RELAZIONE N. 414 - 616 - 816 - 817 - 958 - 991 - 1109 - 1140 - 1304 - 1365 - 1488 - 1560 - 1780 - 2787 - 3323 - 3333 - 3334 - 3338 - 3549 - 4755-A
Onorevoli Colleghi!
Il testo all’attenzione dell’Assemblea, risultato di un metodo e di una capacità di rispetto e di ascolto reciproco delle diverse forze politiche, nasce da un confronto in Commissione né semplice né tantomeno scontato nei suoi sviluppi e nei suoi esiti, non tanto perché le questioni affrontate richiamano e rimandano a temi che colpiscono l’immaginario e le paure di ognuno, quanto perché esse interrogano quesiti fondanti la stessa natura umana e alcune regole che sono alla base del riconoscersi dell’umanità, oltre ogni fede o cultura, parte di una grande comunità civile.
L’applicazione delle tecniche di procreazione assistita, così come altri interventi in campo genetico, sollevano dubbi e interrogativi tecnico-scientifici, etici e giuridici cui forse il Parlamento avrebbe dovuto dare risposte già da alcuni anni. Il fatto che ciò non è sinora avvenuto e la circostanza che l’Italia rimanga l’unico Paese europeo privo di una regolamentazione in materia, privo, quindi, di ogni regola e tutela, devono rendere tutti ancor più consapevoli del compito delicato cui siamo chiamati e delle aspettative che sono riposte nella discussione che si apre.
La scienza, ma soprattutto le sue applicazioni tecnologiche, pongono all’umanità domande inedite, non solo per quanto attiene il rapporto tra ricerca, tecnologie, diritto e morale, ma più concretamente chiedono sino a che punto si può consentire all’iniziativa dell’uomo di modificare ciò che si considera, a torto o a ragione, «naturale» e se ciò che la scienza ci dice possibile deve essere sempre accettato dalla collettività.
L’obiettivo della nostra discussione non può certo essere quello di offrire risposte esaustive a queste domande, quanto piuttosto quello di soddisfare la necessità e l’urgenza, da più parti reclamate, di disciplinare le questioni che concretamente vengono poste dall’applicazione delle tecniche di procreazione assistita, a partire dal più netto profilo sanitario e sociale.
Più volte le collettività umane si sono trovate di fronte al compito di risolvere i quesiti posti dall’evoluzione della scienza, da quando, cioé, lo sviluppo scientifico ha fatto compiere negli ultimi due secoli un percorso al genere umano più rapido di quanto sia avvenuto nei millenni precedenti. Tale rapidità di scoperte scientifiche e di applicazioni tecnologiche ha trovato impreparato non solo il corpo normativo e istituzionale, ma, addirittura, la mente e la coscienza stessa delle donne e degli uomini, la consapevolezza e l’elaborazione culturale, come hanno fatto rilevare molti studiosi e, negli ultimi anni, i movimenti ambientalisti che hanno evidenziato i rischi di uno sviluppo privo di rispetto per gli esseri viventi e l’ambiente.
Più volte la storia, anche in tempi vicini, come ad esempio con il nucleare - che ha rappresentato forse il primo caso in cui i danni derivanti da una scoperta scientifica nata dalla libertà della ricerca e dalle speranze di ricadute positive di questa sull’umanità, hanno coinvolto e coinvolgeranno diverse generazioni - ci ha rammentato la distinzione necessaria tra scienza, intesa come conoscenza, e tecnica, intesa come applicazione della stessa, che dipende strettamente dalla scelta politica della comunità umana e delle regole che questa decide di darsi. Se la conoscenza, in campo medico-scientifico, ha una valenza etica fondamentale e se il progresso è indispensabile per diminuire le sofferenze dell’umanità, la ricerca, priva di regole e criteri etici condivisi, può aprire scenari devastanti nelle sue applicazioni.
L’oggetto della discussione non è certo quello di stabilire se sia giusto o meno porre dei limiti alla ricerca scientifica. È certo, però, che nel campo della procreazione assistita, i traguardi raggiunti sono tali, ove applicati, da rimettere in discussione le forme sociali e i principi oggi prevalenti e fondanti le relazioni umane. Maternità, paternità, rapporti di parentela, famiglia, serenità psichica e diritti del nato, liceità degli interventi sul corpo umano e in particolare della donna, rapporti di potere che si instaurano o diritti che ne derivano, sino alle più inquietanti ipotesi della clonazione umana o dell’eugenetica.
È indubbio che tali tecnologie aprono una riflessione su come esse incidano sulle relazioni alla base dei rapporti tra i sessi, nelle famiglie e nella maternità, ovvero in quel particolarissimo rapporto madre-figlia/o che chiede, soprattutto, di essere regolato da responsabilità e amore e che sicuramente è qualcosa di più complesso di una funzione manipolabile tecnicamente o di una norma giuridica. Parimenti, si corre il rischio di separare le diverse funzioni che la maternità in sé assolve.
Le tecniche di fecondazione assistita aprono, poi, per le donne una doppia riflessione: da un lato, l’illusione di una falsa emancipazione dal condizionamento maschile nella riproduzione e, dall’altro, il rischio che la tecnica medica ripropone della riduzione del corpo della donna, o di una sua parte, a «cosa», e della separazione di questa parte dalla interezza della soggettività femminile. In questo, come in altri settori del cosiddetto bio jus, è possibile far crescere la coscienza del fine cui devono tendere la scienza e il diritto, avendo il coraggio di regolare l’applicazione delle conoscenze in base alla consapevolezza delle conseguenze umane e naturali da esse derivanti.
Le polemiche, anche recenti, sugli organi di informazione hanno posto l’accento sui rischi non completamente valutati sull’applicazione delle tecniche di PMA: dai genitori molto anziani all’assenza del padre, dalla mercificazione di parti del corpo, ai rischi per la salute per la madre e per il nascituro, dalla tutela dell’embrione sino alle possibili forme di selezione genetica. Si pongono, quindi, questioni eticamente rilevanti: quale è il punto di equilibrio tra il diritto del singolo o della coppia a procreare; e tra quello della madre, del padre e del nascituro, da un punto di vista sia sanitario sia giuridico? E per quanto tempo uno Stato può ignorare l’esigenza di tutela della salute dei cittadini o il rischio di speculazioni sulla vita senza porre, anche in via amministrativa, regole precise sotto il profilo sanitario? E, ancora, fino a che punto lo Stato può regolamentare scelte e comportamenti così fortemente legati alla sfera privata dei singoli cittadini?
Su tali problemi è opportuno che la discussione sia serena nella consapevolezza che i modi di sentire l’etica, la morale e i rapporti sociali cambiano in rapporto ai tempi, ai luoghi e alle culture, che, a loro volta sono in continua evoluzione; così come cambiano le leggi e le istituzioni che gli esseri umani si danno. Credo non si possa guardare ai secoli futuri come periodi statici sul piano sociale ed evolutivi solo sul piano scientifico.
In Italia, in particolare, l’orientamento dell’opinione pubblica su questi grandi temi è stato ostacolato da una scarsa diffusione di elementari conoscenze scientifiche e da una frattura antica tra discipline scientifiche e umanistico-giuridiche.
Le risposte al problema della sterilità.
Il tema della procreazione assistita nasce come risposta della scienza prima e della tecnica poi ai problemi di sterilità della coppia, problema certo non nuovo, all’attenzione della scienza fino dal 1700.
