Procreazione Medicalmente Assistita

UN PODI STORIA
TECNICHE E SITUAZIONI
LE TESI CATTOLICHE
LE TESI A FAVORE
MADRI SU COMMISSIONE
BATTAGLIE PARLAMENTARI
LA LEGGE 40/2004
REFERENDUM
COSA SUCCEDE ALLESTERO
PERCORSI DI APPROFONDIMENTO

UN PODI STORIA

È almeno dal XVIII secolo che la scienza si interessa e studia delle tecniche per risolvere il problema della sterilità di coppia: casi documentati di procreazione assistita si hanno fin dal XIX secolo, per «esplodere» poi, letteralmente, durante la seconda guerra mondiale, allorquando molti soldati americani al fronte inviarono il proprio sperma alla moglie allo scopo di fecondarla artificialmente.

Parallelamente alla diffusione cominciarono le critiche, i processi, le proposte di legge per porre un freno alla pratica. Il progresso, tuttavia, correva più veloce delle polemiche e il 25 luglio 1978 nacque Louise Brown (passata alla storia come la prima «bambina in provetta») grazie alla fecondazione in vitro.

TECNICHE E SITUAZIONI

Oggi l’ulteriore miglioramento negli studi della fecondazione assistita ha portato alla nascita di decine di metodologie diverse.

La fecondazione può essere attuata in vivo (direttamente nel corpo della donna) o in vitro (extracorporea, in breve FIVET): si parla di fecondazione omologa (AIH) quando il seme appartiene al partner della donna e di fecondazione eterologa (AID) quando il seme proviene da un donatore esterno alla coppia.

Mentre già con la fecondazione omologa si pone un problema a livello legislativo («cosa si intende per “coppia”?»), quella eterologa può produrre situazioni variegate che non sempre vengono accettate: esemplificando al massimo, i problemi nascono soprattutto dall’eventuale anonimato del donatore, dall’inseminazione post-mortem e dalla richiesta formulata da una donna sola o anziana o da una coppia lesbica.

LE TESI CATTOLICHE

Fin dal XIX secolo il Vaticano è stato sollecitato ad esprimere pareri sull’argomento: commissioni pontificie, il Sant’Uffizio e diversi papi non hanno fatto altro che ripetere, pedissequamente, il loro diniego.

Inizialmente il «no» cattolico era motivato soprattutto dalla tesi che questo sistema di procreazione non è «naturale», ovvero non avviene secondo «le leggi immutabili» stabilite dal creatore, con le quali è peccato mortale interferire.

La successiva introduzione e diffusione della fecondazione in vitro ha scatenato la Chiesa cattolica anche su un secondo versante: quello del congelamento e della distruzione degli embrioni prelevati in soprannumero allo scopo di aumentare le possibilità di riuscita della fecondazione. Per il Vaticano l’embrione è equiparabile a una persona umana, pertanto la fecondazione in vitro è equiparabile all’aborto procurato.

Anche se secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la gravidanza inizia solo al momento dell’impianto dell’embrione (14 giorni dopo il concepimento), la Congregazione per la dottrina della fede ha ufficialmente ribadito che «non spetta alle scienze biologiche dare un giudizio decisivo su questioni propriamente filosofiche e morali, come quella del momento in cui si costituisce la persona umana e quella della legittimità dell’aborto».

LE TESI A FAVORE

La sterilità di coppia in Italia raggiunge oramai cifre da brivido: oltre una coppia su cinque non è in grado di assicurarsi una discendenza, una percentuale che tende ad aumentare di anno in anno. Con queste premesse, già oggi ben 300 strutture italiane praticano la fecondazione assistita: si stima che tra le 50.000 e le 70.000 coppie si rivolgano a questi centri, e che oltre 100.000 siano i pre-embrioni custoditi nei criocongelatori. Stiamo quindi parlando di un fenomeno di massa, che come tale deve essere considerato.

