Convegno Internazionale Diritto a Vivere, Diritto a Morire

Convegno Internazionale Diritto a Vivere, Diritto a Morire, Roma

Relazione di Giorgio Villella, pomeriggio del 23 luglio 2002

Saluto i rappresentanti delle religioni cattolica, ebraica, islamica e valdese, che hanno parlato prima di me esponendo il loro punto di vista sull’eutanasia. Pochi di loro, come pochi ascoltatori in sala, sapranno che in Italia c’è un’attiva associazione di atei e agnostici, di cui io sono il segretario. È l’UNIONE DEGLI ATEI E DEGLI AGNOSTICI RAZIONALISTI, in sigla UAAR. È un’associazione costituita nel 1987, che ha vivacchiato con 50, 100, 200, 250 soci fino a due, tre anni fa. Negli ultimissimi anni c’è stata una esplosione di iscrizioni; alla fine di quest’anno supereremo i mille associati; forse questo dipende dal fatto che finalmente cominciamo a essere noti, oppure perché molta gente è esasperata per la deriva clericale sempre più marcata che c’è attualmente in Italia. A chi interessasse segnalo che abbiamo un sito molto popolare, www.uaar.it, che spiega bene chi siamo e cosa facciamo. Aggiungo ancora che le persone senza nessuna religione in Italia sono dai 7 ai 10 milioni. Questa differenza di cifre è dovuta naturalmente a come sono state impostate le statistiche o a quando sono state fatte. Comunque tutte le statistiche concordano nel mostrare che siamo in costante e rapida crescita. Nel resto d’Europa le persone senza religione sono circa la metà della popolazione.

Voglio ringraziare CITTADINANZATTIVA per averci invitati a questo Forum. È la prima volta, in Italia, che siamo chiamati ufficialmente a esporre il nostro punto di vista in un Congresso così importante. È essenziale che su questioni etiche tanto importanti come l’eutanasia sia ascoltata la voce di tutte le concezioni del mondo, fideistiche e atee. Questo, da noi in Italia, non avviene quasi mai. Il Governo, i Ministeri, le istituzioni, pubbliche e private, non ascoltano le persone senza religione e le loro organizzazioni. Pensano che ci dobbiamo accontentare che gli atei non siano perseguitati. Saremo anche liberi, ma noi vorremmo essere uguali; ci consideriamo cittadini a pieno titolo, e non sudditi; vorremmo avere gli stessi diritti che hanno gli altri cittadini italiani, come li hanno gli atei nelle altre democrazie avanzate del mondo occidentale. Di fatto le istituzioni pubbliche si comportano in Italia come se ci fosse ancora la religione di Stato, con il corollario che questa religione va aiutata attivamente e la si deve accontentare, le altre religioni vanno sorvegliate e l’ateismo va contrastato.

Dicevo appunto che volevo ringraziare CITTADINANZATTIVA e i suoi dirigenti; ho visitato il loro sito e concordo completamente con il loro programma. Io personalmente, e la mia associazione, riteniamo di dover praticare la cittadinanza con testardaggine, nonostante le chiusure di uno Stato che da ottant’anni a questa parte, dall’avvento del fascismo in poi, pur cambiando più volte radicalmente governi, regimi e anche la stessa Costituzione, è rimasto sempre visceralmente clericale.

In questo Forum si deve parlare di eutanasia, ma le difficoltà che in Italia si dovranno affrontare per depenalizzarla sono dovute appunto all’invadenza di una religione e dei suoi fedeli che sono convinti di dover imporre per legge i loro principî e la loro morale agli altri. Questo punto è fondamentale e lo si vede anche dal fatto che i Paesi in cui l’eutanasia è già depenalizzata oppure quelli in cui ci si è vicini a farlo, sono i più civili, più secolarizzati e più laici, mentre quelli dove per ora è inconcepibile che ciò avvenga sono i più arretrati, più clericali o addirittura integralisti.