La procreazione assistita fu praticata nella specie umana saltuariamente per lungo tempo: fino al 1927 si erano registrati 88 casi e dopo il 1930 l’uso se ne diffuse rapidamente, particolarmente nei paesi anglosassoni, con i test-tube babies; durante la seconda guerra mondiale i soldati alleati al fronte inviavano il loro sperma per la fecondazione artificiale della moglie. Sia la Chiesa anglicana, con qualche dissenso, nel 1948, che Papa Pio XII, nel 1949, condannarono la pratica. Ma lo stesso Pio XII, pur con i limiti di conoscenza e di espressione del contesto e dell’epoca, non escludeva la fecondazione in vivo omologa all’interno del matrimonio in cui il processo naturale venisse facilitato al fine di aiutare la trasmissione del seme. Il ricorso alle tecniche di procreazione assistita continuò a crescere, come è testimoniato dall’aumento dei casi giudiziari verificatisi negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, nonché in Italia (Roma, 1956, Padova, 1958).
La procreazione assistita era sino a quel momento in vivo; solo verso la metà degli anni ‘60 riprendevano le ricerche per la fecondazione in vitro e nel 1970 la National academy of science degli Stati Uniti escludeva la possibilità di una gravidanza conseguente ad una fecondazione in vitro prima del 1995. La prima bambina nata con la tecnica della fecondazione in vitro è, invece, del 1978, a testimonianza della rapidità e della imprevedibilità dei tempi della ricerca e della sua applicazione.
L’aumento della capacità tecnica dal 1978 ha enormemente sviluppato le possibilità di intervento ed oggi sono stati messi a punto numerosi metodi di procreazione assistita.
La ricerca scientifica, l’interesse dell’industria, come d’altronde in molti altri settori biomedici e non solo, nonché il miglioramento delle condizioni di vita e di salute della popolazione nei Paesi industrializzati, hanno fatto emergere il problema della sterilità come è successo per altre patologie mascherate dalla mortalità precoce o dall’arretratezza clinico-diagnostica.
In Italia sono possibili stime solo approssimative dell’incidenza della sterilità.
I dati pubblicati nel rapporto finale della Commissione di esperti del Ministero della Sanità, istituita nel 1994, con il criterio di nessun concepimento dopo dodici mesi di rapporti non protetti, secondo il parametro utilizzato dai ricercatori italiani, stimano il 36,6 per cento di coppie sterili, percentuale che scende al 20,6 per cento in applicazione del parametro utilizzato dai ricercatori inglesi, che utilizza un criterio temporale di ventiquattro mesi; e che passa all’8,6 per cento in base al criterio basato sul numero di coppie che richiedono una consulenza specialistica.
Le coppie cui è stata diagnosticata una causa di sterilità dopo almeno due anni di tentativi sono il 6,1 per cento. In base ai dati dell’ultimo censimento ISTAT del 1991 e alle stime citate, per un tasso di matrimoni pari allo 0,5 per cento della popolazione nazionale ci si aspettano ogni anno da 50mila a 70mila coppie sterili di cui il 42 per cento (da 21mila a 29mila) richiedono consulenza e al 30 per cento delle quali viene diagnosticata una causa di sterilità (da 15mila a 21mila coppie).
In Italia, ogni anno, 60mila coppie circa non hanno concepito dopo due anni di rapporti non protetti, ma solo 26mila coppie circa richiedono consulenza dopo due anni di tentativi: è questo il bacino di utenza reale. Nella sterilità da cause sconosciute, le gravidanze spontanee oscillano tra il 22 e il 57 per cento dei casi seguiti e le tecniche di procreazione assistita non funzionano meglio della natura: le quote di successo per tentativo non superano il 10-25 per cento.
Dall’indeterminatezza dei dati emerge la necessità di attivare un sistema di sorveglianza centrale che permetta di riferire nel tempo l’evoluzione del fenomeno, caratterizzato da un continuo mutamento, quale presupposto irrinunciabile nella programmazione degli interventi di sanità pubblica.
I dati dimostrano, inoltre, e con chiarezza, che ancora molto deve essere messo in atto nel campo della ricerca sperimentale ed epidemiologica per individuare i fattori di rischio per la salute riproduttiva maschile e femminile. Tra questi vanno citati l’esposizione professionale e non ad alcune sostanze chimiche, come i pesticidi, fattori fisici, come i campi elettromagnetici e il rumore, stress e fatica psico-fisica dovuti al lavoro o all’assenza di esso. Tra le cause che hanno determinato il ricorso alla procreazione assistita si conferma il dato di un alto numero di infertilità idiopatiche. La Commissione ha colto l’esigenza di indagare la cause della sterilità e della infertilità, prevedendo una specifica disposizione di indirizzo.
I centri per l’applicazione delle tecniche: la situazione attuale
Il potenziale costo globale degli interventi applicati di procreazione assistita, sul territorio nazionale, comprensivo di consulenza e diagnosi, è stato stimato, per il bacino di utenza reale, in 223,1 miliardi e in 515,4 miliardi per il bacino di utenza potenziale.
È noto, infatti, che le tecniche di fecondazione assistita, ancorché prive di disciplina legislativa, sono normalmente applicate in Italia, all’interno di centri pubblici e privati che rappresentano una significativa realtà.
Molti, anche nel dibattito esterno, sono caduti nell’equivoco che con la nuova disciplina si introduca in Italia la possibilità di effettuare tecniche di fecondazione nuove o diverse da quelle attualmente praticate, come quelle che utilizzano i gameti di un donatore.
In realtà, l’attuale situazione caratterizzata dalla mancanza di regolamentazione giuridica rende possibile qualsiasi intervento, senza alcuna tutela per l’embrione, per il bambino e per la corretta gestione socio-sanitaria del procedimento. L’obiettivo del testo all’esame dell’Assemblea è, appunto, quello di regolare questo fenomeno che il numero dei centri ci indica esteso ed in aumento.
L’Istituto superiore di sanità, a seguito dell’ordinanza del Ministro della sanità del 5 marzo 1997, adottata in relazione a gravi fatti di cronaca riguardanti donazioni dietro compenso, ha censito la presenza di 258 centri. Di questi, 80, pari al 26 per cento, sono pubblici, e 178 privati. Di questi ultimi, 46, che corrispondono al 18 per cento, sono collocati in case di cura private ed i rimanenti 132 in ambulatori, circostanza consentita anche dalla mancanza di requisiti autorizzativi previsti dalla vigente normativa. I centri che praticano le tecniche di procreazione eterologa sono 75, pari al 35 per cento, solo privati in applicazione di quanto previsto dalla circolare Degan. Dei 258 centri solo 137 si sono iscritti al registro volontario gestito dall’Istituto, che offre la possibilità di accedere ad un più alto numero di informazioni.
La regolamentazione dei centri è tuttora affidata a due circolari ministeriali, adottate nel 1985 e nel 1987 dai Ministri della sanità pro tempore, Degan e Donat Cattin. La prima si limita a non consentire l’effettuazione della fecondazione eterologa nei centri del SSN, previsione discutibile in quanto priva di fondamento legislativo e che nei fatti ha favorito lo sviluppo dei soli centri privati. La seconda, auspicando la rapida definizione di un’organica disciplina legislativa in materia (nel 1987!) regolamenta la raccolta di seme a fini di fecondazione con intervento di un donatore, rinviando ad atti successivi, mai peraltro adottati, la definizione dei requisiti dei centri. L’applicazione delle tecniche di fecondazione eterologa è pertanto attualmente lecita, riconosciuta da uno dei due atti a contenuto normativo vigenti, ed ammessa senza limiti né soggettivi né oggettivi.
Il Parlamento ha compiuto più tentativi di disciplinare la materia, a partire dalla III legislatura, senza peraltro mai riuscire a definire un testo unificato, base per la discussione in Assemblea.
La fase istruttoria.