Le tesi cattoliche sono facilmente smontabili. Moralmente possono pensarla come vogliono e giudicare anche ininfluente il parere della scienza, resta il fatto che queste tesi sono rivolte solo alla popolazione cattolica (circa il 16% della popolazione mondiale e l’80% - nominale - di quella italiana), e non si capisce per quale motivo dovrebbero essere applicate a tutta la popolazione: nessuno, ovviamente, si è mai sognato di imporre tali pratiche a donne e coppie non consenzienti.

La fecondazione artificiale è una libera scelta e pertanto uno stato laico non deve basarsi sulla morale di una parte della sua popolazione per frapporre divieti ad una pratica volta, fino a prova contraria, a superare i problemi di sterilità e di infertilità di una coppia.

Alla stessa stregua vanno considerate le obiezioni secondo cui la fecondazione eterologa minerebbe la stabilità della famiglia: statistiche USA mostrano dati che vanno nella direzione diametralmente opposta sia per quanto riguarda la solidità della coppia sia per quanto riguarda la cura nei confronti dei bambini. La decisione di accedere a questa pratica non è mai facile e, si presume, vagliata anche alla luce di queste problematiche: le medesime considerazioni possono valere per le responsabilità che si assume il padre prestando il suo consenso (identiche, del resto, nel caso dell’adozione).

Quanto alla (eventuale) sofferenza che proverebbe il bambino nel non conoscere il padre biologico, è agevole constatare come tali difficoltà siano riscontrabili, anche in questa circostanza, nel caso dell’adozione. L’alternativa per il bambino è tra il non nascere ed il nascere attraverso l’AID: difficile quindi individuare un danno in questo.

Sulle donne sole e/o lesbiche che interebbero accedere all’AID, alle quali una certa corrente di pensiero (soprattutto cattolica) non vorrebbe concedere tale possibilità, si può rilevare come, nella stragrande maggioranza dei casi, esse potrebbero comunque raggiungere lo scopo anche attraverso una rapporto eterosessuale tradizionale: dovremmo quindi vietare anche queste gravidanze? Dovremmo conseguentemente considerare illecito il figlio di una ragazza madre? Un discorso valido, a maggior ragione, per l’inseminazione post-mortem.

Per finire, un’osservazione sulla fecondazione di donne anziane. Chi è contrario basa la propria opinione sulla minore speranza di vita delle stesse: secondo la logica sottintesa, le stesse persone dovrebbero essere contrarie a che malate terminali portino a termine la gravidanza.

In definitiva, bisogna considerare la fecondazione assistita un nuovo metodo riproduttivo, alternativo a quello tradizionale: visto sotto quest’ottica, non è altro che una possibilità in più per raggiungere lo scopo a cui si aspira.

MADRI SU COMMISSIONE

La giurisprudenza si è dovuta interessare ad un’ulteriore casistica: quella della madri su commissione. Sono quelle situazioni in cui la partoriente consegna il neonato alla coppia che lo ha richiesto: la fecondazione può avvenire attraverso la donazione di ovociti o l’intervento diretto del partner maschile della coppia. Nel caso invece che il materiale genetico impiegato sia esclusivo della coppia committente, per cui la gestante si limita a portare avanti la gravidanza, si parla di «locazione d’utero», o più brutalmente di «utero in affitto».

Queste pratiche, che stanno iniziando ad avere una certa diffusione, non sono generalmente di pubblico dominio: lo divengono solo qualora, dopo il parto, tra la coppia committente e la partoriente nascano dei problemi, generalmente di tipo economico.

Secondo le interpretazioni della dottrina giurisprudenziale, la madre è individuata nella partoriente, e l’eventuale contratto sottostante è da ritenersi nullo: tuttavia, già ora il giudice può decidere di farvi prevalere l’interesse del minore.

Sull’argomento nel 1998 è arrivata a pronunciarsi anche la Corte Costituzionale, interessata da un caso di disconoscimento di paternità (la sentenza).