Per cui accenno a qualche altro esempio del clericalismo italiano, perché sono sicuro che molti non si rendono conto che in Italia c’è una cappa di clericalismo, quel clericalismo che dà tanto fastidio quando c’è negli Stati con una religione diversa, ma di cui non ci accorge se è quello della propria religione; anche se alcuni pensano che i regimi clericali vadano in realtà bene, purché siano della religione giusta - la loro ovviamente. In uno Stato clericale tutti quelli che sarebbe allora corretto chiamare sudditi, devono adeguarsi; c’è poca speranza, per noi atei, di ottenere rispetto dalle nostre istituzioni: sia, in astratto, rispetto dei principî di uguaglianza dei cittadini, sia, in concreto, rispetto delle sofferenze, che possono essere atroci, di chi richiede l’eutanasia e di chi gli è vicino e soffre a vedere sofferenze inutili e crudeli.

Veniamo agli esempi di clericalismo dello Stato italiano. A Padova, in primavera, il vescovo usa fare delle visite pastorali in un congruo numero di scuole della sua diocesi. Non chiede di poter andare a fare la sua visita, ma il suo segretario scrive avvisando ciascuna scuola che ci sarà una visita, con il giorno e l’ora della visita già stabilita dal vescovo, in orario di lezione, trascurando il fatto che c’è una normativa per cui non si possono interrompere le lezioni per questi motivi. Quando si è saputo che una scuola aveva rifiutato di ricevere il vescovo in orario scolastico, proponendogli invece di riceverlo di pomeriggio, il vescovo si è offeso e non ci è più andato. Tutti i giornali locali ne hanno discusso a lungo e così siamo venuti a conoscenza di queste visite, irregolari per l’orario e perché subite dalla scuola; visite che, per inciso, sono continuate negli anni seguenti con le stesse modalità, solo che hanno cambiato nome, da visite “pastorali” sono diventate visite “culturali”.

Io ho avuto l’idea di fare un piccolo test di laicità nelle stesse scuole pubbliche che ricevono passivamente le visite pastorali del vescovo. Ho scritto alle scuole superiori di Padova, ai licei, chiedendo di fare, di pomeriggio, una conferenza sui principî della laicità agli alunni degli ultimi tre anni che avessero voluto venire ad ascoltarmi. Su una decina di lettere che ho scritto nessuno mi ha risposto; le mie richieste sono state ignorate, probabilmente non sono neanche state sottoposte al Consiglio di Istituto che è competente a decidere in merito. Proponevo una conferenza di pomeriggio, aperta solo agli alunni che avessero voglia di venire a sentirla, per i soli alunni degli ultimi tre anni, cioè di 16, 17 e 18 anni. Non era mia intenzione andare a mettere in crisi i bambini delle elementari che, se sono di famiglia religiosa, hanno diritto di essere protetti - però vi ricordo che i miei non venivano protetti nelle scuole pubbliche italiane - e non mi si è neanche risposto. Quindi si tocca con mano che il cittadino vescovo e i cittadini di famiglia cattolica hanno, nelle scuole statali, consuetudini, diritti, privilegî, che il cittadino segretario dell’UAAR e i cittadini di famiglia atea non hanno, in barba alla Costituzione e alla democrazia, esattamente come nei tanto criticati regimi islamici, ma a differenza degli altri Paesi europei.