La Commissione, considerata la complessità della materia oggetto dell’intervento legislativo, ha deliberato di procedere ad un’indagine conoscitiva ai sensi dell’articolo 144 del regolamento, il cui programma è stato elaborato intorno a quattro filoni di approfondimento - il primo riguardante gli aspetti etici, il secondo gli aspetti scientifici, il terzo riguardante strettamente l’applicazione delle tecniche, il quarto gli aspetti giuridici - in relazione ai quali sono stati individuati soggetti singoli ed associati chiamati a riferire in ordine a ciascun profilo di riferimento.
Le questioni etiche sono state approfondite attraverso il contributo non solo degli organismi consultivi nazionali ed europei - il Comitato nazionale di bioetica ed il Comitato consultivo per la bioetica della Commissione dell’Unione europea (sedute, rispettivamente, del 19 e del 24 giugno 1997) - dei rappresentanti di istituti di ricerca e di studio - Istituto di bioetica dell’università cattolica del Sacro Cuore e Consulta di bioetica (sedute, rispettivamente, del 19 e del 24 giugno 1997) - ma anche attraverso l’ascolto diretto dei rappresentanti delle Chiese: sono, infatti, intervenuti i rappresentanti della Conferenza episcopale italiana, dell’Unione delle Comunità ebraiche, della federazione delle Chiese evangeliche, del centro islamico culturale italiano (sedute del 1^ e dell’8 luglio 1997).
Gli aspetti di tipo scientifico, relativi essenzialmente alla prevenzione delle malattie genetiche ed ereditarie, agli interventi diagnostici e terapeutici sugli embrioni, con particolare riguardo ai limiti dei cosiddetti screening genetici, alle stesse prospettive delle terapie geniche, che appaiono attualmente non ancora raffrontabili con le possibilità offerte dai miglioramenti delle diagnosi, unitamente alle questioni attinenti la clonazione, sono stati affrontati attraverso le audizioni di alcuni esperti di genetica e citogenetica - professori Brambati, Dalla Piccola, Forabosco e Larizza - di un rappresentante del CNR, professor Cosmi (seduta dell’11 settembre 1997) e del professor Renato Dulbecco (seduta del 14 ottobre 1997). Ovviamente, nel corso delle audizioni citate, che hanno rappresentato un raro momento di incontro diretto tra scienza e politica, è stata affrontata anche la questione relativa all’embrione.
Gli aspetti riguardanti strettamente l’applicazione delle tecniche sono stati affrontati con le diverse «categorie» di soggetti interessati, da una parte gli operatori e dall’altra i destinatari, le donne che concretamente si sottopongono agli interventi di maternità assistita raccolte nelle associazioni, anche di familiari, che operano in questo settore. La Commissione ha, quindi, proceduto alla audizione della Federazione nazionale degli ordini dei medici (seduta del 15 luglio 1997), dei rappresentanti del CECOS, dell’EFRA, dell’ESHRE, e della SIFES, cioé delle associazioni dei centri attualmente operanti sul territorio nazionale, dei rappresentanti delle associazioni «Madre provetta», «Ape sapiente» e «Hera» (sedute del 10 settembre 1997), dei rappresentanti delle società scientifiche interessate - società italiana di pediatria, di neonatologia, di medicina perinatale, di ginecologia e ostetricia, di pediatria preventiva e sociale, SIGO - (seduta del 10 settembre 1997), nonché dell’Istituto superiore di sanità, chiamato a fornire sia i dati relativi ai centri operanti, censiti in base all’ordinanza del Ministro della sanità del 5 marzo 1997, sia a rappresentare i dati relativi alla diffusione della infertilità e della sterilità (seduta del 17 settembre 1997).
Infine, gli aspetti di tipo giuridico sono stati approfonditi con il professor Vercellone, presidente della Corte di appello di Venezia (seduta del 16 settembre).
Rinviando per i contenuti delle audizioni ai resoconti stenografici delle sedute citate, mi preme sottolineare il metodo seguito dalla Commissione che ha avviato sulla materia oggetto delle proposte di legge al suo esame un confronto ampio, per evitare che la nuova disciplina risultasse priva di riferimenti reali e frutto di un dibattito circoscritto alle Aule parlamentari e non aperto alla società.
L’elaborazione del testo è stata accompagnata da alcuni incontri informali, tra i quali voglio ricordare quello con il Forum delle associazioni familiari e degli operatori sanitari che ad essa fanno riferimento, nonché con alcune associazioni di donne, che volevano espressamente ribadire il punto di osservazione del pensiero femminile.
L’istruttoria è stata, inoltre, arricchita dai pareri delle Commissioni competenti: I, affari costituzionali, II, giustizia, V, bilancio e XI, lavoro, che hanno deliberato pareri con condizioni e con osservazioni.
Le condizioni poste dalla Commissione bilancio, con la sola eccezione di quella che considera onerose le disposizioni relative alle campagne di informazione sulla sterilità e sulla infertilità, sono state tutte recepite nel testo all’attenzione dell’Assemblea, a differenza di quanto si è verificato per i pareri delle Commissioni affari costituzionali e giustizia.
In primo luogo, la Commissione affari costituzionali ha richiesto di prevedere sistemi di verifica della stabilità del legame di convivenza ai fini stabiliti dall’articolo 5, per evitare il raggiro della norma. Sulla stessa questione è intervenuto anche il parere della II Commissione giustizia, che pone quale condizione per la verifica della stabilità della coppia l’identità del domicilio per almeno due anni. La questione posta dai pareri delle due Commissioni è seria e fondata: tuttavia la soluzione prospettata dalla Commissione giustizia non appare soddisfacente in quanto richiede la creazione di una specifica anagrafe presso i comuni per la registrazione delle unioni: la Commissione ha, quindi, convenuto sull’opportunità di rimettere all’Assemblea la soluzione di tale questione, in relazione alla quale non posso, tuttavia, non richiamare le stesse disposizioni che intendono garantire sostanzialmente il rispetto delle condizioni soggettive ai fini dell’accesso alle tecniche, in particolare la previsione che il consenso informato impegni, secondo quanto sarà stabilito dal decreto dei Ministri di grazia e giustizia e della sanità, anche al riconoscimento del nascituro.
Il parere della I Commissione prospetta il dubbio che il testo in esame rischi di determinare meccanismi di selezioni eugenetica, laddove consente di ricorrere alle tecniche di fecondazione eterologa nel caso di pericolo di trasmissione di gravi malattie ereditarie o infettive. Nel corso dell’esame in Assemblea, al fine di rafforzare ulteriormente le garanzie già previste dal testo, si potrà valutare sull’opportunità di rinviare ad un atto di normazione secondaria per l’individuazione puntuale delle patologie che consentono l’accesso alle tecniche eterologhe nei casi indicati.
Si è ritenuto, inoltre, di affidare all’Assemblea la valutazione dell’opportunità di rafforzare le misure di tutela dell’embrione, cui, peraltro, è dedicato un intero capo del provvedimento, in considerazione della contraddittorietà dei pareri espressi su questo punto dalle Commissioni I e II, aventi pari efficacia nei confronti della XII Commissione. In particolare, si è ritenuto che l’Assemblea debba valutare le modalità attraverso le quali sollecitare e promuovere l’aggiornamento scientifico delle tecniche da applicare al fine di consentire la diffusione di tecniche, come la GIFT, che prevedono il criocongelamento dei gameti ovvero di tutte quelle, sempre più numerose, che tendono all’utilizzo dei gameti dei componenti della coppia.
