata la eventuale condizione di obiettore.
7. Se chi ha sollevato obiezione di coscienza prende parte a procedure abortive volontarie al di fuori dei casi previsti dal presente articolo, oltre alla revoca immediata della comunicazione di cui al comma 6, fatte salve le eventuali conseguenze di ordine penale e civile, è sottoposto a procedimento disciplinare presso la struttura sanitaria competente e l’ordine provinciale dei medici-chirurghi al quale è iscritto, con la previsione di una sospensione di almeno sei mesi».

Articolo 8

1. L’articolo 10 della legge n. 194 del 1978 è abrogato.

Articolo 9

1. All’articolo 11, primo comma, della legge n. 194 del 1978, le parole: «al medico provinciale» sono sostituite dalle seguenti: «alla regione tramite il dirigente sanitario».

Articolo 10

1. All’articolo 12 della legge n. 194 del 1978, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo comma, le parole: «diciotto anni» sono sostituite dalle seguenti: «sedici anni», e le parole: «nei primi novanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «fino alla 15a settimana compiuta»;

b) al terzo comma, le parole: «della minore di diciotto anni» sono sostituite dalle seguenti: «della minore di sedici anni»;

c) al quarto comma, le parole: «dopo i primi novanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «dopo la 15a settimana compiuta», e le parole: «anche alla minore di diciotto anni» sono sostituite dalle seguenti: «anche alla donna di età inferiore a sedici anni»;

d) è aggiunto in fine, il seguente comma:

«Le procedure previste dagli articoli 4, 5 e 6 si applicano anche alle donne di età inferiore a diciotto anni, ma superiore a sedici anni, indipendentemente dall’assenso di chi esercita la potestà genitoriale».

Articolo 11

1. Il quinto comma dell’articolo 13 della legge n. 194 del 1978 è sostituito dal seguente:

«Il provvedimento del giudice tutelare costituisce titolo per ottenere in via d’urgenza l’intervento e, se necessario, il ricovero».

Articolo 12

1. All’articolo 15 della legge n. 194 del 1978, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Le regioni garantiscono, in particolare, l’aggiornamento professionale del personale sanitario ed esercente le arti ausiliarie che attua gli interventi per l’interruzione volontaria di gravidanza, prevedendo l’istituzione di appositi corsi specifici e integrativi, tenuti a cadenza annuale. Le stesse regioni sono tenute, altresì, a garantire che la decisione di effettuare gli interventi previsti dalla presente legge non determini l’esclusione dallo svolgimento delle altre attività di competenza, né rechi pregiudizio ai fini della crescita professionale e dell’avanzamento di carriera. A tale scopo, la pratica di interventi per l’interruzione volontaria della gravidanza costituisce titolo nelle valutazioni».

Articolo 13.

1. Al quinto comma dell’articolo 19 della legge n. 194 del 1978, le parole: «anni diciotto» sono sostituite dalle seguenti: «anni sedici».

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