Altro esempio. Io ho tre figli e quando li ho mandati all’asilo prima, e alle elementari dopo, hanno cercato in tutti i modi di indottrinarmeli. Io avevo fatto domanda per l’esonero dall’ora di religione ed ero anche andato a scuola a parlare, a spiegare che io e mia moglie non ci eravamo sposati in chiesa, che i miei figli non erano stati battezzati, che noi con la religione cattolica non avevamo niente a che fare e che pretendevamo rispetto per questa nostra posizione. Nella scuola c’erano il crocifisso; l’ora di religione; le visite pastorali del vescovo; varie messe; i temi, i dettati e le poesie quasi tutti a sfondo religioso; la storia era più una storia dei martiri cristiani che una storia vera e propria. Così impostata, la scuola insegnava ai miei figli a privilegiare la fede e non a fidarsi della ragione; a credere all’angelo custode e ai miracoli; che basta recitare meccanicamente una preghiera per cancellare le colpe, che è giusto essere puniti per colpe altrui. Nella scuola, quindi, c’era una atmosfera tale, che faceva capire subito a un bambino che lui e la sua famiglia sono normali se sono cattolici, che sono di serie B se sono di un’altra religione - sbagliata - e sono anormali se sono senza religione. D’altronde, quando i miei figli frequentavano le scuole primarie, nei primi anni ’70, non nel profondo medioevo, era in vigore quello che c’era scritto nel Concordato e cioè che «l’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica». Non era questa una evidente formula di integralismo religioso? Il Concordato nel 1984 è stato modificato, tra l’altro si è tolta la dizione “religione di Stato”, ma le ore di religione cattolica nelle scuole sono aumentate, non abolite, e il vescovo di Padova continua a fare le sue visite culturali nelle scuole, mentre io continuo a chiedere di fare visite a cui nessuno risponde. Respirare l’atmosfera degli asili e delle scuole elementari pubbliche per i miei bambini piccoli era, secondo me, per come volevo educare i miei figli, molto pericoloso e molto grave. Anche ai nostri giorni molti genitori iscritti all’UAAR si lamentano di dover far seguire l’ora di religione a scuola ai figli perché non vengano emarginati. Tra parentesi è solo questa la ragione per cui la percentuale dei bambini che frequentano l’ora di religione è così alta, mentre tutti gli altri indici della religiosità degli italiani sono molto bassi.

Faccio un inciso per rassicurare tutti i fedeli delle varie religioni che noi atei e agnostici dell’UAAR non vogliamo che venga impedito alle famiglie religiose di educare i loro figli piccoli secondo la loro fede. Possono farlo in tutta libertà, quando sono piccoli, parlando con i figli e facendogli assorbire l’atmosfera di casa, poi nelle parrocchie, nelle organizzazioni come gli scout; con ritiri spirituali. Semplicemente non vogliamo che questo venga fatto, nella scuola pubblica e dalla scuola pubblica, a scapito di tutti i bambini di famiglie con altre religioni e di famiglie atee. La scuola, come lo Stato, non possono che essere neutri, uguali per tutti, laici appunto, come dice la nostra Costituzione.

Io ero tanto preoccupato da quello che stava succedendo ai miei figli, dei discorsi che facevano al ritorno da scuola, che ho deciso di andare a vivere in Inghilterra per qualche anno; mia moglie era agli inizi della carriera universitaria ed è stato facile avere per tre anni una borsa di studio. È stata un’esperienza bellissima, lì c’era uguale rispetto per tutti, quando andavo a scuola a raccomandare al preside e ai professori di non indottrinare i miei figli, tutti si meravigliavano, non capivano la mia preoccupazione, in classe non facevano sicuramente nessun indottrinamento, nessun proselitismo, avevano bambini di famiglie protestanti, cattoliche, musulmane, ebree, indù, anche se la maggior parte erano ormai di famiglie senza nessuna religione. I miei figli sono cresciuti benissimo in una società completamente secolarizzata, senza subire nessuna pressione religiosa. Sono tornati in Italia che ormai erano vaccinati per sempre da credenze irrazionali e avevano, hanno, un forte senso civico, comune nei paesi di tradizione protestante e latitante in quelli di tradizione cattolica.

L’ultimo esempio riguarda i crocifissi negli uffici pubblici: quando, a metà degli anni 90, ho visto in televisione che nell’aula delle udienze della Corte costituzionale era esposto il crocifisso, ho scritto per chiedere che venisse tolto. Al solito non mi hanno risposto; io allora ho fatto fare da un artista una insegna, un rame smaltato, con la scritta UAAR, l’ho mandata, a nome dell’associazione, alla Corte costituzionale chiedendo che fosse messa o sopra o sotto il crocifisso, e naturalmente, non potendo giustificare il loro comportamento incostituzionale, di nuovo non mi hanno risposto. Un anno fa però, finalmente hanno tolto il crocifisso dalla sala delle udienze della Corte costituzionale; è una sala pubblica per tutti i cittadini italiani, che siano ebrei, cattolici, protestanti, musulmani, buddisti, senza religione, atei, comunque la pensino, quindi non si vede perché dovrebbe essere marcata dal simbolo di una religione. Il presidente della Corte costituzionale in carica l’estate scorsa, cattolico praticante, ha deciso di togliere il crocifisso!