Non risultano, inoltre, accolte alcune delle condizioni poste dalla II Commissione. In particolare:
- all’articolo 8, comma 1, non è stata prevista la sostituzione della parola: «donazione» con la parola: «cessione» per evitare qualsiasi fraintendimento in ordine alle motivazioni alla base dell’atto;
- non si è ritenuto di dover integrare le disposizioni dell’articolo 10 ritenendo scontata l’applicazione delle norme del codice civile concernenti i nati ed i nascituri, che certo non dipendono dalle modalità del concepimento;
- non si è ritenuto di accogliere la condizione che chiede di sopprimere il comma 3 dell’articolo 11 che impedisce alla madre di ricorrere al diritto di non essere nominata, per rafforzare le garanzie contro la maternità surrogata;
- non si è proceduto alla riformulazione dei divieti di maternità surrogata e di clonazione umana nel senso suggerito dalla Commissione giustizia ritenendo più completa e chiara la formulazione del testo della Commissione;
- per quanto concerne le sanzioni, non è stata accolta la proposta di soppressione del comma 1 dell’articolo 17 che di fatto priverebbe di significato la determinazione di requisiti soggettivi per l’accesso alle tecniche, né quella di soppressione di alcune fattispecie penali e di drastica riduzione delle pene.
La legislazione straniera
Le questioni etiche aperte dalla applicazione delle tecniche di procreazione assistita sono state risolte in vario modo dalle legislazioni degli altri Paesi ed affrontate anche dal Consiglio d’Europa.
Premessa l’esigenza di una regolamentazione internazionale della materia, in mancanza della quale la efficacia della disciplina nazionale risulterebbe ridotta, desidero richiamare i punti più controversi delle singole normative nazionali adottate in Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna, Irlanda, Svezia, Danimarca, Norvegia, Austria, Svizzera, Ungheria, Israele, Brasile, Australia e negli Stati Uniti, dove la materia è regolata in modo diverso nei vari Stati.
Le questioni principali sembrano poter essere ricondotte alle seguenti:
- diritto all’accesso alle tecniche di procreazione assistita: donna singola, coppia sposata o convivente;
- fecondazione in vitro al di fuori del corpo della donna;
- intervento omologo, con gameti del partner, o eterologo, con gameti di un donatore esterno alla coppia;
- possibilità di donazione di ovociti da parte della donna;
- congelamento (crioconservazione) dell’embrione. Nella fecondazione in vitro è necessario produrre un certo numero di embrioni, detti sovrannumerari, per aumentare le possibilità di impianto in utero degli stessi, e destino degli embrioni sovrannumerari (eventualmente a scopo di ricerca);
- possibilità di effettuare interventi diagnostici o terapeutici sull’embrione;
- maternità surrogata: una donna che porterà a termine la gravidanza mette a disposizione il proprio utero per consentire l’impianto di un embrione sviluppato dopo fecondazione in vitro.
Le soluzioni adottate dalle legislazioni dei Paesi citati sono, ovviamente, diverse.
Per quanto riguarda, ad esempio, l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita tutti i Paesi prevedono la possibilità di ricorso a tali tecniche da parte delle coppie unite in matrimonio o in un «analogo rapporto di convivenza», come si esprime, in particolare, la legge austriaca. La Gran Bretagna e la Spagna prevedono inoltre che possano accedere alle tecniche le donne singole. In verità tutte le legislazioni esaminate attribuiscono il diritto soggettivo direttamente in capo alla donna a condizione tuttavia che la stessa sia in possesso di determinati requisiti tra i quali, appunto, quello di essere unita in matrimonio ovvero convivente in modo stabile, come ad esempio è previsto dalla normativa francese.
Analogamente tutti i Paesi richiamati ammettono il ricorso, secondo modalità di volta in volta diverse, alle tecniche di procreazione sia omologhe che eterologhe. Il testo approvato dalla Commissione, sebbene più restrittivo, fa riferimento principalmente alla legislazione francese, che prevede il ricorso all’eterologa nel caso in cui un‘ «assistenza medica alla procreazione senza ricorso ad un terzo donatore non può riuscire» e ne precisa ulteriormente le condizioni.
Per quanto riguarda, invece, i divieti il testo approvato dalla Commissione si pone in modo molto più rigido rispetto alle legislazioni degli altri Paesi e, per quanto riguarda la tutela degli embrioni, dà piena attuazione ai principi della Convenzione di bioetica del Consiglio d’Europa del 1996. Il maggior rigore si manifesta non solo per il divieto di sperimentazione sugli embrioni o della clonazione, ma anche per le forme di procreazione atipiche, come la maternità surrogata o la fecondazione post mortem. Su questi aspetti il quadro normativo straniero è molto frammentato. Sia la Gran Bretagna che la Spagna, ad esempio, consentono la fecondazione post mortem sia pure a determinate condizioni. Sempre la Gran Bretagna sanziona solo con la nullità gli accordi di surroga della maternità e consente anche la produzione, previa autorizzazione, di embrioni a scopi non procreativi, ma esclusivamente di ricerca.
Il contenuto del testo
Il testo licenziato dalla Commissione, come già ho avuto modo di dire, tiene nella dovuta considerazione gli indirizzi legislativi dei principali Paesi europei che hanno disciplinato la materia, come la Francia, l’Austria, la Spagna, la Gran Bretagna, la Svezia e la Germania, che pure è intervenuta solo in forma indiretta.
In particolare, sulle questioni che più hanno animato la discussione, la Commissione ha operato scelte che, per un verso, sono in linea con la disciplina degli altri Paesi richiamati e, per altro verso, ne rappresentano una compiuta evoluzione in ragione del fatto che la nostra legge viene buona ultima rispetto alle altre e può avvalersi, quindi, di ulteriori dati di esperienza.
Il testo definito dalla XII Commissione è composto da 10 capi e 23 articoli, i cui punti qualificanti possono essere riassunti nei seguenti:
- statuto delle tecniche: la procreazione assistita non rappresenta un modo alternativo di procreare, ma un rimedio alla sterilità o alla infertilità, qualora altri metodi terapeutici abbiano fallito o non siano risultati idonei;
- tutela del nascituro: la tutela del nascituro rappresenta l’interesse primario da perseguire. Conseguentemente, i nati a seguito di fecondazione assistita sono figli legittimi o acquistano lo stato di figli riconosciuti della coppia e non è ammessa l’azione di disconoscimento di paternità né l’anonimato della madre;
- consenso informato: l’applicazione delle tecniche è consentita previo obbligatorio consenso informato, sottoscritto dai componenti della coppia. Il consenso non attiene esclusivamente alle conseguenze di carattere sanitario, pure rilevanti - si pensi alla sindrome da iperstimolazione ovarica, ai rischi dell’anestesia, alle complicanze legate agli atti operativi, in particolare complicazioni emorragiche o lesioni di organi, ovvero a quelle infettive e al rischio di abortività attorno al 20-30 per cento, alle gravidanze extrauterine, all’elevata incidenza di gravidanze plurigemine e alla relativa mortalità in utero o patologie neonatali e all’aumento della patologia materna correlata - ma anche agli effetti psicologici sulla coppia ed alle conseguenze di natura giuridica: la sottoscrizione del consenso, infatti, si pone quale prericonoscimento del nascituro. Il consenso può essere revocato da ciascuno dei soggetti fino al momento di fecondazione dell’ovulo;
- accesso alle tecniche: possono accedere alle tecniche di fecondazione assistita coppie di sesso diverso, maggiorenni, sposate o stabilmente conviventi, in età fertile. Il riferimento alla donna singola è stato escluso per tutelare il primario interesse del nato.
- tecniche di PMA consentite: il testo privilegia nettamente le tecniche di fecondazione omologa e consente di ricorrere a quelle di fecondazione eterologa, con donatore estraneo alla coppia, solo in caso di impossibilità di fecondazione omologa o di sussistenza di gravi malattie ereditarie o infettive trasmissibili, al termine di un percorso di consapevolezza costruito sul consenso informato.