Nel febbraio 2000 il magistrato romano Chiara Schettini autorizzò una coppia a «noleggiare» (gratuitamente) l’utero di un’amica di famiglia. La decisione suscitò enorme scalpore: l’allora Ministro Rosi Bindi ricorse all’Avvocatura di Stato, la Procura ricorse inutilmente in Tribunale, mentre il Forum delle associazioni familiari (cattoliche) chiese l’impugnazione della sentenza. Nel febbraio 2014 il tribunale di Milano ha assolto un uomo e una donna che si erano rivolte a una clinica privata di Kiev per ricorrere a pratiche (fecondazione eterologa e gestazione per altri) vietate in Italia ma lecite in Ucraina. La Cassazione ha però ribaltato la sentenza e ha tolto il figlio alla coppia. Nel 2015 la Corte europea dei diritti dell’Uomo ha dato torto all’Italia, che aveva tolto il bambino a un’altra coppia che si era rivolta a una donna russa. Nel 2019 ha stabilito che la madre non biologica può riconoscere il figlio avuto all’estero attraverso la gestazione per altri.

Divertente constatare come proprio la Genesi narri di un caso di gestazione per altri: il patriarca Abramo ebbe un figlio dalla schiava Agar col pieno consenso della moglie Sara.

BATTAGLIE PARLAMENTARI

Nel 1975 venne approvata la riforma del diritto di famiglia: vuoi per i tempi non maturi, vuoi per evitare ulteriori conflitti con il Vaticano, la legge non trattò l’argomento.

In generale, nelle sentenze emanate sull’attribuzione di paternità è prevalsa la paternità biologica: con assurde conseguenze quali la mancanza di un genitore nel figlio il cui padre biologico è anonimo (a meno che il marito della madre non ricorra all’adozione!), oppure la possibilità data al marito di disconoscere il figlio nato da un rapporto sessuale avuto col suo esplicito consenso dalla moglie con un terzo.

La necessità di non restare privi di una legge ha dato impulso alla discussione sull’argomento. Al Comitato nazionale per la Bioetica è stato come al solito affidato il compito di fare da apripista: esso ha redatto due pareri rimasti, sostanzialmente, lettera morta.

Nella XIII Legislatura vari progetti di legge sono stati presentati, volti a regolamentare la materia. Dopo notevoli discussioni il 27 gennaio 1998 la Commissione Affari Sociali della Camera licenziò un testo unificato (l’articolato), con il quale si autorizzava la fecondazione eterologa, riservata anche alle coppie conviventi. L’accordo raccoglieva consensi tra quasi tutti i partiti, e una nuova legge sembrava a portata di mano.

Il testo unificato, invece, giunto in discussione nell’aula della Camera venne incredibilmente sconfessato. Il 26 maggio 1999 una maggioranza formata da Polo e cattolici dell’Ulivo, con 266 voti a favore contro 153, votò un testo nel quale si vietava la fecondazione eterologa e venivano dichiarati adottabili gli embrioni (il testo approvato dalla camera).

Il provvedimento rimase bloccato per oltre nove mesi alla Commissione Sanità del Senato, che finì per rinviare tutto all’aula. A marzo giunse a Palazzo Madama sotto la spinta dei senatori cattolici, preoccupati dalle conseguenze della recente decisione sull’utero in affitto.

Dopo altri tre mesi di bagarre, il 7 giugno 2000 il Senato approvò alcuni emendamenti al testo della Camera, con i quali si cancellavano i diritti del concepito, si ammetteva la fecondazione eterologa e si eliminava il limite di età per accedere alla fecondazione assistita.

Passano solo quattordici giorni, e nuovo ribaltone: vennero approvati alcuni emendamenti agli emendamenti che finiscono per rendere inapplicabile la legge. Il Senato decise così di rinviare la discussione a data da destinarsi.

Perché tante capriole? Semplice: il compromesso iniziale non piaceva al Vaticano. Le pressioni cattoliche volte a farne un grimaldello per l’abolizione della legge sull’aborto e la volontà dell’opposizione di creare scontri all’interno della maggioranza portarono alla paralisi totale.

Allo scopo di mettere un po’ d’ordine sulla materia il Ministro Veronesi pensò alla stesura di un regolamento: ma anche questo fu bloccato dai ministri cattolici.