Dopo questi esempi che dimostrano che in Italia c’è, ormai da ottant’anni, un regime clericale, mi sarà più facile affrontare il tema di questo Forum, dell’eutanasia; in fondo il problema è sempre lo stesso: è giusto che uno Stato privilegi una concezione del mondo a scapito di tutte le altre? Può uno Stato, se è democratico, mettersi al servizio di una particolare religione? Non succederà anche per l’eutanasia che non sarà possibile introdurla in Italia, nonostante la maggioranza della popolazione sia favorevole, perché la chiesa cattolica è contraria?

Io non sono un giurista e quindi non sono in grado di rispondere a Francesco D’Agostino, Presidente dell’Unione dei Giuristi Cattolici Italiani, che, nel primo intervento di questa sessione, ha sostenuto con argomenti solo giuridici che non si può introdurre l’eutanasia in Italia. Però osservo che quegli stessi argomenti inducono a dire che in Italia a maggior ragione non si può permettere il suicidio; invece nel nostro Paese, come in molte altre democrazie, il suicidio è permesso. Allora non da giurista, ma da matematico, posso concludere che il ragionamento di D’Agostino non può essere corretto; nei suoi argomenti giuridici ci deve essere un errore. Una settimana fa quando Pannella faceva lo sciopero della fame e della sete e la situazione si stava facendo drammatica, ho letto delle interviste a magistrati e a medici in cui si affermava con sicurezza che in Italia se un adulto, nel pieno delle sue facoltà mentali, decide liberamente di lasciarsi morire, nessuno può intervenire con la forza. La legge non lo consente. Ancora a proposito dell’intervento di D’Agostino, a un certo punto della sua relazione, ha detto di accettare la definizione di eutanasia che ne danno i fautori, cioè morte volontaria di una persona, ridotta in condizione fisiche tali da non potersi togliere la vita da solo, procurata da altri su sua richiesta. Poi nel fare l’elenco di esempi storici di eutanasia ha elencato anche l’uccisione di massa degli handicappati perpetrata da Hitler nei campi di sterminio. No, ammazzando un ignaro handicappato non si esegue la volontà dell’handicappato; se non ha chiesto lui, nel pieno di normali facoltà mentali, di essere ucciso, si compie un omicidio. Non è corretto elencare l’eugenetica come eutanasia; serve solo a screditare l’eutanasia perché non si hanno valide ragioni per contrastarla.

Parliamo dunque di suicidio e di eutanasia - che è una forma meno grave di suicidio. Meno grave perché avviene in circostanze penose e irreversibili che la rende più giustificata. Il suicidio non è vietato e secondo me è giusto che sia così, anzi considero che in molte circostanze sia la decisione oggettivamente più ragionevole, giusta e coraggiosa per la persona e anche per quelli che gli stanno vicino e gli vogliono bene. Comunque riconosco che si possono fare obiezioni ragionevoli a questa mia posizione. Ma nel caso dell’eutanasia che riguarda persone che non hanno speranza di poter tornare a una vita sopportabile per loro, che hanno davanti solo una lenta e dolorosa agonia, non c’è nessun argomento ragionevole che si possa usare per opporsi; si può solo fare opposizione per motivi fideistici, che però valgono per i singoli fedeli, non per lo Stato e comunque chi si oppone per motivi fideistici come non è obbligato ad avvalersi per sé della eutanasia, così non può pretendere di vietarla agli altri.

Io rispetto i principî degli altri e sono venuto con interesse ad ascoltare cosa dicono gli esponenti delle varie religioni sull’eutanasia; tutti, escluso il rappresentante dei valdesi, hanno detto che, in base ai principî della religione cui appartengono, non si può acconsentire all’eutanasia; rispetto queste idee, sono contento per loro che già adesso ciascuno di loro possa uniformarsi a quello che prescrive la propria religione. Ma vorrei sapere perché un ateo, o un valdese, non può fare quello che considerano morale, giusto, saggio e auspicabile; qualcuno pensa che sia giusta questa discriminazione perché gli atei sono senza morale, sono a-morali, come se la morale potesse basarsi solo sulla fede, ma non è vero; cito una curiosa statistica americana che in qualche modo smentisce questo pregiudizio.