- autorizzazione alle strutture: le strutture nelle quali si praticano le tecniche di procreazione medicalmente assistita devono essere previamente autorizzare dalle regioni ed essere iscritte in appositi registri.
- divieto di sperimentazione sugli embrioni. Misure di tutela: la Commissione ha elaborato un articolato sistema di misure di tutela dell’embrione. Un quesito che si pone in modo obbligato alla riflessione, a prescindere dalle diverse fedi o culture, è se ogni cellula della linea germinale fecondata sia identificabile come un individuo. La biologia ricorda quale sia la peculiarità dello sviluppo dei mammiferi e che circa i due terzi degli ovuli fecondati non arrivano naturalmente ad impiantarsi nel corpo uterino sia in natura che a seguito della applicazione di una tecnica di procreazione assistita. Si potrebbe, pertanto, affermare che siamo in presenza di un insieme di passaggi, diversamente significativi, un continuum che, in assenza di eventi che ostacolino questo processo, manifestano un mutamento di qualità che corrisponde ad un progetto di vita, individuale, unico e irripetibile.
- obiezione di coscienza: il personale sanitario e ausiliario non è tenuto a prendere parte alle tecniche di procreazione assistita, qualora sollevi obiezione di coscienza. Si riconosce, pertanto, accogliendo alcune sollecitazioni emerse durante le audizioni, al personale sanitario il diritto ad autodeterminarsi nella applicazione di tecniche che possono sollevare problemi di coscienza;
- il sistema sanzionatorio: gli articoli 17 e 18 disegnano un articolato e severo sistema sanzionatorio che prevede misure di carattere penale per la violazione delle disposizioni di maggiore rilievo, a carico degli operatori sanitari, e sanzioni di carattere amministrativo che contemplano anche la revoca dell’autorizzazione per la struttura sanitaria all’interno della quale si realizza il fatto illecito.
Dall’accesso alle tecniche per le coppie di fatto non discende la equiparazione delle stesse a quelle sposate, né alcuna forma di riconoscimento, materia oggetto di altra disciplina. La legge si limita a non proibire un atto medico, sebbene con forti implicazioni etiche, un rimedio di tipo terapeutico, evitando discriminazioni a seconda del tipo di legame. Sarebbe certo discutibile sul piano della legittimità che il legislatore decidesse che una coppia sterile sposata può ricorrere ad ogni terapia, negando quelle stessa terapia alla coppia non sposata, fermo restando che in questo caso non è corretto parlare di terapia in senso stretto, mancando l’elemento di cura.
Senza avere la pretesa di risolvere semplicisticamente una questione controversa desidero, inoltre, ricordare che il Comitato nazionale di bioetica, nel giugno 1994, approvando il documento relativo alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, rilevava che: «Il bene del nascituro deve considerarsi il criterio di riferimento centrale per la valutazione delle diverse opzioni procreative. Tale criterio suggerisce, in linea generale, che la condizione migliore nella quale un figlio può nascere è quella di essere concepito ed essere allevato da una coppia di adulti di sesso diverso, una coppia coniugata o almeno stabilmente legata da una comunità di amore e di vita».
Nel discutere tale questione spero che l’Assemblea non dimentichi che il provvedimento in esame è una legge per la vita, per far nascere dei bambini che non nascerebbero forse mai, per dare la sicurezza alle coppie e alle donne di una informazione corretta, per garantire la tutela della salute per loro e per i figli che verranno. Si tratta di una legge che mette al centro il bene del nascituro e la tutela della dignità della persona umana, contro ogni rischio di speculazione o di commercializzazione della vita.
Rimane, invece, vivace il dibattito riguardante l’ammissibilità alle tecniche delle donne sole. Se, da una parte, la possibilità di una donna singola di avere un figlio contrasta con il diritto dello stesso ad avere due genitori, resta aperta la contraddizione con l’oggettivo diritto della donna singola non sterile, che può generare anche in assenza del riconoscimento da parte del padre;
Su questo punto, fonte di contrasto e frutto di una scelta non facile della Commissione, è necessaria qualche considerazione ulteriore. La necessità di regolamentare le tecniche di procreazione assistita corrisponde alla necessità di regolamentare l’applicazione delle tecniche di fecondazione eterologa sia per i rischi di manipolazione genetica ad esse connesse sia per le implicazioni di ordine giuridico non certo risolvibili con il ricorso ai principi dell’ordinamento, come, invece, nel caso delle tecniche di fecondazione omologa. Non bisogna, inoltre, dimenticare che il ricorso alle tecniche che usano i gameti di un terzo donatore è ampliamente consentito dalle legislazioni dei Paesi europei. La Commissione ha adottato una soluzione che non vieta del tutto l’applicazione di queste tecniche, soluzione poco realistica dopo 20 anni di pratica ed una circolare emanata dal Ministro della sanità pro tempore Degan che la autorizza in centri privati, senza peraltro definirne le caratteristiche, tecnica, quindi, ribadisco, praticata in Italia e legittima negli altri Paesi europei. Il testo la ammette come soluzione di ultima istanza, dopo il consenso informato e con regole precise per evitare ogni abuso di questa tecnica che sicuramente crea a noi tutti dubbi e molti problemi, ma che sarebbe certo limitativo delle libertà soggettive della coppia impedire, ferma restando la libertà di scelta e la necessità terapeutica.
La donazione dei gameti, volontaria e gratuita, avviene, previo consenso informato, esclusivamente nei centri pubblici autorizzati, che saranno iscritti in un pubblico registro. Deve essere accertata l’idoneità del donatore in modo da escludere patologie infettive ereditarie. Potranno essere usate esclusivamente le tecniche indicate dal Ministero della sanità, tramite apposite linee guida, da aggiornare costantemente con riferimento alla evoluzione tecnico-scientifica, che sicuramente può offrire risposte efficaci, se non addirittura soluzioni, ai problemi etici più rilevanti;
Condizione per la concessione della autorizzazione è il possesso di specifici requisiti tecnici, organizzativi e del personale;
Questo progetto di vita, indipendentemente dai diversi punti di vista, merita rispetto e quindi misure che diano sostanza a questo rispetto. In primo luogo è, pertanto, è vietata qualsiasi forma di sperimentazione sugli embrioni.
La ricerca clinica è, inoltre, consentita esclusivamente a fini terapeutici e diagnostici volti alla tutela della salute e dello sviluppo degli stessi embrioni. L’approfondimento delle conoscenze da parte della XII Commissione sui confini e sull’utilità delle ricerche riguardanti il nostro patrimonio genetico ha reso possibile regolamentare severamente questa materia al fine di impedire ogni speculazione commerciale sull’embrione, prevedendo rigide limitazioni ed indirizzando la ricerca verso l’individuazione di altre metodologie.
Le modalità per l’utilizzo dei gameti femminili residuali a cicli di applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistite sono demandate ad un decreto ministeriale da emanare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge. È vietato il prelievo di gameti post mortem ed il trasferimento in utero di un gamete o di un embrione successivamente alla morte di uno dei soggetti della coppia. È vietata altresì qualsiasi forma di surrogazione della madre. È vietato qualsiasi processo di clonazione umana;
Le questioni più complesse affrontate dalla Commissione attengono ai risvolti sanitari, etici e giuridici della donazione di gameti maschili e femminili, al numero consentito di donazioni per gravidanza, alla necessità di conservare o meno i dati relativi ai donatori, all’inseminazione o alla fecondazione in vitro eterologa, alla ricerca selettiva di patologie nel patrimonio genetico a fini preventivi, alla individuazione del numero di embrioni necessari al fine dell’efficacia del trattamento, alla definizione di coppia, all’intervento a scopo terapeutico e diagnostico e alla ricerca su embrioni.