L’inizio della XIV legislatura fu contrassegnato dalla presentazione di un nugolo di proposte di legge, generalmente restrittive. I radicali presentarono una propria proposta di legge di iniziativa popolare (il testo). Nel marzo 2002 le proposte di legge della maggioranza furono unificate e presentate per la discussione alla Commissione Affari Sociali della va la fecondazione eterologa, limitava la fecondazione assistita alle coppie eterosessuali in età fertile e solo in presenza di accertata sterilità o infertilità, vietava il congelamento degli embrioni.

LA LEGGE 40/2004

Il 18 giugno 2002 la Camera dei Deputati approvò il disegno di legge con piccoli aggiustamenti. Forti le proteste dentro e fuori palazzo Madama contro il provvedimento: anche l’UAAR scese in piazza per manifestare la propria contrarietà. A dicembre 2003 il testo fu approvato anche dal Senato (interessante dossier inviato dall’associazione Mamme On Line ai senatori) e raccolse l’approvazione definitiva dalla Camera dei Deputati nel febbraio 2004.

La legge 40 è particolarmente arretrata, una delle più retrograde del pianeta: esclude la fecondazione eterologa, limita la fecondazione assistita alle coppie eterosessuali in età fertile e solo in presenza di accertata sterilità o infertilità, vieta il congelamento degli embrioni; assicura i diritti del concepito ma costringe la madre a subire l’impianto anche degli embrioni malati; vieta la ricerca scientifica sugli embrioni; ammette l’obiezione di coscienza. Il quotidiano francese Le Monde la definì «una legge burqa».

L’assurdità di tali norme è stata presto portata alla luce dai casi di cronaca. Con una sentenza del maggio 2004 il Tribunale di Catania respinse la richiesta di una coppia di coniugi (portatori sani di betatalassemia) di impiantare solo embrioni sani: secondo il giudice Felice Lima «gli ovuli fecondati vanno impiantati, anche se c’è il rischio che possano essere portatori di malattie genetiche». Un’altra coppia preferì quindi recarsi a Istanbul (Turchia) per permettere alla madre di essere fecondata con gli embrioni “sani”, in grado di salvare il figlio talassemico. Le coppie che si rivolgono ai centri italiani sono drasticamente calate di numero, mentre sono letteralmente esplosi i cosiddetti “viaggi della speranza”, pressoché quadruplicati.

Il dilemma tra salute della donna e tutela dei “diritti dell’embrione” è emerso chiaramente nel caso di una signora di Cagliari, non disponibile a rischiare di avere un figlio talassemico né a ricorrere all’aborto terapeutico. Il tribunale civile di Cagliari ritenne fondato il problema della legittimità dell’articolo 13 (che nega la possibilità di diagnosi preimpianto) e inviò gli atti alla Corte Costituzionale la quale, con ordinanza n. 369 del 9 novembre 2006, dichiarò inammissibile il quesito. Nel gennaio 2008 fu il TAR del Lazio ad annullare per eccesso di potere le linee guida della legge 40, con particolare riguardo al divieto di diagnosi preimpianto agli embrioni, chiedendo nuovamente alla Consulta di pronunciarsi sulla costituzionalità della legge. Una sentenza della Corte Costituzionale dell’aprile 2009 ha infine giudicato illegittima la disposizione della legge 40/2004 che fissa a tre il numero massimo di embrioni impiantabili durante i processi di fecondazione artificiale. La Consulta ha altresì dichiarato illegittimo l’articolo 3, laddove la legge ha omesso di precisare che il trasferimento di embrioni deve essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna. Nel 2010, altri tribunali (Catania, Firenze) hanno sottoposto nuovi dubbi di legittimità costituzionale alla Corte. Nel novembre 2012 il tribunale di Cagliari ha autorizzato una coppia a effettuare la diagnosi preimpianto, nel 2013 i tribunali di Milano e Catania hanno messo in discussione la costituzionalità delle norme riguardanti la fecondazione eterologa, quello di Roma ha ordinato la prima diagnosi preimpianto da effettuarsi in un centro pubblico. Nel 2014 la Corte Costituzionale ha bocciato anche il divieto di accesso alla fecondazione eterologa: le Regioni hanno pertanto dovuto mettere a disposizione anche questo servizio (cosa che fanno con estrema riluttanza, purtroppo). La Lombardia ha incredibilmente deciso di farlo a pagamento, ma nel 2016 il Consiglio di Stato ha bocciato anche questo provvedimento. Sempre nel 2015 la Corte costituzionale ha cancellato anche il divieto alle diagnosi preimpianto per le coppie affette da patologie conclamate, nonché il divieto assoluto alla selezione di embrioni. Resta tuttavia ancora vigente il divieto di ricerca sugli embrioni.