In America gli atei sono una certa percentuale della popolazione che non ricordo, ma dovrebbe essere dell’ordine del 10%. Uno studioso è andato a vedere la percentuale degli atei detenuti nelle carceri; se nella società americana gli atei sono il 10%, lui si aspettava che nelle carceri fossero il 30% perché gli atei, amorali appunto, dovrebbero delinquere di più e quindi andare di più in carcere. Invece era l’1%! In pratica non ce ne erano di atei nelle carceri, perché gli atei e gli agnostici hanno evidentemente una morale. Questa è basata sulla ragione, non viene imposta con principî che in certe epoche magari vanno bene, sono accettati, ma in altre sono sentiti come assurdi. Gli atei e gli agnostici si costruiscono una morale in base alla società che c’è, ragionando, confrontandosi con gli altri. Per questo è una morale molto più forte e molto più aderente alla realtà di quella basata sulle religioni che certe volte porta a ipocrisie, a formalismi, che si è costretti a violare, che ci si abitua a violare.

Io quello che vorrei sentire qui, adesso, in questo Forum, è la risposta degli esponenti delle religioni alla domanda che ripeto: Cosa facciamo con la legislazione in Italia? Facciamo una legislazione che sia aderente ai principî cattolici? Facciamo una legislazione che sia aderente ai principî musulmani o ebraici o buddisti? O facciamo una legislazione che permetta a tutti i cittadini italiani di seguire la propria coscienza per questioni che riguardano solo lui, la sua sopportabilità al dolore, la sua dignità?

In Italia gli atei, gli agnostici, le persone senza religione, sono circa dieci milioni. Questi dieci milioni di persone sono persone quasi tutte anticonformiste, che, dopo essere state battezzate, sono diventate atee in un percorso solitario, in contrasto con la famiglia di origine, la scuola, i superiori, i compagni di scuola; è gente isolata che vive per conto proprio in un ambiente ostile; non ha espresso un movimento politico, non ha ancora costituito un gruppo di pressione che la società conosca, però ha il diritto di poter seguire la propria morale. Chiedo a voi se siete disposti a far sì che in Italia ci sia una legge che permetta a tutti, a chi segue una religione e a chi è senza religione, di seguire i propri principî. Lo chiedo con apprensione perché l’Italia è al limite tra essere un civile Stato europeo o uno Stato integralista. Fortunatamente non siamo integralisti come erano alcuni secoli fa tutti gli Stati europei e come sono ai nostri giorni molti, troppi, altri Stati, ma siamo a metà strada: abbiamo le leggi più arretrate nel campo della bioetica, e io mi chiedo se possiamo entrare nell’Europa a parità con tutte le nazioni del Nord e del centro Europa, in cui c’è rispetto per tutti, come in Gran Bretagna; solo allora potremo vantarci di aderire a pieno titolo all’Europa che è libera, tollerante, laica, che rispetta tutti i suoi cittadini.

Io sono d’accordo che bisogna essere rigorosi nel fare leggi che regolano i rapporti sociali, ma nel mio rapporto con me stesso, con la mia vita, come sono libero di suicidarmi, devo essere libero di avere un aiuto, se mi è necessario, da parte di chi si offre di darmelo. Qui non sono coinvolti i cattolici, non sono coinvolti i fedeli di altre religioni: qui sono io, solo di fronte al problema della mia morte, paralizzato in un letto, tra atroci dolori che voglio accorciare la mia inutile sofferenza. Non è giusto che le religioni mi impediscano questo: come io riconosco ai fedeli di tutte le religioni il diritto di conformarsi alle loro tradizioni e ai loro principî, loro devono riconoscere a me, cittadino italiano, uno dei dieci milioni di cittadini italiani che la pensa così, di potermi conformare alla mia morale, alle mie idee.

Sul senso della vita che gli atei non avrebbero, non potrebbero avere, come se il senso della vita lo possa dare solo la religione, racconto due esperienze quasi banali, ma significative, anche per sdrammatizzare un po’ questo intervento. La sorella di mia nonna era una persona che era vissuta in simbiosi con il marito: erano sempre insieme, facevano tutto d’accordo, si consultavano su qualunque cosa. Quando il marito è morto, si è praticamente lasciata morire; non ha sopportato di vivere senza il marito, non ha fatto niente di volontario, ma si è spenta in poche settimane. Allora si può dire che la vedovanza è una cosa oggettivamente negativa?