Su alcuni aspetti sono state individuate ampie sintonie: la procreazione assistita deve avvenire in centri sanitari autorizzati con personale competente, è opportuno vietare ogni speculazione economica sulla cessione dei gameti maschili e femminili; si devono prevedere indagini genetiche per prevenire malformazioni e malattie, ma nessun intervento è ammesso relativamente al sesso del nascituro o alla selezione di sue caratteristiche, si deve altresì escludere in via generale il disconoscimento di paternità e garantire il diritto dei nati, prevedere il limite di età per le donne legato all’età feconda o a casi di menopausa precoce, e prevedere la procreazione assistita per casi in cui sia stata diagnosticata la sterilità o per cui vi sia reale pericolo di trasmissione di gravi malattie, l’obbligo al consenso informato da parte dei medici verso chi intende sottoporsi alla procreazione assistita in tutte le sue fasi, il divieto di produzione di embrioni al solo fine della ricerca.
Consenso si è inoltre registrato sul divieto di produzione di ibridi, chimere, ectogenesi e di clonazione umana, nonché sulla maternità surrogata che lede il diritto del neonato ad una vita intrauterina e contrasta con gli aspetti biopsicologici che questa comporta. Anche la possibilità di procreazione assistita post mortem non rientra tra le opzioni accettabili per la preoccupazione che la Commissione ha costantemente avuto di garantire il diritto del minore ad avere entrambi i genitori.
Rimane, infine, non risolta la questione della rilevanza degli interventi di procreazione assistita ai fini della tutela dell’articolo 32 della Costituzione, con particolare riferimento al dibattito sulla rimborsabilità o meno a carico del SSN delle prestazioni sanitarie in questo campo.
Se, in base alla definizione di salute dell’Organizzazione mondiale della sanità, la stessa «è uno stato di completo benessere psichico, fisico e sociale», la sterilità è una malattia e, quindi, la procreazione assistita una terapia. Tuttavia, come osservato da alcuni, tale caso è solo quello della sterilità o infertilità secondaria ad altre patologie, mentre non trattandosi di una «degenerazione che debilita sul piano fisico ed organico, anche se può essere fonte di serie sofferenze psicologiche», non può essere considerato un evento patologico, anche in ragione del fatto che non tutti gli esseri umani desiderano essere fecondi. Ritengo, tuttavia, che questo aspetto rientri nel più generale dibattito sull’appropriatezza e la priorità delle prestazioni erogate dal servizio pubblico. Comunque la procreazione assistita è un atto medico che, come si è detto, presenta dei potenziali rischi per la salute e in quanto tale va necessariamente ricondotto, una volta scelto, tra i diritti tutelati.
Conclusioni
È evidente la complessità delle proposte in discussione che i deputati, anche con posizioni differenziate all’interno dei diversi gruppi, offrono al dibattito, che non può certo essere esaurito all’interno del Parlamento. Bisogna cioé tentare di avere la forza e la maturità di rispondere alle aspettative che si sono aperte e di non fallire su questo obiettivo: avere la legge che finalmente regoli la procreazione assistita anche nel nostro Paese in un quadro europeo, evitando che ansia e sconcerto sociale così come aspettative salvifiche e deleganti verso la scienza e la tecnica ovvero, ancora, acritici rifiuti della modernità si sostituiscano ad un dibattito approfondito e democratico.
Sento inoltre la necessità di richiamare una ultima riflessione: il limite che in particolare su questa materia può avere la legge. Dico questo sapendo che forse si aprirebbe un’altra discussione che porterebbe lontano: quella della cultura del limite. Bisognerebbe acquisire la consapevolezza che su alcuni terreni l’insieme delle norme deve fermarsi su una soglia oltre la quale il rapporto tra Stato e individui diventa invasivo delle sfere più intime, quelle della coscienza e della responsabilità degli individui stessi. Ciò, mi auguro, potrà spingere noi tutti nella ricerca di una etica sociale condivisa, ad arare, quindi, quel vasto territorio di valori comuni, consapevoli di quanto poco abbiamo prodotto le sole contrapposizioni.
Sento, infine, l’obbligo di ringraziare i componenti della XII Commissione che hanno consentito alla Camera di raggiungere un obiettivo mai prima realizzato, offrendo al confronto dell’Assemblea un testo unificato, sul quale, per molte parti, si sono registrate ampie convergenze.
Certo l’Assemblea potrà ridiscutere il testo complessivamente, decidendo anche di far accelerare le parti meno problematiche e di tornare a riflettere su quelle che richiedono un tempo di maturazione maggiore. Ognuno di noi dovrà dedicare un di più di ascolto all’altro ed alla nostra società. Certo dovremmo tentare con tutte le nostre forze di non vanificare il tanto lavoro già fatto, innanzi tutto chiedendo alla politica di non «usare» i temi etici in modo strumentale, consapevoli di quanto questo possa essere un banco di prova di maturità e di responsabilità istituzionale per noi tutti.
BOLOGNESI, Relatore
Testo unificato della commissione
DISCIPLINA DELLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA
DISCIPLINA DELLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA
Capo I
Articolo 1
- La presente legge disciplina le tecniche di procreazione medicalmente assistita finalizzate alla soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità che si manifestano nella donna, nell’uomo o nella coppia, volte a facilitare la procreazione, qualora altri metodi terapeutici risultino inadeguati o non idonei, tutelando il diritto dei soggetti coinvolti.
Articolo 2
- Il Ministro della sanità, sentito il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, promuove ricerche sulle cause patologiche, psicologiche, ambientali e sociali dei fenomeni della sterilità e dell’infertilità e favorisce gli interventi necessari per rimuoverle nonché per ridurre l’incidenza e, ove possibile, per prevenire l’insorgenza dei fenomeni indicati. Il Ministro della sanità promuove altresì campagne di informazione e di prevenzione dei fenomeni della sterilità e della infertilità.
- In relazione ai compiti affidati alle regioni ai sensi dell’articolo 2 della legge 29 luglio 1975, n. 405, nei piani sanitari regionali deve essere prevista l’erogazione di servizi di informazione, di consulenza e di assistenza riguardo ai problemi della sterilità e della infertilità.
Articolo 3
- All’articolo 1 della legge 29 luglio 1975, n. 405, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«Il servizio di assistenza alla famiglia ed alla maternità provvede, altresì, d’intesa con il servizio sociale competente per territorio, a fornire un’informazione adeguata sulle opportunità e sulle procedure per l’adozione o per l’affidamento familiare».
Capo II
Articolo 4
- Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità inspiegata dopo due anni di tentativi di procreazione, tenuto conto anche della salute e dell’età della donna, ovvero ai casi di sterilità o di infertilità con causa accertata comunque certificate.
- Le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono applicate in base ai seguenti princìpi;
- correlazione della tecnica proposta rispetto alla diagnosi formulata, al fine di contenerne il grado di invasività;
- gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, senza prima aver esperito tentativi meno invasivi;
- consenso informato, da realizzare ai sensi dell’articolo 6.
- Il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo è consentito solo qualora non possa procedersi all’utilizzo di tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo omologo o qualora sia accertata la sussistenza di gravi malattie ereditarie o infettive trasmissibili, nel rispetto dei princìpi di cui al comma 2.
Articolo 5
- Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di adulti maggiorenni di sesso diverso, coniugate o stabilmente legate da convivenza, in età potenzialmente fertile e comunque non superiore a 52 anni.