Il 18 novembre 2005 si era nel frattempo registrato un ulteriore sviluppo, con la formulazione (non unanime), da parte del Comitato Nazionale di Bioetica, di un parere sull’adozione degli embrioni criocongelati. Il 28 agosto 2012 è stata la stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a stabilire che una donna non deve essere costretta a subire l’impianto di embrioni gravemente malati. Il 28 novembre il governo «clerical-tecnico» guidato da Mario Monti ha tuttavia deciso di presentare ricorso, che è stato comunque respinto dalla Corte di Strasburgo nel febbraio 2013.

La legge 40 ha collezionato sino a oggi un numero tale di sconfitte giuridiche da poter essere considerata la legge più impallinata della storia italiana. Ciononostante, né il governo né il parlamento sembrano intenzionati a mandarla finalmente in soffitta.

REFERENDUM

I radicali, subito dopo l’introduzione della nuova legge, avviarono una raccolta di firme per chiedere cinque referendum abrogativi, totalmente o parzialmente, della legge 40. La raccolta di firme fu coronata da successo. I cinque quesiti riguardavano: l’abrogazione totale della legge 40; l’abrogazione delle norme che vietano la ricerca scientifica; l’abrogazione delle norme che mettono a repentaglio la salute della donna; l’abrogazione delle norme che equiparano i diritti del concepito a quelli della donna; l’abrogazione delle norme che vietano la fecondazione eterologa.

Il 5 gennaio 2005 il Governo decise di ricorrere alla Corte Costituzionale contro il referendum, sollevando un vespaio di polemiche. Il 13 gennaio la Consulta ammise quattro referendum su cinque, bocciando solo il quesito che richiedeva l’abrogazione totale della legge. Questo l’elenco dei referendum ammessi.

La consultazione si svolse nelle giornate del 12 e 13 giugno 2005, alla fine di una campagna referendaria contrassegnata dai reiterati inviti all’astensione da parte delle gerarchie ecclesiastiche, preoccupate di risultare perdenti da un confronto a viso aperto. Il risultato fu purtroppo molto negativo: si recò alle urne solo un quarto della popolazione avente diritto. Nonostante la massiccia prevalenza dei “Sì”, dunque, il risultato fu vanificato dal mancato raggiungimento del quorum.

COSA SUCCEDE ALLESTERO

FRANCIA: la fecondazione assistita è ammessa, e riservata a coppie sposate o conviventi. Vietate la locazione dell’utero e la fecondazione sia eterologa che post-mortem.

GERMANIA: ammessa, e riservata solo alle coppie sposate. La fecondazione eterologa in vitro è vietata, come pure l’inseminazione post-mortem, la gestazione per altri e la locazione dell’utero.

REGNO UNITO: ammessa, e riservata a coppie sposate o conviventi e a donne singole. Ammesse anche la locazione dell’utero e la fecondazione sia eterologa che post-mortem.

SPAGNA: ammessa, e riservata a coppie sposate o conviventi e a donne singole. Ammesse anche la donazione di ovuli e la fecondazione sia eterologa che post-mortem.

USA: profonde differenze tra stato e stato. Generalmente, però, è ammessa sia la fecondazione omologa che l’eterologa. Diffusa anche la gestazione per altri. La locazione dell’utero è possibile in California e in qualche altro stato.

PERCORSI DI APPROFONDIMENTO