Non sempre; diversi anni fa ho conosciuto una signora 75 anni, di estrema vitalità, allegra, curiosa, interessata, anticonformista, franca, senza prudenze e perbenismi. Abbiamo parlato molto bene insieme per tutto il pomeriggio anche se era la prima volta che ci incontravamo e mi ha colpito quando ha affermato che la sua vita era cominciata a sessant’anni, quando era diventata vedova. Veniva da una famiglia che l’aveva oppressa. Dal padre, dalla madre, dai fratelli, aveva ricevuto divieti di tutti i generi e lei, molto giovane, si era sposata illudendosi di cambiare vita; ma il marito si era dimostrato peggiore della famiglia di origine: lei non poteva andare a sentire i concerti, non poteva viaggiare, non poteva avvicinare estranei. Era riuscita nonostante tutto a laurearsi, ma non le era stato concesso di lavorare fuori casa: aveva molte limitazioni. Poco dopo che i figli sono usciti di casa perché si sono sposati, le era morto il marito. Lei mi ha detto di essere rinata allora; si era fatta presto un giro di amicizie, viaggiava molto, andava ai concerti, era diventata un membro molto attivo di Amnesty International. Era finalmente appagata da una vita molto intensa, faceva tutto quello che voleva. Allora la vedovanza è una cosa oggettivamente negativa o oggettivamente positiva? Dipende dai soggetti e dalle circostanze. Chi da fuori, in base a principîi astratti può stabilire quale sia il senso della vita di una certa persona?

Io, per adesso, sono molto contento della vita che complessivamente ho fatto e spero di continuare così. Ma se un giorno diventassi un malato terminale con la sola prospettiva di una lunga agonia piena di sofferenze, accompagnate dallo strazio dei miei cari, potrei porre termine a questa situazione suicidandomi, come molti fanno in situazioni analoghe. Ma se la situazione fosse ancora più grave e dovessi giacere immobile perché paralizzato e non fossi quindi in grado di provvedere da solo, non trovo giusto che, analogamente al suicidio che non è vietato, mia moglie, un mio figlio, il mio medico personale, i miei amici atei, chiunque, non possa aiutarmi in questa mia volontà. Oppure anche viceversa, aiutare io uno a cui voglio bene e che soffre inutilmente. Chiedo agli esponenti delle religioni di avere il coraggio di appoggiare una legge a favore dell’eutanasia per chi la vuole, pur predicando ai propri fedeli di non usarla. Io non mi sognerei mai di obbligare un cattolico, anche se sta soffrendo molto, di chiedere l’eutanasia, cioè di non seguire le sue regole liberamente accettate; senta il suo sacerdote, faccia quello che vuole, sia libero di fare quello che vuole, ma voglio anch’io essere libero di fare quello che voglio.

Perché lo Stato deve depenalizzare l’eutanasia? Perché c’è qualcuno che, soffrendo insopportabilmente e inutilmente, lo chiede. Che siano sofferenze inutili e insopportabili lo può decidere solo chi le prova; nessuno Stato può valutare al suo posto se lo siano e decidere per lui in conseguenza. Mi dispiace, ma considero il comportamento dei fedeli di qualche religione che si opponessero a una legge che depenalizzasse l’eutanasia per chi la chiede, altrettanto grave di quei fedeli indù che volessero imporre per legge il rogo delle vedove negli Stati dove l’induismo è la religione maggioritaria. E la maggior parte dei cittadini europei e anche italiani pensa così, in una percentuale anche maggiore di chi pensa che l’aborto deve essere permesso dalla legge.

O c’è qualcuno che mi vuole imporre di continuare una agonia insensata anche quando questa non riguarda che me e le mie sofferenze e le sofferenze dei miei cari?

Grazie. Rimango in attesa di una risposta esplicita e chiara dagli esponenti delle religioni che sono intervenute prima di me: L’Italia deve essere un Paese laico o no?

Giorgio Villella
Segretario Nazionale
Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti
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