Articolo 6
- Per le finalità indicate dal comma 2, prima del ricorso ed in ogni fase di applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita il medico, anche avvalendosi della figura professionale dello psicologo, informa in maniera dettagliata i soggetti di cui all’articolo 5 sui metodi e sui possibili effetti collaterali sanitari e psicologici conseguenti all’applicazione delle tecniche stesse, sulle probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti, nonché sulle relative conseguenze giuridiche per la donna, per il nascituro e per colui a cui è riconosciuta la paternità. Le informazioni indicate dal presente comma e quelle concernenti il grado di invasività delle tecniche nei confronti della donna devono essere fornite per ciascuna delle tecniche applicate e in modo tale da assicurare la formazione di una volontà consapevole e validamente espressa.
- La volontà di entrambi i soggetti di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è espressa per iscritto al medico responsabile della struttura, secondo modalità definite con decreto dei Ministri di grazia e giustizia e della sanità, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tra la manifestazione della volontà e l’applicazione della tecnica deve intercorrere un termine non inferiore a sette giorni. La volontà può essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal presente comma fino al momento della fecondazione dell’ovulo.
Articolo 7
- Il Ministro della sanità, avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità, e previo parere del Consiglio superiore di sanità, definisce, con proprio decreto, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee guida contenenti l’indicazione delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
- Le linee guida di cui al comma 1 sono vincolanti per tutte le strutture autorizzate.
- Le linee guida sono aggiornate periodicamente, in rapporto all’evoluzione tecnico-scientifica, con le medesime procedure previste al comma 1.
Capo III
Articolo 8
- La donazione di gameti avviene previo consenso informato e validamente espresso delle persone che donano i gameti. La donazione è volontaria e gratuita e può essere effettuata da ogni cittadino di età non inferiore a 18 anni e di età non superiore, per la donna, a 35 anni e, per l’uomo, a 40 anni.
- I responsabili dei centri di raccolta e conservazione dei gameti provvedono ad accertare l’idoneità del donatore allo scopo di escludere la trasmissione di patologie infettive o di malattie ereditarie secondo protocolli definiti con decreto del Ministro della sanità, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
- I dati relativi alle persone che donano i propri gameti sono riservati, salvo quanto disposto dall’articolo 20.
- Non è consentito l’utilizzo dei gameti donati da uno stesso soggetto per più di cinque gravidanze positivamente portate a termine.
- Nessun rapporto giuridico si costituisce tra il nato ed il donatore.
Articolo 9
- La donazione di gameti è effettuata esclusivamente presso centri pubblici di raccolta e conservazione dei gameti appositamente autorizzati dalle regioni, nell’ambito della programmazione regionale, ed iscritti al registro di cui al comma 3.
- I gameti sono conservati per un periodo massimo di cinque anni, secondo le modalità definite con il decreto di cui al comma 5, comunque tali da consentire l’identificazione delle persone che donano i propri gameti per i fini di cui all’articolo 8, comma 4, e all’articolo 20.
- È istituito, presso l’Istituto superiore di sanità, con decreto del Ministro della sanità, il registro dei centri autorizzati alla raccolta ed alla conservazione dei gameti.
- L’iscrizione al registro di cui al comma 3 è obbligatoria.
- Il Ministro della sanità, avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità, con proprio decreto, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, determina:
- i criteri per la determinazione della durata delle autorizzazioni e dei casi di revoca delle stesse;
- i requisiti tecnico-scientifici ed organizzativi dei centri;
- i criteri per lo svolgimento dei controlli sul rispetto delle disposizioni della presente legge e sul permanere dei requisiti determinati ai sensi della lettera b);
- le modalità di conservazione dei gameti;
- gli indirizzi per lo svolgimento di attività di informazione sulle donazioni nonché sulle modalità attraverso le quali queste ultime sono promosse e realizzate;
- i criteri per consentire le donazioni presso le strutture di cui all’articolo 12, laddove ciò risulti indispensabile per l’applicazione della tecnica indicata;
- le modalità per consentire l’autoconservazione dei gameti limitatamente ai casi in cui sia prescritta una terapia che possa compromettere la capacità riproduttiva dei soggetti che ad essa si sottopongono, nonché le modalità di autorizzazione per la loro esportazione ed importazione, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 14, comma 1, lettera d);
- le modalità per l’utilizzo dei gameti femminili residuali a cicli di applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
- I centri di cui al presente articolo sono tenuti a fornire all’Istituto superiore di sanità le informazioni necessarie per le finalità previste dall’articolo 19 nonché ogni altra informazione necessaria allo svolgimento della funzione di controllo e di ispezione da parte delle autorità competenti.
Capo IV
Articolo 10
- I nati a seguito della applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita sono figli legittimi o acquistano lo stato di figli riconosciuti, ai sensi del codice civile, della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime secondo le previsioni dell’articolo 6.
Articolo 11
- Per contestare lo stato di figlio legittimo o riconosciuto ai sensi dell’articolo 10, non è ammessa l’azione di disconoscimento di paternità, ai sensi dell’articolo 235 del codice civile, o l’impugnazione del riconoscimento, ai sensi dell’articolo 263 del codice civile, salvo quanto disposto dal comma 2.
- L’azione di cui all’articolo 235 del codice civile è ammessa qualora ricorrano le circostanze previste dal n. 3) del primo comma del medesimo articolo. In tal caso è ammessa la presentazione di prove idonee a dimostrare che il concepimento non è avvenuto a seguito dell’applicazione della tecnica di procreazione medicalmente assistita in relazione alla quale sia stata sottoscritta la dichiarazione di volontà di cui all’articolo 6. L’azione indicata dall’articolo 263 del codice civile è consentita qualora si provi la stessa circostanza di cui al precedente periodo.
- La madre del nato a seguito dell’applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita non può dichiarare la volontà di non essere nominata, ai sensi dell’articolo 70 del regio decreto 9 luglio 1939, n.1238, come da ultimo sostituito dall’articolo 2 della legge 15 maggio 1997, n.127.
Capo V
Articolo 12
- Gli interventi di procreazione medicalmente assistita sono realizzati nelle strutture pubbliche e private autorizzate dalle regioni e iscritte al registro di cui all’articolo 13.
- Con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare, ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della sanità, sono definiti:
- i requisiti tecnico-scientifici ed organizzativi delle strutture;
- le caratteristiche del personale delle strutture;
- i criteri per la determinazione della durata delle autorizzazioni e dei casi di revoca delle stesse;
- le modalità di svolgimento dei controlli periodici sul livello scientifico e sulla qualità dei servizi.
Articolo 13
- È istituito, con decreto dei Ministro della sanità, presso l’Istituto superiore di sanità, il registro nazionale delle strutture autorizzate alla applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
- L’iscrizione al registro di cui al comma 1 è obbligatoria.
- L’Istituto superiore di sanità raccoglie e diffonde, in collaborazione con gli osservatori epidemiologici regionali, le informazioni necessarie al fine di consentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di procreazione medicalmente assistita adottate e dei risultati conseguiti.
- L’Istituto superiore di sanità raccoglie le istanze delle società scientifiche e degli utenti riguardanti la procreazione medicalmente assistita.
- Le strutture di cui al presente articolo sono tenute a fornire agli osservatori epidemiologici regionali ed all’Istituto superiore di sanità i dati necessari per le finalità indicate dall’articolo 19.
Capo VI
Articolo 14
- Sono vietati:
- il prelievo di gameti e di embrioni per destinarli a procreazione medicalmente assistita senza il consenso esplicito dei soggetti di cui agli articoli 5 e 8;
- ogni forma di remunerazione diretta od indiretta, immediata o differita, in denaro od in qualsiasi forma, per le cessioni di gameti o di embrioni. E’ altresì vietata ogni forma di intermediazione commerciale finalizzata alla cessione di gameti o di embrioni nonché qualunque forma di promozione commerciale delle tecniche di procreazione medicalmente assistita;
- il prelievo di gameti dopo la morte ed il trasferimento in utero di un gamete o di un embrione successivamente alla morte di uno dei soggetti di cui all’articolo 5;
- l’importazione o l’esportazione di gameti e di embrioni;
- la miscelazione di liquido seminale proveniente da persone diverse;
- l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita in strutture diverse da quelle autorizzate ai sensi del capo V o la donazione e la raccolta di gameti in strutture diverse dai centri di cui all’articolo 9 o la donazione effettuata a favore di un soggetto noto al donatore.
- È vietata altresì qualsiasi forma di surrogazione della madre, di prestito o di affitto del corpo della donna a scopo di gravidanza. Qualsiasi accordo in tal senso è nullo.
Capo VII
Articolo 15
- Ai fini previsti dalla presente legge si intende per clonazione umana il processo volto ad ottenere un essere umano discendente da un’unica cellula di partenza, eventualmente identico, quanto al patrimonio genetico nucleare, ad un altro essere umano in vita o morto.
- I processi di clonazione umana sono vietati. Chiunque realizzi, anche parzialmente, un processo di clonazione umana è punito con la reclusione da dieci a venti anni, con la radiazione dagli albi professionali, con la interdizione perpetua dall’esercizio della professione e con la multa da lire 100 milioni a lire 300 milioni.
Capo VIII
Articolo 16
- È vietata qualsiasi sperimentazione su embrioni umani.
- La ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni umani è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad esse collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo degli stessi, e qualora non siano disponibili metodologie alternative.
- Sono, comunque, vietati:
- la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione;
- ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell’embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, ad eccezione dei casi individuati ai sensi dell’articolo 8, comma 2, e degli interventi aventi finalità terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo;
- interventi di scissione precoce dell’embrione o di ectogenesi sia a fini procreativi sia di ricerca;
- la fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi o di chimere.
- Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell’evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall’articolo 7, comma 3, devono tendere a creare il numero di embrioni strettamente necessari ad un unico impianto, comunque non superiore a quattro.
Capo IX
Articolo 17
- Chiunque applichi le tecniche di procreazione medicalmente assistita a soggetti che non soddisfino le condizioni richieste dall’articolo 4, comma 1, o i requisiti soggettivi indicati dall’articolo 5 è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da lire 25 milioni a lire 50 milioni.
- Chiunque contravvenga ai divieti di cui all’articolo 14, comma 1, lettere a), c), ed e) è punito con la reclusione da quattro a otto anni e con la multa da lire 50 milioni a lire 200 milioni.
- Chiunque contravvenga ai divieti di cui all’articolo 14, comma 1, lettere b) e d) è punito con la reclusione da quattro a otto anni e con la multa da lire 100 milioni a lire 300 milioni.
- Chiunque contravvenga ai divieti di cui all’articolo 16, comma 1, è punito, qualora il fatto non costituisca più grave reato, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da lire 4 milioni a lire 20 milioni.
- Chiunque compia le attività di sperimentazione previste dall’articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c), è punito con al reclusione da sei a dodici anni e con la multa da lire 4 milioni a lire 20 milioni.
- Chiunque compia le attività di sperimentazione previste dall’articolo 16, comma 3, lettera d), è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da lire 4 milioni a lire 20 milioni.
- All’esercente la professione sanitaria che contravvenga ai divieti indicati dai commi 1, 2, 3, 4 e 5 si applica la pena accessoria della interdizione dall’esercizio della professione per un periodo della durata massima di cinque anni. In caso di violazione del divieto di cui al comma 6 si applica la pena accessoria dell’interdizione perpetua dall’esercizio della professione.
Articolo 18
- La violazione delle disposizioni della presente legge da parte dei centri di cui all’articolo 9 o delle strutture di cui all’articolo 12 è punita con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da lire 50 milioni a lire 200 milioni, nonché con la revoca dell’autorizzazione.
- Chiunque applichi le tecniche di procreazione medicalmente assistita in strutture diverse da quelle autorizzate ai sensi del capo V o accetti la donazione di gameti in strutture diverse dai centri di cui all’articolo 9 è punito con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da lire 100 milioni a lire 300 milioni, nonché con la cancellazione dall’albo.
- La violazione del divieto di cui all’articolo 14, comma 1, lettera f), all’interno di strutture sanitarie non autorizzate ovvero autorizzate per finalità diverse da quelle indicate dalla presente legge è punita con la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma da lire 100 milioni a lire 300 milioni. Nei casi previsti dal presente comma è altresì disposta, rispettivamente, la chiusura della struttura o la revoca dell’autorizzazione.
Capo X
Articolo 19
- L’Istituto superiore di sanità predispone, entro il 28 febbraio di ciascun anno, una relazione annuale per il Ministro della sanità in base ai dati raccolti ai sensi degli articoli 9, comma 6, e 13, comma 5, sull’attività svolta dai centri e dalle strutture autorizzati, con particolare riferimento alla valutazione epidemiologica delle tecniche e degli interventi effettuati.
- Il Ministro della sanità, sulla base dei dati indicati dal comma 1, presenta entro il 30 giugno di ogni anno una relazione al Parlamento sull’attuazione della presente legge.
Articolo 20
- I dati relativi alle persone che utilizzano le tecniche di procreazione medicalmente assistita previste dalla presente legge e quelli riguardanti i nati a seguito dell’applicazione delle medesime tecniche sono riservati.
- Le operazioni relative ai programmi di procreazione medicalmente assistita devono essere registrate in apposite cartelle cliniche presso le strutture autorizzate con rispetto dell’obbligo di riservatezza.
- In deroga a quanto previsto dalla legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni, l’identità del donatore può essere rivelata, su autorizzazione dell’autorità giudiziaria, qualora ricorrano circostanze che comportino un grave e comprovato pericolo per salute del nato ovvero per le finalità indicate dall’articolo 11, comma 2.
Articolo 21
- Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge qualora sollevi obiezione di coscienza, previa dichiarazione resa al medico responsabile della struttura autorizzata ai sensi dell’articolo 12.
- La dichiarazione di cui al comma 1 può essere resa o revocata, con le stesse modalità, in qualsiasi momento e comporta, con effetto immediato, l’esonero dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’applicazione delle tecniche disciplinate dalla presente legge.
Articolo 22
- Le strutture ed i centri operanti da almeno due anni alla data di entrata in vigore della presente legge ed iscritti nell’elenco predisposto dall’Istituto superiore di sanità ai sensi dell’ordinanza del Ministro della sanità del 5 marzo 1997, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 55, del 7 marzo 1997, sono autorizzati, fino al centoottantesimo giorno successivo a quello della data di entrata in vigore del decreto del Ministro della sanità di cui all’articolo 9, comma 5, a procedere all’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, nel rispetto delle disposizioni della presente legge, nonché, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 9, alla conservazione dei gameti dagli stessi raccolti entro la data di entrata in vigore della presente legge.
Articolo 23
- Per le attività relative agli articoli 9 e 12, il cui onere è valutato rispettivamente in lire 2 miliardi e in lire 8 miliardi annue, a decorrere dal 1998, è autorizzata la spesa di lire 10 miliardi annue a decorrere dall’esercizio 1998.
- Le somme stanziate per le finalità di cui al comma 1 sono ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano con delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica, su proposta del Ministro della sanità, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
- Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge, valutati in lire 10 miliardi annue a decorrere dal 1998, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1998-2000, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione per l’anno finanziario 1998, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della sanità.
- Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.